Diario - anno VII - n. 9 - febbraio 1991

Nel corso del processo, Sofri ha dichiarato che la campagna giornalistica di Lotta Continua contro Calabresi era stata « orribile ». L'ha detto sulla base delle nuove idee (riformiste) e sentimenti (umanitari) che professa da oltre un decennio. L'ha espresso con la sbrigatività di chi vuole sgomberare il campo da elemènti e problemi estranei al processo. Ma non siamo tutti d'accordo (anche se tutti, in un modo o nell'altro, siamò cambiati da allora). Quella campagna tocco toni senz'altro eccessivi, ed è vero che personalizzando in Calabresi il nemico c'era il rischio ·di farne un bersaglio (ma si ricordi che in quegli anni niente era più lontano dal movimento dell'idea di omicidio politico. L'unica fo11madi violenza praticata, oltre quella verbale, era collettiva, di massa, soprattutto come autodifesa dagli attacchi dei neo-fascisti ·e della polizia. Bisogna attendere il '76 per registrate il primo omicidio intenzionale « di sinistra », dopo anni e anni di stragi « di destra»). D'altra parte, solo personalizzando l'accusa si poteva ottenere il risultato che Lotta Continua e milioni di italiani volevano: provocare la querela di Calabresi per far luce sul caso Pinelli. In questa battaglia Lotta Continua interpretava non solo i legittimi desideri del movimento e delle classi popolari ma anche della borghesia avanzata. Si può pensare quel che si vuole di quella borghesia, che in parte ha anche meritato l'etichetta « radical chic» spregiosamente affibbiatale da Montanelli, ma è un fatto che tra la fine dei Sessanta e i primi Settanta essa si vergognava della classe politica che fa rapptesentava, della magistratura, della polizia, della sua stampa. Il « Corriere », dove la pagina giudiziaria era gestita spudoratamente da un certo Zicari, uomo della Questura e probabilmente dei Servizi ,segreti, faceva schifo. Quella borghesia aveva· capito subito la manovra di depistaggio delle indagini sulla strage di Piazza Fontana, e considerava la morte di Pinelli uno scandalo. L'ostinata campagna di Lotta Continua, non «orribile» ma altamente meritoria, per stanare Calabresi e la Questura milanese e costringerli al processo, ottenne il risultato voluto. Il processo ci fu, e il caso Pinelli venne riaperto. La querela di Calabresi si rivelò un boomerang: il processo smentl la tesi uffidale del suicidio di Pinelli e confermò le denunce di Lotta Continua che polizia e Questura avevano ripetutamente e gravemente mentito per coprire le proprie responsabilità. Si prospettava chiaramente l'assoluzione di 17 Biblioteca Gino Bianco

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