Diario - anno VII - n. 9 - febbraio 1991

coce. Non c'è saggezza né astuzia senza pathos della distanza, della sparizione, della vita che si allontana e che diventa morta, vita di un altro, oggetto da osservare, materia di scrittura. Cosl la freschezza apparentemente immediata e diretta della realtà viva è già, invece, ordine geometrico, reti.colo che conserva la variopinta vita in un catalogo. Calvino ha saputo presto che arte vuol dire distanza dalla vita: cattura della vita e suo trasferimento in un ordine diverso. Bestiario, erbario, repertorio di situazioni tipiche o tipizzate, indagine sui cinque sensi e tavola delle v,i-rtù. La realtà è mediata, filtrata, allontanata da un occhio che è insieme di ragazzo avido e di coHezionista ansioso. Paurosamente saggio e prudente, Calvino ha una terribile nostalgia dell'avventura e dell'imprevisto, della spericolatezza con cui l'eroe bambino, l'eroe delle fiabe, lascia la casa paterna, prende la sua strada e si avventura in una realtà ignota e piena di rischi. Il rapporto stretto fra divertimento e paura Calvino ilo conosce. Si ,potrebbe dire che il suo sentimento fondamentale sia la paura, che è la molla del divertimento e del riso, quando è superata. Paura, anzitutto, del disordine e dell'opacità. E grazie al suo stile ordinato e brillante, può ancora comparire la cosa temib~le, ma deve sparire il sentimento della paura. Cosl, la paura della sofferenza, la paura dello smarrimento, la paura dell'angoscia, e infine la più inflessibile e accorta paura della paura, dominano Calvino. Sempre Calvino sente il bisogno di schierarsi dalla parte del bene: sente il bisogno di lodare la serenità, la semplicità, H coraggio prudente o spavaldo, l'umorismo. Ridere e sorl"idere è il suo progetto e il suo destino. Ma Calvino ride e sorride anche quando soffre e teme. E' questo che nasconde al lettore e a se stesso. Vuole dare un esempio di virile e laico autocontrollo. E' forse proprio il senso della semplificazione uniformante del suo magnifico stile che ha spinto Calvino a complicare le cose, a biforcarle e ramificarle, a costruire le -reti e ragnatele di specificazioni concettuali e descrittive, a descrivere il dubbio senza veramente affrontarlo. Complicazione e complessità restano piuttosto irreali, prima di essere proiettate in dimensione fantastica e ipotetica. In Calvino il fantastico è anche un rimedio letterario nei confronti dell'irreale, del vuoto che si apre davanti ai suoi occhi quando ,la realtà prossima '4 Biblioteca Gino Bianco

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