Ohio): il principe campeggia al centro, straripante di carne e di grasso, di barba e panni e pelliccia, la sua mole spaventosa schiaccia i due teologi contro i bordi laterali e quasi li espelle dal quadro. Qui agli Uffizi Lutero e Melantone possono invece fruire di uno spa1lio uguale a queHo dei loro «protettori», e separato. Sono il pendant spirituale della Riforma. Ma dai loro volti non traspare il minimo segno di soddisfazione o di speranza. Lutero non è più l'ossuto, ispirato monaco dell'incisione di Cranach (1520); è ingrassato, pur conservando la fondamentale, taurina quadratura; ha assunto 1a solennità dura e enigmatica del capo indiscusso, e appare come catafratto in un suo segreto. Melantone, al contrario, sembra non voler nascondere nu1la del suo destino. Non c'è traccia di vanità, orgoglio, autorità: nessun trucco, nessuna difesa. La tavoletta è datata 1543, quando Melantone aveva quarantasei anni, ma l'aspetto è quello di un uomo esausto, a,l limite delle forze. La desolazione su quei tratti rustici e asimmetrici produce un effetto di particolare commozione. Lo sguardo perso nel vuoto, per non fissare un presente troppo penoso; ma non ha bisogno di guardare per sapere: l'espressione inconsolabile è di chi non dimentica nulla. Una natura mite prestata alla rivoluzfone. Un uomo che ha represso la sua vocazione di studioso per la battaglia religiosa, senza peraltro possedere alcuno dei conforti del fanatico e dell'ambizioso. Un uomo che vede chiaramente anche tutto il male che può derivare da una decisione giusta, e che a questo male non sa rassegnarsi. È l'umanista che, scelta la rivoluzione, ne ha sempre contrastato l'estremismo, sforzandosi incessantemente di comporre i dissidi e di mantenere l'unità dei protestanti. È un rivoluzionario consapevole che la rivoluzione è comunque una tragedia, anche quando vince, e non ne ignora il prezzo terribile. Perché infine non c'è vittoria che non sia anche una sconfitta. Questo è per Melantone cosl vero che hl sommo teologo, il PraeceptorGermaniae, 1 il primo collaboratore di Lutero, il suo naturale successore, quest'uomo buono non può che assumere per sé il volto della sconfitta. Quanto lontano dalle figure di Lutero e Erasmo, che rappresentano un po' gli estremi tra i quali Melantone si colloca! La natura passionale di Lutero, la sua energia, l'irriducibilità del carattere lo corazzano dal dubbio e dal rimorso. Erasmo ha capito tutto, ha an47 Biblioteca Gino Bianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==