Diario - anno V - n. 7 - aprile 1989

di operai, contadini, giovani, insomma da chi mi riconosceva un sapere e quindi un potere superiore. Ciò faceva scattare in loro il sano pregiudizio, l'istintiva paura di doverne far le spese. Quanto più cercavo di farmi capire, di persuadere, di mettermi dalla loro parte, tanto più si aggravavano i loro sospetti. Rispetto alla scienza, alla mostruosa macchina tecnologica, mi sento come l'indio davanti ai cavalieri spagnoli coperti di ferro, come il negro davanti al revolver del colonizzatore. Essi non capivano, ovvero capivano solo che gli altri erano più forti, la loro unica possibile difesa era la paura. A ·essere sterminati o ridotti in schiavitù, per non parlare di sifilide e tubercolosi, furono soprattutto e anzitutto i meno timidi, i più evoluti, coloro che fraternizzando e collaborando con gli stranieri s'illusero di elevarsi alla loro altezza. I pochi che si salvarono forono i più ottusi e arretrati, coloro che appena videro i semidei bianchi armati di Bibbia, di scienza e di fucile, non cedettero al rispetto e alla curiosità, non adorarono il feticcio della superiorità, non furono sedotti dal destino della modernità, ma fuggirono subito a rintanarsi nella più fitta foresta, nel deserto, tra le rocce più impervie e avare, nei provvidenziali territori delle bestie feroci e dei serpenti velenosi. Indirizzar i o vuoto. Quei giovani (scarsi, per fortuna) che si ·rivolgono a me come a una specie di fratello maggiore o piccolo maestro, io devo deluderli e scoraggiarli, non per mio comodo ma per onestà. Ben poco posso insegnargli, e solo in negativo (in breve: a non diventare delle puttane), e niente posso dargli sul piano pratico, che poi è da sempre ciò che ai giovani soprattutto importa, animati da speranze e ambizioni più che non desiderosi di verità e giustizia. Quando, tra la fine degli anni Cinquanta e i primi Sessanta, il principale punto di riferimento mio e di altri come me era Fortini, non eravamo attratti soltanto dalle idee e dallo stile di uno scrittore. Per quanto emarginato dalla nascente industria culturale, escluso dal potere universitario e dai giornali, sospetto ai politici e inviso alla società letteraria, quel Fortini quarantenne era purtuttavia un intellettuale che, per usare un'orribile espressione corrente, « contava ». 29 BibliotecaGino Bianco

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