lismo fondiario, che sembra ignorare del tutto la sfera dell'impresa e della finanza. Non si rende un buon servizio ai capitalisti in erba insegnandogli a investire i loro soldi in case, terreni e alberghi. Sarebbe come se l'industria del giocattolo continuasse a offrire sempre e soltanto soldatini della Grande Guerra, indiani e cow-boy o case di bambola ottocentesche. Ma, a differenza dei ragazzini che credono di recitare la parte dei piccoli affaristi con un gioco inadeguato come Monòpoli, i loro compagni e compagne che vogliono giocare alla guerra o alla mamma dispongono di missili e portaerei nonché di casette complete d'ogni più moderno servizio. Per dare un'idea dell'opera diseducativa esercitata da questo gioco, basterebbe citare la regola secondo la quale il giocatore che fa anche il banchiere « deve tenere il denaro della Banca completamente separato dai suoi fondi personali, essendo le operazioni di Banca del tutto meccaniche ed estranee» alla sorte del gioco. Considerare la banca alla stregua di una gettoniera, ignorando che la banca è un'impresa con fini di lucro, una protagonista del gioco economico, è un po' troppo. E molto pericolosa, perché del tutto 1mmaginaria, appare la concezione di Monòpoli circa debiti e crediti, dove questi sono sempre garantiti e quelli vanno sempre pagati integralmente (quando il debitore non è in grado di far fronte agli impegni fallisce automaticamente, mentre la banca provvede a rimborsare i creditori!). Non si pretende che un gioco per ragazzi recepisca la prassi corrente, assurta a principio, per cui la probabilità di fallire è inversamente proporzionale all'entità dell'indebitamento; ma che a1meno non si insegni l'esatto contrario. Assurdo, infine, che in questo gioco siano del tutto assenti lo Stato e la politica in generale, quando ormai anche il l'agazzino più innocente sa quale ruolo decisivo abbiano nella nostra economia. È evidente che il gioco, ;per svolgere oggi una quakhe funzione formativa, dovrebbe essere rifatto completamente. Ma è altrettanto evidente che la produzione non ha alcun motivo di cambiare un articolo che continua a vendere tanto bene. Senza toccarne la struttura, si potrebbero ,però introdurre dei correttivi che, con una minima spesa, ridurrebbero sensibilmente il gap ormai insopportabile tra gioco e realtà. Basterebbe aggiornare gli « Imprevisti » e le «Probabilità». Che suonano tuttora: « Ereditate da un lontano paBiblioteca Gino Bianco
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