anche la dimora che nasconde e che svela, che custodisce e che provoca, il suo essere? Qui è la sua essenza, e lui ha fatto bene ad essere cosi affezionato e legato al fondamento della sua Heimat. Andare al mercato per inginocchiarsi in preghiera. Sacralizzare il profano. Pronunciare sermoni domenicali in mezzo ai traffici di una fiera. Che sia stato infine questo il destino di Heidegger (Schicksal e Geschick)? Sempre di più la filosofia di Heidegger appare come la chiesetta gotica e barocca di paese intorno a cui si affollano mercanti filosofici e candidi curiosi provenienti da tutti i luoghi del mondo. Con le loro macchine fotografiche appese al collo, scattano foto. Gli attuali filosofi heideggeriani sono gli esuberanti e indiscreti fotografi di quella chiesetta. (Due professori di filosofia, uno francese e uno italiano, ben vest1t1, energ1c1e spensierati, ripetono ai gruppi di turisti: « In questa radura c'era la casa dell'Essere. Il sentiero nel bosco si interrompeva qui ».) Messkirch come chiesa della fiera? Chiedo scusa, era una falsa etimologia. Il toponimo Messkirch allude piuttosto a un certo Masso, che cadde in quel ,luogo e segnò il punto nel quale la chiesa sarebbe stata fondata. Il masso cadde Il, cadde proprio in quel punto. Il masso dell'essere (Sein) precipitò in un tempo ,(Zeit) e in un luogo (Da), diventando un Esser-ci (Da-sein), un Essere e Tempo (Sein und Zeit). È in quel punto che, poi, la chiesa del masso, la chiesa dell'essere, trovò fondamento. L'essere è un cadere, un ac-cadere, e come tale va accettato. Il Masso è qualcosa che è. Come l'Essere, il Masso è omogeneo, presente e pieno. È un avvento. Ma la chiesa fondata nel punto in cui cadde ricorda un accadere che non è più .presente. Nella chiesa del masso, a Messkirch, si riuniscono in meditazione i devoti dell'Essere e ascoltano in silenzio il suono di un avvento che avvenne e che forse di nuovo avverrà. Il figlio del sacrestano della chiesa di St. Martin, cioè il filosofo Martin Heidegger, rese sacro e divino il Masso, e quando, nel 1933, 53 Biblioteca Gino Bianco
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