Diario - anno III - n. 5 - dicembre 1987

cosl infatuato di sé da buttarsi senza discrezione fra le gambe o sulle ginocchia del visitatore, sicuro di piacere, turbolento come un bambino, sciocco e civettuolo, a volte ringhioso e insolente come un servo! Soprattutto non sopporto quei serpenti a quattro zampe, sfaccendati e svenevoli, che portano il nome di « levrierette » e che sul loro muso aguzzo non hanno neppure abbastanza fiuto per seguire la pista di un amico, né :abbastanza intelligenza nella loro testa piatta per giocare a domino. A cuccia, tutti questi noiosi parassiti! Che se ne tornino alla loro cuccia di seta imbottita! Io canto il cane infangato, il cane senza domicilio, il cane flaneur, il cane saltimbanco, il cane il cui istinto, come quello del povero, dello zingaro e dell'istr,ione è reso meravigliosamente acuto dalla necessità, da questa brava madre, da questa vera ,protettrice dell'intelligenza! Canto i cani sventurati; sia quelli che vagano solitari nei greti serpeggianti delle sconrfinate città, sia quelli che all'uomo abbandonato da tutti, con profondi sguardi d'intesa hanno detto: « Prendimi con te, e delle nostre due miserie faremo una specie di felicità! ». « Dove vanno i cani? », si chiedeva una volta Nestor Roqueplan in un immortale feuilleton di cui ha certo perso memoria, e di cui solo io, e forse Sainte-Beuve, ci ricordiamo ancora. Dove vanno i cani?, vi chiederete voi, uomini poco attenti. Vanno per i fatti loro. Appuntamenti d'affari, :appuntamenti d'amore. Attraverso la nebbia, attraverso la neve e il fango, sotto il morso della canicola, sotto la pioggia scrosciante, vanno, vengono, trotterellano, passano sotto le carrozze, stimolati dalle pulci, dalla passione, dal bisogno o dal dovere. Come noi, si sono alzati di buon mattino, e si procurano da vivere o corrono ai loro piaceri. Ce ne sono che vanno a dormire sotto qualche maceria della banlieue e che vengono, ogni giorno, a una certa ora, a reclamare l'elemosina alla porta di una cucina del Palais-Royal; altri accorrono a frotte, da più di cinque leghe, per dividere il pasto che ha preparato loro la carità di certe signorine sessantenni, il cui cuore disoccupato si è dato alle bestie, dal momento che quegli imbecilli 16 Biblioteca Gino Bianco

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