Diario - anno VI - n. 8 - giugno 1990

né Craxi né ailcundir1gente del suo partito passerà mai di qui. Forse quella scritta è rivolta a me, che non posso fare a meno d11eggerla ogni volta che giro l'angolo ... Esprime in forma di minaccia e di ammonizione l'idea che la politica debba avere a che fare con fa morale e che il capo di un partito di governo sia un uomo in grado di modificare la proprfa condotta dopo aver fatto un esame di coscienza. Che ingenuità! Solo della gente pe.ricolosamente prossima al terrorismo può aver pensato una cosa del genere. Né Craxi né altri si metteranno a ripensare alla loro vita, e se lo faranno sarà solo per convincersi a continuare per la loro strada. Quello che pensano non può disturbare quello che fanno. Nessun uomo di potere si pente della sua vita, se non è costretto dagli eventi a cambiare vita. Credo che non riuscirò mai a cancellare il rimorso provato da bambino (avrò avuto cinque anni, forse quattro) per aver assi,stito inerte alle angherie che un gruppetto di coetanei infliggeva ad un bambino più inetto e un po' disturbato. Ero lì, a due o tre passi da loro, H bambino era stato buttato per terra con uno spintone, e gli ahri, tre o quattro, i più prepotenti della classe, a cui magarJ si era vigliaccamente unito qualche altro, dopo avergli vuotato iJ cestino e rubato la :merenda (ma per offesa, non per desiderio di mangiarla: le arance venivano fatte rotolare sul pavimento e schiacciate), ora lo colpivano, uno o due gli davano dei caki mentre era in terra. La maestra era assente, gli altri rimanevano indifferenti o non intervenivano, proprio come me. Qualcuno (e questo deve avermi colpito non meno deHa violenza diretta) si divertiva allo spettacolo, rideva, soprattutto alcune bambine ridevano, un po' spaventate ma complici dei maschi. Era come se applaudissero. Dietro ·l'azionedi quei piccoli disgraziati, mi parve di avvertire una folla che applaudiva. Perfino la vittima, troppo ,incapace di resistere o di sottrarsi alla persecuzione con la fuga, mi pareva che fosse oscenamente complice della violenza subita. Era guelfa la manifestazione del gruppo, della vita di gruppo fra coetanei, la prima che vidi. Era una piccola folla solidale che gridava qualcosa in coro, qualcosa di vile, in mezzo a risate di divertimento. Io ero lì impietrito dall'umiliazione e dalla paura. Ero entrato nell'asiBiblioteca Gino Bianco 47

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