perfetto mascalzone; uff! non c'è proprio altro? Scontento di tutti e di me stesso, vorrei proprio riscattarmi e inorgoglirmi un po' nel silenzio e nella solitudine della notte. Anime di coloro che ho amato, anime di chi ho cantato, datemi forza, sostenetemi, tenete lontana da me la menzogna e la corruzione che esalano dal mondo; e voi, mio Signore Iddio, accordatemi la grazia di produrre qualche bel verso che provi a me stesso che non sono l'ultimo degli uomini, che non sono più in basso di coloro che disprezzo. [2] LE VEDOVE Vauvenargues dice che nei giardini pubblici ci sono viali frequentati soprattutto dall'ambizione delusa, dagli inventori disgraziati, dalle glonie abortite, dai cuori infranti, da tutte quelle anime tumultuose e chiuse nelle quali risuonano ancora gli ultimi sospiri d'un uragano, e che indietreggiano per allont•anarsi dallo sguardo insolente dei felici e degli oziosi. Questi ombrosi nitiri sono il luogo di appuntamento dei sinistrati della vita. È soprattutto verso questi luoghi che il poeta e il filosofo amano dirigere le loro avide congetture. Là trovano un sicuro nutrimento. Perché se c'è qualcosa che non si degnano di frequentare, è soprattutto, come ho suggerito poco fa, la gioia dei ricchi. Questa chiassosa vuotaggine non ha nulla che li attiri. Al contrario, essi si sentono irresistibilmente· trascinati verso tutto ciò che è debole, in rovina, contristato, orfano. Un occhio esercitato non si sbaglia mai in proposito. In quei visi contratti e abbattuti, in quegli occhi infossati e spenti, o accesi dagli ultimi lampi della lotta, in quelle rughe fitte e profonde, in quelle andature cosl lente o cosl sgraziate, può decifrare immediatamente le innumerevoli leggende dell'amore ingannato, della dedizione ignorata, degli sforzi non ripagati, della .fame e del freddo umilmente, silenziosamente sopportati. Vi siete mai accorti delle vedove sedute su quelle solitarie panchine? Delle vedove povere? Che portino o no il lutto, è facile 4 Biblioteca Gino Bianco
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