cominciare con gli stessi testi alla mano, stando attenti, questa volta, nei pross·imi cento annj, a non sbagliare. L'inciso, poi, che confronta 1e guerre « illuministico~borghesi » ai gulag 'Staliniani, ammonendo che le prime sono « ben peggiori » dei secondi, è un'esibizione di superbia di parte davvero non necessar~a, da guel.'lrafredda, da assemblea di partito, per alleviare l'eventuale senso di colpa dei militantii. Con quelila breve frase Fortini confronta J'inconfrontabile e svaluta tutta quella cultura di sinistra, non marxista o ex comunista, che ha denunciato il modo in cui si è realizzato il rapporto fra teoria e prassii.,fra idee dichiarate e azioni compiute nella storia effettiva del,le rivoluzioni. Dimostrando di non capi1 re che il limite maggiore (e fatale) del:la Nuova Sinistra, dal 1956 al 1980, è stato i1 limite culturale che ha impedito di riconoscere gli autori più utili per rileggere la storia del secolo: non tanto ,gli eretici marxisti (da Korsch a Sart,re) quanto i critici del marxismo, deli'hegelismo e del leninismo (doè Serge, Souvar-ine, Silone, Simone Weil, Orwell, Koestler e altri). Ma naturailmente, ancora una volta, e mimando una tipica mos1sadialettica (o sofistica) di Fortini, possiamo di-re che, in realtà, quando Fortini parla di Comunismo e di Rivoluzione non pal"laesattamente di questo, ma di altro. H demone distru,ttivo del suo sti.Je è l'arte dei nessi, dei troppi nes,si, delle mobi1i connessioni e dei continui rovesciamenti dialettici, per cui l'altro è già contenuto nell'identico e l'identità è def.inibHe solo in -rapporto all'alterità. Nell'esercizio di quest'arte spericolata e ·rischiosa, spesso Fortiini si è perso, facendoci spostare da una promessa non mantenuta a una ipotesi inverificabile. Le voci enciclopediche che compaiono in questo :libro, nel quale tutti i suoi libri si ,incontrano e si annodano, sono ancora una volta promesse di definizioni, o fantasmi progettualii del non ancora veramente pensato e del non realmente, sinceramente vissuto. Proprio lui, che è uno degli scrittori più ans•iosicirca I'orfazonte dei propri destinatal'li, che si preoccupa (forse sempre un po' troppo) del dire « a chi, che cosa, fo quaile sede », ha 1avorato a ,rendere più Jpotetici che .rea:lii propri lettori, strappandoli ad un ordine logico e naturale di pensi-eri, tormentandoli e frustrandoli con scrupoloso senso del UJ Biblioteca Gino Bianco
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