ALEKSÀNDR I. HERZEN DA UN ESILIO ALL'ALTRO Deportato a Vjatka, in quell'angolo ,sperduto, in quel luogo lontano e triste, separato da tutto ciò che mi era caro, abbandonato senza difesa aii soprusi del governatore, vi passai molti meravigliosi, sacri momenti, incontrai molti cuori affettuosi e molte mani di amici. Dove siete, cosa fate, o amici coperti di neve? Non c1 siamo visttl per vent'anni. Probabilmente anche voi, come me, siete invecchiati, le vostre figlie si sposano e voi non bevete più lo champagne a bottiglie e il liquore in bicchierini col gambo. Chi di voi è diventato ricco? chi ha raggiunto un alto rango? chi è stato colpito da una paralisi? E, soprattutto, è ancora vivo in voi il ricordo delle nostre audaci conversazioni, son vive quelle corde che l'amore e l'indignazione facevano cosl fortemente vibrare? Io, lo sapete, sono rimasto quello dii prima; forse dalle sponde del Tamigi le mie notizie giungono :bino a voi. Vi ricordo qualche volta, sempre con affetto, serbo alcune lettere di quel periodo, che mi è grato rileggere. « Non mi vergogno di confessarti,» mi scrisse un giovane, il 26 gennaio 1838, « che sono assai amareggiato. Aiutami tu, in nome di quella vita alla quale mi hai chiamato, aiutami col tuo consiglio. Voglio studiare, indicami dei libri, dndicami ciò che vuoi, e io impegnerò tutte le mie forze; aiutami a svilupparmi e, se mi respingi, che il peccato ricada su di te. » « Ti benedico,» mi scrive un altro dopo la mia partenza, « come l'agricoltore benedice la pioggia che ha irrorato il suo terreno non concimato.» Ho trascritto queste righe non per vanità, ma perché mi sono 49 Biblioteca Gino Bianco
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