Diario - anno VII - n. 9 - febbraio 1991

esprime ben altro che dei « dubbi »), non l'ha fatto per colpire proditoriamente Barthes, ma al contral'io in nome dell'antica stima che non gli aveva mai revocata, neanche nel non breve periodo in cui gli parve che ii suo lavoro critico si facesse sempre più vago, fatuo e inattendibile. Ho citato quelle espressioni di Barthes non come segni di debolezza, ma di forza e di onestà. Senza preoccuparmi che si tratti di « scrittura fondata in scrittura »: trucco o espediente con cui F.W. vorrebbe cancellare il contenuto di quelle espressioni, che ,invece è ciò che mi importa (e che importava anche a Barthes). Ancora: è in virtù del loro contenuto che quelle pagine rivestono interesse « anche sotto il profilo etico». Per il loro contenuto, ripeto; e per lo sforw di superare quel blocco, quell'autocensura, quell' « impossibiHtà » espressiva ( « perché io valgo sempre di più di quello che scrivo »). Certo, è stato proprio Barthes l'inventore di quelle formule equivoche e di quel gergo, che in mano a discepoli cretini sarebbero subito scaduti a caricatura e di cui avrebbe finito per far le spese lo stesso Barthes. Cominciò a rendersene conto solo negli ultimi anni: troppo tardi. Evidentemente disperava di potersene più liberare. Sapeva di dover espiare i suoi peccati: « pagare il debito», sia pure « a rate», per tutta la vita. E' verosimile che il motivo principale della sua scelta di lasciarsi morire fosse lo scacco amoroso, l'amara constatazione di non esser più capace di suscitare desiderio. Ma come non pensare anche alla noia mortale, all'insopportabile irritazione che gli venivano dal suo giro intellettuale, come testimoniano le Serate di Parigi? Devozione acritica e assenza di talento, « faticose elucubrazioni moderne » e « compiti scolastici » da cui « non si ricava nulla » e di cui si può dire solo: « già, già », « Flore » e « Deux Magots », « Palace » e « Tel Quel », la petulanza degli sciocchi e « l'arroganza dei nullatenenti» ... Dover far a meno dell'amore· dei ragazzi costituiva già una dura condanna. Subire il supplizio supplementare della forzata convivenza con i vari F.W., la sola famiglia rimastagli, era troppo. Meglio approfittare dell'occasione per andarsene definitivamente. 63 Biblioteca Gino Bianco

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