Succede che opere insignificanti si facciano ricordare per un dettaglio misteriosamente azzeccato, una scintilla di verità. Per es., un vecchio film della Walt Disney Production (ditta specializzata in merci rigorosamente sofisticate), Un papero da un milione di dollari. È la storia di un ragazzino che possiede un papero magico: sottoposto a determinati stimoli, fa le uova d'oro. Il ragazzino non ne sa nulla e ama la sua bestiola per quel che è (o sembra): un normale papero. Invece i genitori del ragazzino, che hanno scoperto gli ·eccezionali poteri del papero, lo considerano per quel che può produrre e intendono sfruttarlo. Ma il segreto è scoperto da altri, compresa la Cia. Si scatena la caccia al portentoso papero. Dopo varie peripezie, rocambolesche quanto prevedibili, il ragazzino viene finalmente a sapere il motivo per cui il suo papero è tanto ambìto, e pronuncia l'unica battuta buona del film. Non degnando di alcun rimprovero gli adulti, di cui dà evidentemente per scontata la ridicola cupidigia, è invece vivamente offeso e deluso dal suo amico: « Uova d'oro! Ma che razza di sciocchezze ti sei messo a fare? » Quando mi capita di vedere trasmissioni dove si tratta di missilistica, centrali atomiche, ricerche spaziali, nuove frontiere della genetica e dell'informatica, e tutti i miracoli tecnologici che ci affliggono e quelli sempre più allucinanti che ci aspettano, e sento i commenti che accompagnano le sontuose, trionfali immagini di ordigni scintillanti e spettacolari attrezzature, le interviste agli scienziati, il tono grave, profondo, quasi religioso di quelle voci... mi prende una specie di nausea, di vergogna, e mi salgono alle labbra le parole del ragazzino. In che razza di stupidi giochi, di solennissime sciocchezze, ci siamo andati a cacciare? Non ci si potrebbe occupare di cose un po' più serie? 51 Biblioteca Gino Bianco
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