Al pathos della provincia e della patria (Heimat) come casa dell'Essere (Sein), si sostituisce in Derrida il tono non mèno sfuggente e altisonante della catastrofe culturale già avvenuta, sempre annunciata, e dell'interrogazione senza fine e senza risposta. Le metafore ossessive di Derriva vengono fatte risuonare in un lattiginoso crepuscolo del linguaggio che avvolge la zona in cui risiedono i guastatori, i « decostruttori » Marx, Nietzsche e Freud. Questi decostruttori vengono applicati a snidare e distruggere la Metafisica Occidentale, cioè la configurazione per punti fermi della storia umana e naturale. Ma il panico di ricadere nella metafisica di qualsiasi affermazione o punto fermo (Derrida scambia qualsiasi cosa che stia momentaneamente ferma per qualcosa di fermo in assoluto) provoca una continua rincorsa nel vuoto: e ciò che sempre, con una sfocata terribilità, sembra annunciarsi somiglia a una non detta rivoluzione sociale e sessuale, mentale e grammaticale (Derrida ha letto Saussure, purtroppo), a un parricidio simbolico che si risolve piuttosto in un ossessivo, maniacale spostamento degli oggetti e della suppellettile della casa paterna. La decostruzione è una liberazione che non raggiunge mai il suo scopo (ogni scopo sarebbe una spaventosa fissità metafisica!), il suo risultato positivo o accertabile (altra metafisica!). Ciò che resta sulla pagina è un movimento incessante, che vorrebbe essere un atto eroico culturale e critico, ma sembra piuttosto il risultato di una indaffarata frustrazione. La discussione e !'·interrogazione devono sempre restare aperte, cosicché il pensiero di Derrida non è solo una casa con le porte e le finestre spalancate, è una casa che intrepidamente si rifiuta di avere pareti. O una scala senza pioli. Il professor Tutto-e-Nttlla. È da poco comparso in Italia un libro essenziale. Il suo titolo, La tendenza fondamentaledel nostro tempo (Adelphi 1988), non la• scia spazio ai chiaroscuri e alle buone maniere, .punta subito al cuore del problema. 63 Biblioteca Gino Bianco
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