Diario - anno VIII - n. 10 - giugno 1993

Ora Tronti seri.ve un libro di devozioni interiori e cli sece,ssione 5ettaria. Il duro gergo da iSCUolaquadri e da isemi:narioper militanti che ha usato per molti anni, ora sfuma, svapora e si cofora di snobismo estetico e di teologia dell'attesa messianica. Anche sul piano dello stile, però, si notano delle goffe :incongruenze. Tutto viene raccolto e utilizzato pur di conservare una certa perentorietà stiliistica. Si procede per contrazioni, gesti netti, sprezzature e nobiliari reticenze (non senza qualche antico urlo di guerra) mentre il discorso politico esibisce una certa inesausta energ.iaspostando tutto oltre, in avanti, proponendo programmi di studio e di approfondimento, annunciando ricerche ,tutte da compiere, cercando cli eccitare il lettore con l'esca del perpetuo ricominciare. Ma per un tempo imprevedibilmente lungo, pensare politicamente e agire politicamente saranno cose separate da un abi,sso. H pensiero politico, dice ora Tronti, diventa pensiero impolitico, e magari pensiero poetico: cioè, secondo la sua accezione, pensiero di ciò che non si vede, voce da un altro mondo. Il pensiero che ora affascina Tronti è H pensiero che non rispecchia né rispetta 1a realtà, ma la salta e la nega, la distanzia e la ignora. Cosl questa cura dell'« io interiore» fa pensare ad un'arte marziale della teoria che pensa se stessa. Il samurai sferra in solitudine terribili colpi, in attesa cli un futuro a cui volta 1e spalle. Fendenti micidiali vengono inferti al buio, contro un nemico che non si vede, perché ha già vinto e non è più Il. Si tenta allora di occupaire, in teoria, ,i,l.futuro: Futuro. Una dimensione da riconquistare. Come livello di pensiero. Non nella filosofia pubblica. Ma nella politica collettiva. Se l'esito del moderno è questa riduzione della storia al presente, va spezzata la barriera dell'impossibilità del dopo. ( ... ) Porre a,l pensiero la domanda: come è possibile H cambiamento politico, è adesso cacciare un grido nel deserto. Non c'è ascolto. Non c'è eco. E tuttavia sono sempre le domande alternative alla epoca quelle che costringono a pensare, qui e ora, lo spirito della politica: se colgono, non il segno dei tempi, ma la volontà non ancora espressa di metterlo in crisi. Non il dover essere etico ma il dover essere politico, è quello che conta. Il post è un lascito delBiblioteca Gino Bianco

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