Diario - anno V - n. 7 - aprile 1989

[Parigi, giugno 1848] Le giornate di giugno e le altre che seguirono furono spaventose; esse segnarono un limite nella mia vita. Riporto qui alcune righe da me scritte un mese dopo. Le donne piangono per alleviare l'animo, ma noi non siamo capaci di piangere. In luogo delle lacrime voglio scrivere, non già per ritrarre o spiegare avvenimenti sanguinosi, ma semplicemente per parlarne, dar libero sfogo alle parole, alle lacrime, ai pensieri, all'ira. Chi può pensare a descrivere, a raccogliere informazioni, a discutere? Nell'orecchio echeggiano ancora gli spari, lo scalpitare della cavalleria lanciata al galoppo, il rimbombo pesante e cupo delle ruote degli affusti per le vie deserte; nella memoria guizzano singoli episodi: un ferito su una barella ,si preme sul fianco una mano rigata da qualche goccia di sangue; omnibus carichi di cadaveri, feriti con le mani legate, cannoni sulla piazza della Bastiglia, un accampamento ai Champs Elysées, accanto alla Porte Saint Denis, e nella notte il sinistro: « All'erta, sentinella! » Chi può pensare a descrivere? Il cervello è troppo infiammato, il sangue troppo bollente. Starsene in camera, con le mani in mano, non poter uscire e sentire accanto e intorno a noi, da vicino e da lontano, gli spari, le cannonate, gli urli, il rullo dei tamburi, sapere che li accanto si sparge sangue, si ferisce, si macella, sapere che ll accanto si muore, c'è da morirne, c'è da impazzire. Io non sono morto, ma sono invecchiato; mi sto riavendo dalle giornate di giugno come da una grave malattia. Esse incominciarono in modo solenne. Il ventitré, alle quattro del pomeriggio, mi trovavo in riva alla Senna, diretto verso il Municipio. I negozi si chiudevano, colonne di soldati della guardia nazionale con facce di malaugurio marciavano in diverse direzioni, il cielo era coperto di nuvole, piovigginava. Mi fermai sul Pontneuf, un lampo vivido guizzò attraverso le nuvole, gli schianti di tuono si susseguivano e in mezzo a tutto ciò dal campanile di Saint Sulpice scendevano i rintocchi ritmici e prolungati delle campane a stovmo con cui il proletariato, ancora una volta ingannato, chiamava i suoi fratelli alle armi. La cattedrale e tutti gli edifici lungo il fiume erano stranamente illuminati da alcuni raggi di sole, uscenti fulgidi dalle nuvole. il tamburo echeggiava in più punti, l'artiglieria arrivava lentamente dal59 Biblioteca Gino Bianco

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