L'AUTOBIOGRAFIA INVOLONTARIA DI PASOLINI I. Esco stravolto dalla lettura dell'epi,stolario di Pasolini (Lettere, I vol. 1940-54, II vol. 1955-75, a cura di Nico Naldini, Einaudi 1986 e 1988). Eppure il mio interesse era stato vivissimo fino alla fuga da Casarsa e ai primissimi anni romani, con punte di grande emozione. I momenti di noia, inevitabili in qualunque epistolario integrale (come in qualunque convivenza), quand'anche si tratti di geni, si fanno però più frequenti nella seconda metà del I volume, fino a diventare prevalenti e oppressivi in tutto ,il II volume. C'è anzitutto la noia del contenuto. Infatti, di pari passo con la sua affermazione professionale, cresce la quota di lettere d'affari. Affari culturali, beninteso, ma non fa differenza: editori, libri, contratti, scadenze, anticipi, solleciti, recensioni (richieste e promesse di), articoli, riviste, ristampe, antologie, bibliografie, interviste, premi, raccomandazioni, omaggi, dediche, complimenti ecc. ecc. Ma non si tratta solo della materia. Prevedibili, molesti sono anche gli umori e le idee, che si ripetono secondo ossessivi clichés. Si percorre l'ultimo decennio con la nausea di chi ha raggiunto da un bel pezzo la saturazione. Questo migliaio di lettere - si chiede, compiuta la fatica, l'esasperato lettore - che occupano quasi duemila pagine, non avrebbero potuto essere vantaggiosamente ridotte a due o trecento, cifra che avrebbe compreso non solo i documenti d'importanza letteraria, biografica, psicologica, culturale in genere, ma ancora un'abbondante campionatura della corrispondenza d'affari e di routine? Perché l'epistolario - e integrale (che poi integrale non è) - ad appena un 31 Biblioteca Gino Bianco
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