Diario - anno VII - n. 9 - febbraio 1991

GIACOMO MANzù INTERVISTA Che ricordo ha della s~a citià, Bergamo, e degli anni della prima infanzia? . , · [ ...] Nella parte alta vivevano i « signùr » . con attorno tutti i monumenti e le chiese più belle. Ne1la Bergamo bassa viveva la gente più povera. Ll ho avuto la fortuna di nascere. Mio padre facèva il calzolaio e per arrotondare si mise a fare anche il sagrestano per un convento di suore di clausura che si trovava vicino a casa nostra, una vecchia casa in via S. Alessandro. Io sono· il dodices1mo di qµattordici figli, mia madre badava a tutti noi e amministrava la famiglia ·in modo stupefacente con quel poco che le dava mio padre per tirare avanti. La grande povertà della mia famiglia non mi ha aiutato certo sul piano scolastico: sono arrivato alla terza elem~ntare e l'ho persino ripetuta due volte. Fui allora costretto a imparare un mestiere: lavorai come apprendista da un intagliatore. Fu lì che cominciai a capire qua!le fosse veramente la mia strada. Con le mani ci sapevo fare, a!llora fui assunto da un decoratore e poi da uno stuccatore [. ..] Queste attività mi convinsero a frequentare i corsi seraili di plastica decorativa, che si tenevano alla Scuola Angelo Fantoni di Bergamo. Con buona pace di mio padre, che non voleva che diventassi un artista, frequentai quella scuola per tre anni, dal 1921, ottenendo il massimo dei voti. Qual è il ricordo più brutto di quegli anni? La morte di sei dei miei fratelli, in seguito a malattie infantili. Allora non era come oggi ... e poi mancavano i soldi per curarsi. Rimasi il penultimo in ordine di età. Quando abbandonò per la prima volta Bergamo? Andai a Verona per il servizio militare. Verona mi piacque moltissimo. Andavo a visitare i calchi delle più belle sculture antiche ali' Accademia Cicognini. Studiavo quelle copie con lo stesso entu33 Biblioteca Gino Bianco

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