Diario - anno VI - n. 8 - giugno 1990

minare quell'aria di famiglia che, nonostante le notevoli differenze culturali e religiose, ritrovo e mi colpisce cosl acutamente sia nei Morti che in Babette. C'è anche da dire che protagonista di Babette non è tanto la religione del lavoro quanto la religione dell'arte: sono la musica e la cucina (che a certi livelli diventa arte) ad accomunare il cattolico Papin, l'atea Babette e le sorelle luterane Martina e FiHppa (musica e buona cucina sono pure al centro dei Morti). Ma la autonomia dell'arte è un valore borghese. La spinetta del Decano può suonare, come gli inni religiosi, le arie profane del Don Giovanni e la timorata Filippa cantarle con lo stesso trasporto e bravura con cui in chiesa canta le lodi a Dio. Il pianoforte era un segno particolarmente distintivo della condizione borghese, non mero status symbol ma patrimonio attivo, mezzo di auto-educazione oltre che d'intrattenimento degli ospiti (nel caso delle joyciane signorine Morkan è anche lo strumento di lavoro). Allora la musica non ci si limitava ad ascoltarla in riproduzione ma veniva ogni volta eseguita. Come il canto, la recitazione, i quadri viventi, i brindisi. .. E i pranzi (che non si comperavano in rosticceria). Buone o cattive che fossero le esecuzioni, i prodotti erano sempre originali. Il pianoforte era il centro o uno dei centri della casa. E a•lposto d'onore, sopra il caminetto, i ritratti dei morti. Qual è il centro della casa d'oggi? Per quasi tutte, il televisore, da cui riceviamo passivamente, e uguali per tutti, immagini e suoni. O magari il trumeau o il quadro comprati dall'antiquario. O la superaccessoriata cucina o la lussuosa stanza da ba·gno... Quando si parla di capitalismo con riferimento a'1lapiccola borghesia, non bisogna pensare prevalentemente a promozione e sviluppo. Il lavoro e i sacrifici spesso non furono premiati. La storia della piccola borghesia è anche una storia di frustrazioni e sconfitte, di economie feroci per sa:lvare inutilmente il decoro, di tanti « che visser tristi, che in dolor morirono» (Carducci). È una stor.ia affollata di zii Vania e di Sonje che rinunciano a sé per la carriera di qualche professor Sierebrjakov ... Tipica la rinuncia di Martina e FHippa, anche se è tutt'altro che tipico che questa rinuncia avvenga senza sofferenza, serenamente. Se facciamo per un momento astrazione dalla poetica della Blixen e applichiamo alla storia un filtro appena un 32 Biblioteca Gino Bianco

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