prevarica sicuro dell'impunità. E' più esatto dire che non sono coraggioso. Dunque: 5ono pavido, codardo. Ma perché ciò mi viene rinfacciato soltanto quando ho scelto di non esserlo? Su queste cose mi capita di intervenire magari una volta ogni cinque o dieci anni (troppo poco, certamente), ma quelli per i quali non avrei diritto di parlare dal momento che non '1o faccio sempre, quelli non parlano mai. O meglio, parlano, ma unicamente per approvare, comprendere, solidarizzare con le istitu2Jioni, per dire che le son cose difficiH, complesse, da fasciare ai competenti (cioè a loro e ai loro pari, legislatori, giudici, avvocati: solo chi è causa del male ha l'autorità di rimediarvi, i1 l compito di curare e guarire spetta ai virus), per dire che si sta facendo, che però mancano i fondi, manca il personale (ma per le ingiustizie c'è esuberanza, sembra), che si dia fiducia, che li si ,lasci lavorare in pace, senza disturbare con rapsodiche sparate emotive ... Parlano, sl, per ordina:i-cidi tacere. E protestano, per impedirci di protestare. E per ricordarci che il caso Sofri, su cui abbiamo il torto d'impunta-rei, non è né l'unico né il peggiore. Vorrei obiettare che pretendere giustizia per Sofri e compagni significa pretenderla per tutti. Ma mi accorgo che non è vero. Hanno ragione loro. Sofri ha subito un sopruso? Ringrazi che è ancora in Ubertà. Pochi giorni dopo che era stata pronunciata l'abnorme condanna di Sofri e compagni, e celebrata la « riabilitazione » di Calabresi, i giornali del 26-5-90 davano notizia (con scarsissimo rilievo) cli un'altra sentenza. La Corte d'Assise di Caltanissetta, chiamata a giudicare una quindicina di poliziotti accusati della morte di Salvatore Marino avvenuta cinque anni prima nella Questura di Palermo a conclusione di un interrogatorio estenuante e pardcolarmente brutale (il Marino non era neanche sospettato di reato, era stato trascinato in Questura per convincerlo a testimoniare a carico d'altri), dopo tre ore di camera di consiglio, se la sbrigava cosl. Anzitutto, com'è doveroso, assoluzione con formula piena per <i graduati: un capitano dei carabinieri, un commissario di polizia e l'ex capo della Mobi'le di Palermo. Quanto alla truppa, un altro paio di assoluzioni piene, e dieci condanne (inevitabili, dovendooi escludere ogni ipotesi di suicidio 24 Biblioteca Gino Bianco
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