che provoca la più intima commozione e il più ampio sommovimento del suo esserci. (M. Heidegger, L'autoaffermazione dell'università tedesca, Il Melangolo, Genova, 1988, p. 23). Mentre Jiinger, Schmitt e Gottfried Benn si rendevano certamente conto (e si capisce dai loro scritti) di quello che stava accadendo in Germania, con Heidegger la questione è sempre più « profonda» e sfoggente. Nel suo linguaggio si possono far capire infinite cose, non dicendone mai precisamente nessuna (e lo dimostra la varietà multicolore degli esiti che l'heideggerismo ha avuto nei suoi numerosi seguaci). · In quel linguaggio, non si capisce più la differenza fra leggere un libro e sparare contro qualcuno, fra un progetto di ricerca e una dichiarazione di guerra. Rispetto alla propaganda e alla pubblicità, siamo senza dubbio al polo opposto. Ripetitività ipnotica e vuotaggine, però, sono curiosamente analoghe. La controversia che ultimamente si è riaperta dopo la pubblica- _ zione del libro di Victor Farias (Heidegger e il nazismo, Bollati Boringhieri 1988) e dopo le polemiche di Habermas, potrà anche durare a lungo. Dubito fortemente, però, che almeno in Italia si possa arrivare a un vero chiarimento. Buona parte dei filosofi italiani che hanno oggi fra i quaranta e i cinquant'anni sono più o meno heideggerfani e scrivono su giornali più o meno comunisti e democratici. Nonostante questo, sembrano vergognarsi di essere considerati culturalmente dei comunisti o dei semplici democratici, e non desiderano altro che di poter mostrare uno stile superiore, che non teme le idee di destra, e anzi le preferisc-e, senza peraltro tenere conto del legame che le idee di destra possono avere o hanno avuto con una politica di destra. I Greci e noi. Il famoso saggio « La questione della tecnica», del 1953 (in Saggi e discorsi, Mursia 1976), è uno dei tanti esempi del modo heideggeriano di a,f.frontare i problemi. 56 Biblioteca Gino Bianco
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