Non me ne spiego del tutto la ragione, ma una volta lette queste parole vengo preso da un'improvvisa mancanza di riguardo. La cosa non mi dispiace né mi spaventa. Ho saputo infatti che proprio questo è il presupposto di ogni vero e libero filosofare. Perciò, con questa mia ,propria mancanza di riguardo nei confronti del pensiero di Heidegger e di quello di chiunque altro abbia pensato prima di me, in quanto essere io stesso per natura ontologico, al quale si impone esistenzialmente la questione dell'Essere (Seinfrage), ecco che di nuovo e come se fosse la prima volta, io stesso mi metto a pensare. Devo pensare, devo farlo. Nessun altro può farlo per me. E del resto il pensiero è qui, è presso di me. La materia e .l'atto del pensare mi sono più prossimi di quanto io sia prossimo a me stesso. (Del tutto solo col mio pensiero, in solitario dialogo con me stesso, non ripeto nessun cammino, ma seguo il naturale richiamo che l'Essere rivolge al mio essere qui, al mio esser-ci.) Mi pongo dunque il problema dell'Essere, perché il problema del senso dell'Essere deve essere posto. È Heidegger stesso che lo dice, e io ne sono convinto. Il problema dell'Essere è il problema essenziale, e quindi, una volta capito questo, anch'io mi pongo esattamente quel problema. Da questa decisione, però, mi aspetto qualcosa. Per essere più preciso e sincero, mi aspetto essenzialmente due cose: sapere come pensare, e sapere come agire, pur ,pensando e non smettendo di agire. Ma ecco che rischio di andare fuori strada. Ponendomi il problema dell'Essere, dovrei essere infatti animato anzitutto dall'esigenza di non dividere l'unità del problema nella dualità dei risultati. L'Essere, se è, e dato che non può non essere, deve essere Uno. E ciò che è essenzialmente uno, non diventa due. O meglio: non diventa affatto, mai, in nessun caso. Ciò che essenzialmente è, come potrebbe divenire? Ora è indubbio che solo l'Uno non diventa, e non diventando non può neppure diventare due. Bello smacco sarebbe, per l'Uno, d1ventare Due. Non sarebbe solo uno smacco, sarebbero due. Perché: 1. dovrebbe divenire, e 2. dovrebbe divenire due, .50 Biblioteca Gino Bianco
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