Diario - anno VII - n. 9 - febbraio 1991

te, non si può andare oitre un certo limite; poi l'indulgenza si trasforma prima in indignazione e rivolta, infine in sconforto e vergo• gna quando ci accorgiamo che, non arginata da nessuna decente e rispettata statualità, la disgregazione sociale è divenuta barbarie; il furore dissociativo che percorre il paese, cieca e animale dissidenza di un gruppo dalla torma, di ogni individuo dal gruppo ... Questa Italia inguardabiile « chi la ridusse a tale? ». Certo abbiamo tollerato troppo a lungo la delinquenza di strada e a1lo sbaraglio e quella annidata nei palazzi e nei corridoi deHa città che non riesce più a essere polis. Abbiamo lasciato correre il loro miserabile palio a molte specie di malfattori. ogni giorno abbiamo spettacolo di gladiatori per farsa e di attacchi alla diligenza fatti sul serio. La scena è questa: baroni e boiardi dell'economia e della politica si contendono rie s•poglie e il precario potere. I nomi - squallida litania - li ritroviamo scritti e riscritti, i volti continuano a guardarci logori e catafratti ogni mattina dai giornali in ogni loro pagina, eccettuata quella giudiziaria nella quale ·tutti sappiamo che sarebbero al loro :posto. ·La scena è questa: ma dietro la scena? Assiduo, H piccolo cabot11ggiodel malaffare è entrato in ogni anfratto del pelago; per indif- .ferenza, per convenienza, per ignavia e perfino per ingenua incredulità non ce ne siamo resi conto o abbiamo fatto finta di niente. Anzi, e questo è il più grave, ci siamo adattati al costume, abbiamo aderito ail metodo. Non ci sono dunque solo i Sindona, i Gelli e tutta una generazione di politici che sembra avviata a una tremenda catastrofe a testimoniare lo sfacelo iuliano; ci sono anche i subalterni che alla foro ombra hanno trafficato, corrotto, commesso arbitrii e soprusi; e ci siamo noi che siamo riusciti a sopravvivere in questo marasma come pesci nell'acqua sporca. La corruzione che noi lamentiamo negli uffici e negli istituti è scesa in noi; tutti, mentre ne deprechiamo gli effetti, ne abbiamo tratto quakhe illusorio profitto nella pratka deMa vita. Non solo, ma ne abbiamo più o meno consapevoimente assimilato il criterio, quasi a confermare l'idea di Machiavelli che in uno stato inefficiente la naturale perfidia umana dilaga; idea che avremmo voluto, se non Biblioteca Gino Bianco

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