era giovane, lui rideva, lui non pensava neanche lontanamente - e non sarebbe stato ridicolo che l'avesse pensato? - che anche per lui avrebbe dovuto giungere la morte. E infatti è giunta. Io non posso vivere perché non riesco e non riuscirò ad abituarmi a pensare che anche per me c'è un tempo, una morte. {I: 173) Ogni gesto che fanno coloro che sono intorno a me è una fitta al cuore: chiede una collocazione nuova nella mia immagine del mondo. Ogni campana a morte mi fa soffrire come se fosse morto un mio caro, tanto rispetto e amore porto per la vita, che vedo anche quella di uno sconosciuto, direttamente, come se mi fosse stata con concretezza vicina. Lo vedo fanciullo e giovanetto, e nei giorni di festa, cercare i divertimenti come se quel momento fosse eterno e il più importante fra tutti i momenti: e ora è invecchiato e morto. La guerra non mi è mai sembrata tanto schifosamente orribile come ora: ma non si è mai pensato cos'è una vita umana? (I: 179) « La guerra »: è forse la prima volta che nell'epistolario viene esplicitamente nominata: è il 19 giugno '43. Un maggior impegno civile potrebbe essere rintracciato negli articoli pubblicati sul « Setaccio» tra dicembre '42 e marzo '43. Ma è un'impressione superficiale. Lo schema giornalistico e l'ufficialità della sede (la rivistina è un'emanazione della Gil bolognese) condizionano la sostanza del discorso, sottraendogli sincerità a favore di formule generiche, e allentano quella tensione, che invece è sempre fortissima nel colloquio epistolare con gli amici (quegli articoli sono semmai un ulteriore esempio dell'a-fascismo di Pasolini, della sua indipendenza, piuttosto che di un nuovo atteggiamento etico-politico). La reale pressione della Storia, seppure indirettamente, è meglio avvertibile nelle angosce private, proprio nella esasperazione narcisistica con cui si manifestano in quest'ultimo periodo. Quanto alle scelte pratiche, giova riportare la testimonianza di Cesare Bortotto (dalla Cronologia, I: LII): 40 Gli eventi della guerra che precipitava (erano sbarcati gli alleati in Sicili-a)maturarono in Pier Paolo l'idea prepotente della ' Piccola Patria ' del Friuli, quale si doveva salvare idealmente dal crollo dello stato fascista. Il testo del proclama da inviare ' Ai podestà e ai parroci del Friuli ', lo scrisse in poche ore mentre eravamo seduti nel boschetto Biblioteca Gino Bianco
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