delle Aguzze, in un nostro angolo riparato. La macchina da scrivere per battere le trecento copie era quella della Casa del Fascio. Il lavoro appena avviato, venne interrotto il mattino del 26 luglio quando Pier Paolo, che aveva ascoltato la radio, giubilante venne a comunicarmi la caduta del fascismo. L'idea separatista - che ha e avrà sempre fortissime radici in Pasolini - viene meno di fronte alla svolta nazionale. Straordinariamente eloquente è la lettera a Serra dell'agosto '43: L'Italia ne avrà bisogno, eccome, di sangue: ma è la mia terra che deve essere bagnata. Ha bisogno di una dilagazfone di sangue - o di lacrime - che distrugga tutto un secolo di errori monarchici liberali, fascisti e neoliberali. L'Italia ha bisogno di rifarsi completmente, ab imo, e per questo ha bisogno, ma estremo, di noi, che nella spaventosa ineducazione di tutta la gioventù ex-fascista, s'iamo una minoranza discretamente preparata. E io, in questo, ti accuso, (o devo invece, come spero, accusare i lunghi mesi di rincretinimento militare?), perché, nella tua lettera, non un accenno di s,apore politico, non un commento di dolore o di gioia per l'avvento della libertà. E pensare che per me invece, anche per la mia singolare ed intimissima esperienza poetica, questi giorni sono di una port-ata ·immensa. La libertà è un nuovo orizzonte, che fantasticavo, desideravo si, ma che ora, nella sua acerbissima attuazione, rivela aspetti cosl impensati e commoventi, che io mi sento come ridivenuto fanciullo. Ho sentito in me qualcosa di nuovo sorgere e affermarsi, con una imprevista importanza: l'uomo politico che il fascismo aveva abusivamente soffocato, senza che io non ne avessi la coscienza. Ora la vita mi sembra piu lunga: la retorica giovinezza fascista non è infatti ancora che uno stato di inesperienza e perciò tutti « i noi giovani » degli ex-fogli del Guf si trovano, giustamente, con tutta una nuova educazione da rifare. E la Storia sembra più vicina, nei suoi fatti di mezzo secolo fa, che noi conoscevamo con tanta incuranza e provvisorietà. Mi credi, Luciano? Sento nelle narici un odore fresco di morti; i cimiteri del Rinascimento hanno la terra appena smossa e recenti le tombe. E noi abbi.amo una vera missione, in questa spaventosa miseria italiana, una missione non di potenza o di ricchezza, ma di educazione, di civiltà. (I: 184-5) Di questo documento, - che è poi l'unica pagina di contenuto specificamente politico dell'intero epistolario, e l'unica in cui la 41 Biblioteca Gino Bianco
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