Diario - anno VI - n. 8 - giugno 1990

(proporzione impressionante, che dice abbastanza sul come di tante morti, nonché s,uJlungo abbandono dei cadaveri). I1 Sacrario, pur pagando il tl'libuto ai valo11ie allo stile dell'epoca, ha una sua dignità. Imponente ma severo, senza sovraccarichi né architettonici né verbali (niente a che vedere con le sfrenatezze di Redipuglia). Per cui colpisce come una stonatura la lapide per un caduto che mi accoglie appena oltre il portone: MARIO FESTA A.NsIO (sic) DI AVVENIRE MA EBRO DI SACRIFIZIO SCAGLIO' LA SVA FORZA VENTENNE DI LA' DA TVTTI I CVLMINI EROICI CHE ALL'ANIMA SVA NOVELLA DATO AVEANO IL COMANDO DI SVPERARLI SANTAMENTE OBBEDITO IN QVESTA TERRA DI FVRORE DOVE EGLI RICADDE RAGGIANTE DI SANGVE PER RIMANERVI IMAGINE DI LVCE GABRIELE D'ANNVNZIO COL DI LANA 21 OTTOBRE 1915 Può anche darsi che Mario Festa fosse « ebro di sacrifizio » (ma aveva vent'anni; il Vate nel '15 ne aveva cinquantadue), certo non lo erano la quaSii.totalità dei diecimila morti qui raccolti, per ii quali quelle parole suonano bestemmia e irrisione, come l'epitaffio dettato dall'assassino sulla tomba delle sue vittime. Questo vale, beninteso, per qualunque forma di onoranza che ,iil potere tributa ai caduti. Ma, come proprio questo Sacrario testimonia, c'è modo e modo. L'ipocrisia è sempre preferibile all'indecenza. Tutt'altro che dannunziana è infatti l'inconsueta nudità dell'insieme. Nello spazio circostante sono collocaci.alcuni cannoni, obici e mortai, arimi vere usate in quella guerra. Le uniche aggiunte ornamentali sono, all'esterno, due grandi bl.15timarmorei di a1 lpini, che fanno pensare a sentinelle irrigidite per sempre dal gelo aJ loro posto di guardia, e nella cripta fa statua di un soldato in posizione orizzontale: fredde, grevi, rinequivocheimmagini di morte, che è il primo se non l'unico Sii.gnif.icatoche questi luoghi dovrebbero esprimere. Biblioteca Gino Bianco 21

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