Diario - anno VI - n. 8 - giugno 1990

con quel mondo abbia avuto fisicamente rapporto. Che nell'area anglosassone e scandinava esista tuttora un forte interesse per il passato è probabilmente da mettere in relazione al fatto che il processo di modernizzazione vi è sl iniziato prima che da noi ma ha proceduto più gradualmente, mentre in Italia abbiamo assistito a una trasformazione che in un decennio (gli anni Sessanta) ha dissolto quasi d'un colpo un sistema di vita, una civiltà che aveva impiegato secoli a formarsi e assestarsi. Nel « genocidio » che, secondo Pasolini, aveva cancellato la cultura popolare, va compresa la piccola borghesia. Sull'attitudine di anglosassoni e scandinavi a trattare il proprio passato in modo naturale e efficace, c'è anche da dire che continua la grande tradizione del romanzo (e il teatro, la storiografia...). Grazie a Jane Austen e George Eliot, Dickens e Thackeray, le Bronte, Trollope, Hardy, Wilde, Stevenson, James ecc., l'Ottocento inglese continua a vivere, a parlarci (per l'area scandinava, Ibsen e Bjornson, Jacobsen e Pontoppidan, Lagerlof e Strindberg ecc.). Non è un caso che dietro I morti e Il pranzo di Babette ci siano due grandi racconti di Joyce e Blixen. Questa felice attitudine risulta evidentissima anche da opere non propriamente creative ma d'intento didattico-documentario. Mi torna alla mente un lungo film ingJese, riproposto a puntate in un programma televisivo di Piero Angela (in orario di minimo ascolto), su Darwin, nel quale il famoso viaggio intorno al mondo, l'ambiente universitario, l'elaborazione della teoria evoluzionistica e il drammatico dibattito che ne segul erano resi con una chiarezza e una passione straordinari, quasi che sceneggiatori, scenografi, regista e attori vi avessero fisicamente partecipato ,più d'un secolo pr.ima. Ricordo anche un telefilm anglo-norvegese, sempre a puntate, sulla corsa al Polo Sud di Scott e Amundsen, di stupe.facente verosimiglianza, che pure testimoniava questo vivo rapporto col passato. In entrambi i casi si trattava di produzioni economicamente molto impegnative, segno che c'è anche un pubblico, un grande pubblico che apprezza il genere e può ripagarne i costi. Da noi, queste cose non c'è chi sappia farle né ,pubblico che le desideri. D'altronde, il disinteresse per il nostro passato non è un vizio di oggi. Per tornare alla piccola borghesia, è mai stato fatto un film decente da Tozzi - o su Pascoli? Tra le due vicende raccontate da Blixen e Joyce, e filmate da 29 Biblioteca Gino Bianco

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