La Difesa delle Lavoratrici - anno II - n. 18 - 2 novembre 1
LA DIFESA DELLE LAVORATRICI LflTOVflGLif\ BlflNCfl L'operaio. un omettino piccolo, bruno, sempre pulito ed ordinato, tornava puntual– mente. ogni sera.. al!a stess·ora, sorrideva alla giovane moglie che spiava il suo ritorno dalla finestra. poi entrava in casa, dava un'occhiata a1l'umile stanza che serviva da cucina e da camera da letto ed esprimeva la sua soddisfazione perché tutto era a posto, ordinato e puli.\o. u Brava la mia donnettina I ii_ Sul tavolo era sempre stesa una lovaglia bianca e d era un certo lusso di stoviglie, bianche a fiorami, di posate lucenti, compe– rate sacrificando il sigaro, il bicchiere di vino, la parlita alle boccie. L'operaio non sapeva sacrificare solo il giornale e qualche volta ne levava un paio di tasca e allora domanda va a ffeltuosamen le scusa alla mo– glie: - E un lusso per noi, cara, ma ho troppo bisogno di leggere e di imparare. - l vicini parlavano con un sorriso un po' ironico dei due sposi che conducevano una vita così tranquilla. uguale, serena, non lamentandosi di nulla, che uscivano ogni sera insieme, come due innamorali ~iova_ni, menlre lui aveva già i capelli brizzolati e un 'aria così grave e pensierosa. Sopratutto ridevano della tavola imban– dita ogni sera. di quella tovagha cosi candi– da semore. che vedevano dalla finestra della casetta: passando nel ballatoio. - Si direbbe che sono signori! E sono pitocchi come noi! Lesinano il pane. Prepa– rano la tavola ogni sera e, tranne la dome– nica. non mangiano che la minestra. come noi. Anche la padrona di ca.sa , una vecchietta. ricca ed avara, che abitava in un bell'a.p– parlamenlino di fronte alla. ca.sa dell'ope– raio, inforcava aUa sera gli occhiali e guar– dava con gli occhietti grigi in quella ~ua piccola faccia lunga e sotLile, la ta,·ola 1m– Oandi!.a dei suoi inquilini. parire àavanfì l'operaio umiliato, per dirle che non poteva pagare. Egli a.ndò infatti da lei, una sera e aveva lo sguardo sma,rrifl>, un viso che era diven• ta.to qua.si come quello della moglie amma– lata, affilato e pallido per gli stenti e le privazioni. Le disse: « Non posso pagarle l'affitto. Mi son capi– tale tante disgrazie! Lo sciopero prima, poi mia moglie così malaita e che vorrei salvaJ'e anche a costo della mia vita)>. La vecchia lo guardò coi piccoli occhi freddi e duri. E ripensò a quelle tavola apparecchia.la ogni sera, a quell'insieme di eleganle e di superfluo per un povero operaio che non poteva pagare l'affitto. E gli rispose: - Vi cercherete un altro alloggio, signore. Che si doveva giunge.re a quesl,o io lo prevedevo. - :V[aperché? perchè? - domandò l'uo– mo impallidendo ancor di più. - Pagherò, non dubiti. So che altri hanno chiesto ed ottenute dila~ioni da lei. Ma la vecchia signora continuò con la sua aria cocciuta e fredda! - Ecco. ve ne andrete perchè così ac,. comoda a me, perchè la casa è mia, e la vostra camera mi occorre. ... La sera la tavola non fu imbandita. E l'ombra, nella ,piccola camera, calò grigia, l'uomo e la donna si guardarono muti e con una tristezza disperala. E non mangàa.– :·ono. M. P. B. 26 Ottobre1911 E sorfideva sprezza.o temen t.e: u Sono po– veri ma vogliono fare del lusso, imma– gino' che saranno indebitati fino al collo_.Per fortuna mi pagano l'affitto, e sono puntuali, non c'è che dire. }la perchè vogliono dare a tutti 1 illusione di essere ricchi quonrlo 26 Ottobre1913 lui è un povero falegname? . E le pareva che la bottiglia di vetro b1an: co. sfumato in rosa e i bicchìerJ, ct1:1e. bei calici alti con l'orlo dora!<>, e le stov1gl1e. e le pesate lucide sempre, avessero u!1 aria sfacciata. e provocante per lei che era i& pa– drona e mangiava in piatti logorati dal lun– go uso. per non. ~nsumare il serviz~o rin– chiuso e custoditi gelosamente. nel! a.rmd– dio. Per l'operaio vennero dei momenti grigi. E allora tutti lo videro più preoccupato e tris.te , ma sempre. quando ritornava, aveva, salutando la moglie, la stessa. dolcezza un po' grave. Per molto tempo. si prolungò nel suo stabilimento uno sciopero. poi la moglie ebbe un periodo d·esaurimento, di malesse– re. di feoòre. E lui la. curava con affetto ansioso perché in lei arnrn concentrato tulli gli affet,\i più profondi della vita. Guai se la vedeva lavorare! Tornava alla sera e preparava il suo pranzo frugale .e portava alla moglie un regaluccio. una pr1- miz:a. pur di vederla mangiare qualche co– sa, atterrito dal pensiero che quel male lento cela.s....c;;e un ·insidia. :Vfa durante lo sciopero egli aveva dovuto fare dei debiti. pensava di pagarli con eco– nomie, più scrupolose. La malattia della moglie apn aitre falle nel povero bilancio domE-Slico. 1 ,·icini, sbirciando, qualche sera. sulla to,·azlia bianca non videro che il pane. La- padr0na diceva ogni sera, guardando la tamia .mbWJdila sempre: • E' inutile, non pensar.o che a mangiare. Vedremo co– mt! 5.e la caveranno con raffi.tu: > i,. E aveva qua~i il dt>siderio di vedersi com- APPE~DICE Pagine di vita Dioeva il militarismo due anni fa. quando l'inizio della guerra era accolto con un entu– siasmo folle, a.I partito socialista: - Tu sei un pigmeo. lo sono la forza, la gloria del paese; il tuo atteggiamento contro la guerra :;egna la tua condanna, il tuo affie– ,·olimento, il disprezzo di tutti coloro che a. mano la patria. 11 paese è con me, la iua voce di protesta, è una po,·era voce isolata, senz'eco; tu non ami la patria perchè non vuoi la sua gra.ndez– z.~ il suo prestigic-, 1 a sua e-;pansione. Evviva la guerra! La logica dei piccoli. Pieri1M. :\"on mi conduci a pass"ggio, oggj, babflo? E' domenica e non vai all'ufficio. Papa. Son posso, caro. Oggi devo andare a votare. PiPrino. Vota.no tutti, babbo, oggi? Papà. !\on tutti, 1na quasi. Nv11 vota.no i paz– zi, _g-l' uomini che ha11110 subito gravi con– danne, i deli11quenti.. Quando sarra.i grande vrJ1er,1i tu pure. limmina. E io pure voterò, papà. Papi/.. ~o, no !tu 11On voterai. Non ,m0i v'Jta.re. Qu~lnd, r:penso a tutti i pregiudizi suc::~·i che renriono lo vita infeliC'issima, una mttlcdi– zfone mi sale dai pr~rordi. Quante vite si :i v,·elenano, quante si !:: r,rn– gono per gretti, as.<;!1rdi pre~iudizi soola.11! rer– rhP non vivei" più Q,i:>mp·i ·emente, !-eron1lo i dettami della natura? perrhè accanirci g-Ji uni ~ella mia e.... r,.1n~iv!t.a p·1r~r;le e l,1 nq illa., contro _gli altri rome lupi famelici? Oh! cti· r-..i/·.contaialla ~era. ridend ,, la. str:.1na. dornru1- molto ha ~offerto no11 può non bene.lire e an- da de! d ✓tt•.>re, alle arniche e c,m~j,~ent,i .\1:i u~ ! spirare a una '-OCietà nuo\·a, non pul) non vo- a-:urno, mentre mi lagnavo col mw f.danzato d1 t.arsi a quell'id;:,alità che socialismo ':)i 11'.•mA. ~ tanti d -'turb·!, egli d.i~.-.e: 11 P.Are~ti e.':iSere-m ..- rh~ p::irh. d'amore, e che i11segna la !{iustid:t! dre! " Ciò m.i ~,1rpre:--e.Cento dornar1de rr!i .'-i affaf;cia.rono alla mente. Come -;1 fa a divenrr Seri..:.< a mia madre, e rome, non ~'"I. 1l rnio fidar;zatq w,leva si affrettasse il ma- 11 .'1,iO madri? E' possi.b;le cl1e ciò avvenga senza una I trimonio. Gli e~arni erano pro~sirni. cvnsa.pevole ,o!omà.? e ancora e a.ucora .. ma I stato sarebbe sV·1topresto visibile. come un lampù il terrr>re della rive!n.zione mi Dicevo t1 m:a madre ~emplicemenle. ,·h·io at- a.;.,s;.l.s,e.Pen-.ai s1Jbito al do!Dre di mio r,adre. F,,r-.e mia madre m'avrebbe potuto perdonar?, 1Ja il Labbo surebbe stato crudelm.P,nte ferito nella sua alterezza. E crJme avrei io mal osato tendevo una parola sua; la suppli-.::1,vodi r!On ama.reggia-re mio padre, d1e piuttosto di tanto strazjo, ero pronta a morire. L'educazione borghe<:e, ac;.sor\Jita a.c;sa: r,iù di ribellarmi alla ':-Ua ,;;.everit&., al suo giu:.I:zio? I dall'ambien'e che in fam~glia, rPn•Ie r;atu·ati Tutto avrei preferito a ciò. fin colle proprie creature, perfìrio ":Onse sh:•ssi. Ora che ripenso ..Jlo spasimo di quei me,;i, una ribellione nera mi fa tremar le vene e i polsi. Gino Bi Io reprimevo la tenerezza istiniiva verSl) la creatura. che sentivo ormai r,a!oit-i.. re jn rne e avevo imfJeti d'cdJo pel dolore disumano che neo Dice oggi il partito socialista al miUt8Jri– smo! Solo contro tutti io ,ho vinto. Tu rappre• senti la forza bru.tale, la schiavitù dei popoli, l'ignoranza, J.'egoismo di una classe che \'Uni arricchire e godere a prezzo deJ dolore, de'Ja miseria della viia dei suoi fra ~Ili. Il poJ)olo la mia voce di protes:a l'ha senti– ta. Combattuto da tutti io ho conservato la fermezza serena di chi sa di segufre una \'ia di bontà, di giudizio. Ogni anno io conquisto migliaia e migliaia cli coscienze, [e tolgo a te, le avvJo verso un ideale che sarà la sua vera redenzione e la sua vera g.loria. Evvirva il so– cialismo! Bnunina. ,?ercttè no, papà? lo non sono pazza, non. sono stata condannata. Papà. Ma sei una donna e le donne non \·otano, perchè... pare che non capiscano be– ne come gJ i uomini certe coso. Emmina. ::\Ia se tu dici sempre che io sono più i11telligenie di Pierino, che capisco le cose p!iù presto e più bene! Voterò anch'io quan– do sarò grande. Dirò: - Diamirne! Sono sem– pre stata più giudiz,iosa di Pierino, ho sem– pre .studiato di più, perchè ora che sono gran– de non devo capire, come una povera scioc– cherella? tanto ingiu"tamente dove,·o subire e far :-11bi– re, e di cui essa era la cagione. MiUe volte maledC'tta quella so~ietà. •·llP,alJa maternità insulta, che alle madri fa :~inm.:~ore i frutti clelle loro viscere! Venne eia me la sorella maggi,we, ~eria e solen11e e mi parlava con accenti di mal con– tenuto disdeg110. Era lo sprezzo del.la fanciul– la pura, che mai ebbe motivo e occasione cli tur– barsi, rile nulla sa della \'ita, del dolore, che vive ancora. nei sogni poetici deJl'aclolescente jgnara. Mi chiusi in un fiero siJenzio. Giunsi a ca'ìa accompagnata dalla futura suocera. :\1ia madre rifiutò il mio bacio: quell'alto ap– profondi la ruga che solcava la fronte di mio padre che mi "eniva incontro e cho tornò tri. ste e più cur-vo al suo lavoro. Io tremavo scon– volta. - la suocera parti ed ore convul~e nas– sn.rono. Mio ria.dre inc01ninciò a parlare a "0Ce bassa e rupa ed amara - tutti p.iange– ,·ano - io morivo. Tanti e lunghi e penosi aiini passarono. \lai dimenticherò quel-l'ango– scia inso:,tenibile. To, che pochi mesi priima ero fiorente di salute, di giovinezza, di brio biri– chino, ero dimagr!ta, pallida 1 cogli occhi va. ganti c:ome una r :a.zz. ::i. VARIETA' I nostri bambini. (Vedasi numero precedente della Difesa). Ecco le due amiche nuovamen.te riunite. I figliuoli sono andati al cinematografo coi rispettivi papà e le mamme se ne stanno in casa, a riposare un poco. e< M'ave-vi promesso un'altra predichetta » dice l'iniziata, all'iniziatrice. cc E' vero. Ricordi? quando nacque l'ul– tima bimbetta t,ua, i più grandi vollero sapere da che parte fosse arrivata. Tu dice– s.ti loro che l'avevi trovata, per caso, lungo la proda di un ruscello, sotto a un cespo di margherite. E poichè i piccini volevano conoscere tutti i particolari dell'avvenuto rinvenimento snocc.i.olaste loro, fra te, tuo marito e tud suocera, t.ant.e bugie che io turai le orecchie per non sentire. Quando, poi la figliola più grandicella ti domandò per~hè tenevi il letto, invece d_i restar al· zata a festeggiare la nuova arnvata, tu le dicesti ch'eri caduta, tornando a ca.sa colla piccolina in braccio. (< Oh! bello, esclamò allora la minuscola inquisitrice, anche quando nacque Lino cadesti! Cadi sempre .tu, quando arrivano i tuoi fig_liuolj? "· « Ebbene? che volevi che d1cess1? 1 >. « La verità! ». « Eh via! Questa volta credo proprio che tu abbia intenzione di scherzare. La veri– tà? Pensi tu a tutte le idee maliziose che spunterebbero nel cervello dei bambini. se sapessero che li mettiamo alla luce noi?" ((Nient'affatt.o ! Le <( idee maliziose 11 na– sceranno sì nel cervello dei tuoi figliuoli quando scopriranno che tu ha~ mentito. Forse lo sanno già perchè, vedi, succede ·questo fatto stranissimo: le mamme che, al pari di te, tengono gelosamente _nascosta a1 figli la vera origine loro, non s1 fanno ,poi rirruardo di tenere dinanzi ai facniulli di– sc~rsi inopportuni, essendo convinte che i fanciulli non capiscono. Ehi no, cara, i bam– bini ca,piscono tutto. Senti: pochi giorni or sono Lu raccontavi a tuo marito una storiel– la un poco pepala. Ebbene: la tua. figliolet– ta maggiore ascoltava cogli occhi sbarrati, colla fronte corrugata, con tale intensità, ch'io ne ebbi pena. Presi la bimba sulle gi– nocchia, le parlai della bambola, le narrai una storiella, distraendo così la sua atten– zione dal tuo racconto punto opportuno, punto conveniente .. Torniamo al problema della nascita: ai miei figli, io ho detto sempre la verità con molta semplicità e con molla naturalezza. Questo, vedi, è l'essenziale, accogliere le domande ùei figlioli intorno alla. nascita. senza scomporsi, senza sorridere, senza mo– strare la più lieve meraviglia. Tutto nel mondo: nel mondo animale e nel mondo vegetale nasce dalla madre. La .terra è la gran madre di tut.\i. Poi vi sono tante mam– me. Ognuno ha la madre, ognuno sboccia da un piccolo seme. Perché? per legge na– turale. E sempre stato così e nessuno ha potuto mai svelare il mistero. Il grande albero, la piccola spiga, il te– nue filo d'erba nacquero da un seme; da un seme che riposava nella zolla materna; i fiori sbocciano dal ramo, dai fiori si forma– no i frutti: la pianta è la madre dei fiori e dei frutti. Passiamo nel regno animale: i vitellini nascono dalla mucca, i capre.\tini dalla capra, i gattini da.Ila gatta. Persino questa umile cocciniglia che s'è posala sui rami del tuo garofano ebbe la. mamma. La rondine che garrisce lassù, nell'immensità del firmamento, ha pur essa la madre. E così i bambini hanno la mamma, nascono dalla mamma; il seme ha riposato nel seno materno. Come vedi, non c'è nulla di stra– ordinario. Basta saper dire le cose grada– tamente, ada.!tando le rispoote alle doman– de dei bambini"· « E così addio poesia! addio storielle, de– liziosamente misteriose e poetiche, che cir– confondevano di poesia la nascita del fi– glio». Il mio fidanzato, che aveva a\'uto molte av– venture e ch'era perseguit,ato da una donna di focili costumi, ricevette una lettera anonima e mi scrisse ambiguamente. Si era alla viQ';(iiia tlel matrimonio. Gli 1·isposi tertnamente che s.e non era un bisogno per lui l'unione, se non era il !'.uoamore ardentissimo che Io voleva le– gato a me, io mai avrei accettato il suo nome. come un dovere da parte sua, mai! Egli accorse imp-lorando la mia tenerezza. dicendo che impossibile gli sarebbe stato, il vi– vere da me lontano. Ci sposammo. Passò il primo mese cli matrimon,io in un•a·rmonia di pensiero, d'intenti, di affetti, cbe portò Ull po' e.licalma al mio spirito. Ma la salute era w1 1w' scossa. (Continua). " La Difesadelle Lavoratrici ,, Milano .. via S. Damiano, 16 Abbonamenti: anno semestre. L. 1,50 ,, 0,80
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