Diario - anno III - n. 5 - dicembre 1987

5 C. Baudelaire, Dove vanno i cani? P. G. Bellocchio, Uomini superiori. A. Berardinelli, Che cos'è un eroe. BibliotecaGinoBianco

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Diario Rivista di Piergiorgio Bellocchio e Alfonso Berardinelli Anno III, n. 5, dicembre 1987 Sommario Charles Baudelaire, Dove vanno i cani? Uomini superiori (p. g. b.) Le uova d'oro (p. g. b.) Che cos'è un eroe. Amleto, Alceste, Andrej (a. b.) 3 27 37 53 Redazione: c/o Piergiorgio Bellocchio, via Poggiali 41, 29100 Piacenza. Tel. 0523/23849. Alfonso Berardinelli, via Dall'Ongaro 83, 00152 Roma. Amministrazione: Editrice Vicolo del Pavone Soc. Coop. a r. l., via Romagnosi 80, 29100 Piacenza. Tel. 0523/22777. Questo numero: lire 5.000. Abbonamento a 4 numeri: ordinario lire 20.000; sostenitore lire 30.000; benemerito, da 50.000 a 100.000 lire. Per l'estero, lire 30.000. Versamenti sul c.c.p. n. 10697290 intestato a «Diario», via Poggiali 41. 29100 Piacenza. Chi si àbbona precisi sempre da quale numero intende far decorrere l'abbonamento: se dall'ultimo o da quello di prossima uscita. Trimestrale. Autorizzazione del Tribunale di Piacenza n. 352 del 6/6/1985. Direttore responsabile: Piergiorgio Bellocchio. Stampa: Editr. Vicolo del Pavone. Non contiene pubblicità. Spedizione in abbonamento postale, gruppo IV . 70% - 2/1987. · Biblioteca Gino Bianco

I brani numerati dall'l al 10 sono ripresi dallo Spleen di Parigi. La traduzione è di Alfonso Berardinelli. Sotto i numeri 11, 12, 13 abbiamo riportato passi rispettivamente dei Razzi, Il mio cuore messo a nudo e Anni di Bruxelles. La traduzione è di Lucia Zatto (Diari intimi, Einaudi 1955, Oscar Mondadori 1970). Sotto il numero 14, due brani di lettere, rispettivamente a Catulle Mendès, 3 settembre 1865, e a Narcisse Ancelle, 18 febbraio 1866 (Baudelaire, Lettere, a cura di Guido Neri, Cappelli 1983). Bibliotèca Gino Bianco

CHARLES BAUDELAIRE DOVE VANNO I CANI? [1] ALL'UNA DI NOTTE Finalmente solo! 01:mai si sentono soltanto le ruote di qualche carrozza attardata e sfinita. Per qualche ora avrò il silenzio, se non il riposo. Finalmente! La presenza tirannica della faccia umana è sparita, e soffrirò soltanto di me stesso. Finalmente mi è dunque concesso di distendermi in un bagno di tenebre! Per prima cosa. una doppia mandata alla serratura. Questo giro di chiave aumenterà il senso della mia solitudine e fortificherà le barricate che attualmente mi separano dal mondo. Vita orribile! Città orribile! Ricapitoliamo la giornata: visti diversi letterati, uno dei quali mi ha chiesto se era possibile raggiungere la Russia per via di terra (evidentemente scambiava la Russia per un'isola); discusso senza risparmio di argomenti con il direttore di una rivista, che ad ogni obiezione rispondeva: « il nostro è il partito dei galantuomini », il che implica che tutti gli altri giornali sono in mano a dei farabutti; salutate una ventina di persone, quindici delle quali mai viste; distribuite altrettante strette di mano, senza aver preso la precauzione di comprare dei guanti; durante un temporale, per ammazzare il tempo, salito da una ballerina che mi ha pregato di disegnarle un costume da Venerea; corteggiato un direttore di teatro che si è congedato dicendomi: « Forse farete bene a rivolgervi a Z.: è il più stupido, volgare e .famosodi tutti i miei autori; forse con lui approderete a qualcosa. Vedete lui, e poi ci rivedremo»; vantato (perché?) di diverse cattive azioni mai commesse, e vigliaccamente negato alcuni altri misfatti compiuti con gioia - delitto di spacconeria, crimine di rispetto umano; rifiutato a un amico un favore poco impegnativo, e fatta una raccomandazione scritta a un 3 Biblioteca Gino Bianco

perfetto mascalzone; uff! non c'è proprio altro? Scontento di tutti e di me stesso, vorrei proprio riscattarmi e inorgoglirmi un po' nel silenzio e nella solitudine della notte. Anime di coloro che ho amato, anime di chi ho cantato, datemi forza, sostenetemi, tenete lontana da me la menzogna e la corruzione che esalano dal mondo; e voi, mio Signore Iddio, accordatemi la grazia di produrre qualche bel verso che provi a me stesso che non sono l'ultimo degli uomini, che non sono più in basso di coloro che disprezzo. [2] LE VEDOVE Vauvenargues dice che nei giardini pubblici ci sono viali frequentati soprattutto dall'ambizione delusa, dagli inventori disgraziati, dalle glonie abortite, dai cuori infranti, da tutte quelle anime tumultuose e chiuse nelle quali risuonano ancora gli ultimi sospiri d'un uragano, e che indietreggiano per allont•anarsi dallo sguardo insolente dei felici e degli oziosi. Questi ombrosi nitiri sono il luogo di appuntamento dei sinistrati della vita. È soprattutto verso questi luoghi che il poeta e il filosofo amano dirigere le loro avide congetture. Là trovano un sicuro nutrimento. Perché se c'è qualcosa che non si degnano di frequentare, è soprattutto, come ho suggerito poco fa, la gioia dei ricchi. Questa chiassosa vuotaggine non ha nulla che li attiri. Al contrario, essi si sentono irresistibilmente· trascinati verso tutto ciò che è debole, in rovina, contristato, orfano. Un occhio esercitato non si sbaglia mai in proposito. In quei visi contratti e abbattuti, in quegli occhi infossati e spenti, o accesi dagli ultimi lampi della lotta, in quelle rughe fitte e profonde, in quelle andature cosl lente o cosl sgraziate, può decifrare immediatamente le innumerevoli leggende dell'amore ingannato, della dedizione ignorata, degli sforzi non ripagati, della .fame e del freddo umilmente, silenziosamente sopportati. Vi siete mai accorti delle vedove sedute su quelle solitarie panchine? Delle vedove povere? Che portino o no il lutto, è facile 4 Biblioteca Gino Bianco

riconoscerle. Del resto, nel lutto del povero c'è sempre qualcosa che manca, un'assenza d'armonia che lo rende più straziante. È costretto a lesinare sul proprio dolore. Il ricco, invece, il suo se lo porta al gran completo. Qual'è la vedova più triste e più rattristante: quella che si trascina per mano un bambino con cui non può condividere le sue fontasticherie, o quella assolutamente sola? Mi è capitato una volta di seguire per ore una di queste vecchie afflitte: rJgida, diritta, con uno scialle liso, c'era in tutta la sua persona una stoica fierezza. La sua assoluta solitudine evidentemente la condannava ad abitudini da vecchio scapolo; e questo carattere maschile dei suoi costumi agg,iungevaqualcosa di provocante e di misterioso alla loro austerità. Non so in quale miserabile caffè e in che modo pranzasse. La seguii in una sala di lettura; la spiai a lungo mentre con occhi attenti, che le lacrime un tempo avevano bruciato, cercava sfogliando i giornali notiz,ie capaci di suscitarle un interesse violentemente personale. · Infine, nel pomeriggio, sotto un cielo incantevole d'autunno, un cielo da cui scendeva una folla di rimpianti e di ricordi, si sedette in un giardino pubblico, in disparte, per ascoltare lontana dalla folla uno di quei concerti con cui le bande militar.i rallegrano il popolo parigino. Doveva essere proprio quello il piccolo piacere vizioso dell'innocente vecchia (di quella vecchia purifiicata); la meritata consolazione di una di quelle soffocanti giornate senza amici, senza conversazione, senza gioia, senza confidenze, che Dio lasciava cadere su di lei trecentosessantacinque volte l'anno, forse già da molti anni. [ ... ) [3] LA SOLITUDINE Un giornalista filantropo mi dice che la solitudine fa male, e a sostegno della sua tesi mi cita, come fanno i miscredenti, le parole dei Padri della Chiesa. 5 Biblioteca Gino Bianco

So bene che il Demonio frequenta volentieri i luoghi aridi, e che fo spirito assassino e lascivo si accende straordinariamente nella solitudine. Ma potrebbe darsi che questa solitudine sia pericolosa solo per un'anima oziosa e divagante che la popola con le sue passioni e le sue chimere. È chiaro che un chiacchierone il cui piacere supremo consista nel parlare dall'alto di una cattedra o di una tribuna, correrebbe forti rischi di diventare pazzo furioso nell'isola deserta di Robinson. Non pretendo dal mio giornalista· le virtù e il coraggio di Crusoe, ma chiedo che almeno non si metta a levare accuse contro chi ama solitudine e mistero. Apparteniamo a una razza cosl loquace, che fra noi si trovano individui che accetterebbero perfino la pena di morte con minore avversione, se soltano si permettesse loro di tenere un fluente discorso dall'alto del patibolo, senza il pericolo di essere interrotti prima del termine dai tamburi di Santerre. Non -li compiango: perché immagino che le loro effusioni oratorie procurino loro voluttà pari a quelle che altri ricavano dal silenzio e dal raccoglimento: ma li disprezzo. · Soprattutto, vorrei che il mio maledetto giornalista mi lasciasse libero di divertirmi a modo mio. « Davvero non provate mai - mi dice con quel suo tono nasale, cosl pretesco - il bisogno di condividere con qualcuno le vostre gioie? ». Ma guardate un po' quanto è sottile e insinuante questo invidioso! Sa benissimo che disprezzo le sue gioie, e cosl, questo orrendo guastafeste, viene a .intrufolarsi nelle mie! « La grande sventura di non saper stare da soli... » dice da qualche parte La Bruyère per svergognare tutti coloro che si precipitano a dimenticare se stessi nella folla perché temono di non riuscire a sopportarsi. « Quasi tutte le nostre sventure ci vengono dal non essere riusciti a restare nella nostra camera », dice un ahro saggio, Pascal, mi pare, richiamando cosl nella cella del raccoglimento tutti quei dissennati che cercano la felicità nel movimento e in una prostituzione che chiamerei fraternalistica, se volessi ,parlare là bella lingua del mio tempo. 6 Biblioteca Gino Bianco

. [4]' . LA MONETA FALSA Mentre ci allontanavamo dalla rivendita dei tabacchi, il mio amico fece un'accurata suddivisione del suo denaro; nella tasca sinistra del gilè fece scivolare alcune monetine d'oro; nella destra, alcune monetine d'argento; nella tasca sinistra dei pantaloni, una quantità di grosse monete, e infine, nella destra, un. pezzo d'argento da due franchi che aveva esaminato attentamente. « Singolare e minuziosa ripartizione! », dissi fra· me. Incontrammo un povero che ci tese il berretto. Non conosco niente di più inquietante dell'eloquenza muta di quegli occhi supplichevoli, che contengono nello stesso tempo (per l'uomo sensibile, capace di leggervi) tanta umiltà, tanti 11improveri.Qualcosa di simile a questa complicata profondità di sentimento, la si trova negli occhi lacrimosi dei cani bastonati. Essendo l'offerta del mio amico molto più consistente della mia, gli dissi: - Avete ragione: dopo il piacere di meravigliarsi, non ce n'è uno più grande di quello di suscitare meraviglia. - Era la moneta falsa, - mi rispose lui tranquillamente, come per giiustificarsi della sua prodigalità. Ma nel mio miserabile cervello, sempre occupato a cercare la luna a mezzogiorno (di quale faticosa facoltà la natura mi ha fatto dono!), entrò di colpo quest'idea: che una simile condotta da parte del mio amico non era scusabile .se non come desiderio di provocare un evento nella vita di quel povero diavolo, e anche forse di vedere le conseguenze, più o meno funeste, che può far nascere una moneta falsa nelle mani di un mendicante. Chissà, forse poteva moltiplicarsi in tante monete buone! O poteva portarlo in galera. Un oste, per esempio, o un fornaio, avrebbero potuto farlo arrestare come falsario o come spacciatore di monete false. Oppure, quella moneta senza valore avrebbe anche potuto diventare, per un povero piccolo speculatore, la fonte di una ricchezza che sarebbe durata qualche giorno. E così la mia fantasia viaggiava, prestando ali allo spirito del mio amico e traendo tutte le deduzioni possibili da tutte le ipotesi possibili. Ma costui interruppe bruscamente la mia fantasticheria ripren7 Biblioteca Gino Bianco

dendo le mie parole: - Sl, avet.e'ragione; non c'è piacere più dolce di quello di meravigliare un uomo regalandog1imolto di più di quello che si aspetta. Lo guardai nel bianco degli occhi e fui spaventato nel vedere che i suoi occhi brillavano di un innegabile candore. Vidi allora chiaramente che egli aveva voluto fare, nello stesso tempo, la carità e un buon affare; guadagnarsi quaranta soldi e l'amore di Dio; portarsi via H paradiso facendo economia; e infine acquistarsi gratis una patente di uomo caritatevole. Gli avrei quasi perdonato il desiderio della gioia criminosa di cui un momento prima lo avevo ritenuto capace; avrei trovato curioso, singolare che si divertisse a compromettere i poveri; ma non gLi avrei mai perdonato l'inettitudine dimostrata in questo calcolo. Non c'è scusa per la cattiveria, ma c'è qualche merito nell'esserne coscienti; e H più irreparabile dei vizi è fare il male per stupidità. [5] QUAL'È LA VERA? Ho conosciuto una certa Benedicta, che riempiva l'atmosfera di ideale, e i cui occhi spandevano il desiderio della grandezza, della bellezza, della gloria e di tutto ciò che fa credere all'immortalità ... Ma questa ragazza miracolosa era troppo bella .per vivere a 1ungo; cosl è morta qualche giorno dopo che l'avevo conosciuta, e io stesso l'ho seppellita, un giorno che la primavera agitava il suo incensiere perfino nei cimiteri. Sono io che l'ho seppellita, ben chiusa in una bara di legno profumato e incorruttibile come i forzieri dell'India. E mentre gLi occhi mi restavano fissi sul luogo in cui era sparito il mio tesoro, vidi ad un tratto una personcina che somigliava stranamente alla defunta, e che, pestando sulla terra fresca con una violenza isterica e bizzarra, diceva scoppiando a ridere: - Sono io la vera Benedicta! Sono io, la famosa canaglia! E per punizione della tua fol1ia e del tuo accecamento, tu mi amerai cosl come sono! 8 Biblioteca Gino Bianco

Ma .io, furibondo, ho risposto: - No! no, no! - E per meglio accentuare il mio rifiuto, ho pestato con il piede cosi violentemente la terra, che la mia gamba è affondata fino al ginocchio nella recente sepoltura, e, come un lupo preso in trappola, resto attaccato, forse per sempre, alla fossa dell'ideale. [6] LO SPECCHIO Un uomo spaventoso entra e si guarda allo specchio. - Perché vi guardate allo specchio, se vedervi vi dà solo dispiacere? L'uomo spaventoso mi risponde: - Signore, secondo gli immortali princlpi dell'89, tutti gli uomini sono uguali nei loro diritti; e dunque io posseggo il diritto di guardarmi; se con piacere o dispiacere, questo riguarda solo la mia coscienza. In nome del buon senso, io avevo senza dubbio ragione. Ma dal punto di vista della legge, lui non aveva torto. [7] L'AUREOLA PERDUTA - Come! voi qui, mio caro? Voi in questo brutto posto? Voi, il bevitore di quintessenze! Voi, il mangiatore di ambrosia! C'è invero di che restare sorpresi. - Mio caro, sapete bene quanto mi terrorizzino le carrozze e i cavalli. Poco fa, mentre attraversavo il viale in tutta fretta saltellando in mezzo al fango, in quel caos in movimento dove la morte arriva al galoppo da tutte le parti nello stesso tempo, con un movimento brusco l'aureola mi è scivolata dalla testa nel fango del lastricato. Non ho avuto il coraggio di raccattarla. Giudicai meno sgradevole perdere le mie insegne che farmi rompere le ossa. E poi, mi dissi, la disgrazia serve sempre a qualcosa. Ora posso andarmene 9 Biblioteca Gino Bianco

in giro in incognito, compiere azioni basse, d'armi ai bagordi come i semplici mortali. Ed eccomi in tutto simile a voi, come vedete! - Dovreste almeno pubblicare un annuncio della perdita dell'aureola, o fare denuncia al commissariato. - Proprio no! Mi trovo bene, qui. Solo voi mi avete riconosciuto. D'altronde la dignità mi disturba. E poi penso che qualche cattivo poeta la raccatterà e se la metterà in testa spudoratamente. Che piacere far felice qualcuno! Soprattutto qualcuno la cui felicità mi farà ridere! Pensate a X, o ·a Z! Ah, sarà davvero divertente! [8] LA SIGNORINA BISTURI Appena arrivai ai limiti del sobborgo, sotto i lampi della luce a gas, sentii un braccio che si insinuava dolcemente sotto il mio, e udii una voce che mi diceva all'orecchio: - Siete medico, signore? Guardai: era una ragazza alta, robusta, con gli occhi spalancati: leggermente truccata, i capelli ondeggianti a-1vento con i nastri del cappellino. - No, non sono un medico. Lasciatemi passare. - Oh sl, Voi siete medico.' Lo vedo bene. Venite da me. Resterete molto contento di me, andiamo! - Certo, verrò a trovarvi, ma più tardi, dopo il medico, che diavolo ...! - Ah! ah! - fece lei, sempre aggrappata al mio braccio, e scoppiando a ridere - siete un medico scherzoso, ne ho conosciuti molti cosl. Su, andiamo. Amo appassionatamente il mistero, perché ho sempre la speranza di svelarlo. Mi lasciai perciò trascinare da questa compagna, o meglio da questo enigma insperato. Tralascio la descrizione del tugurio; la si può trovare in numerosi vecchi poeti francesi ben noti. Soltanto (dettaglio trascurato da Régnier), c'erano due o tre ritratti di celebri dottori appesi alle pareti. 10 Biblioteca Gino Bianco

Come fui coccolato! Un bel focolare, vino caldo, sigari; e offrendomi queste buone cose, e accendendomi lei stessa un sigaro, questa buffa creatura mi diceva: - Fate come se foste a casa vostra, amico mio, mettetevi a vostro agio. Cosl vi ricorderete dell'ospedale e dei bei tempi della giovinezza. Ma guarda! Dove vi siete presi questi capelli bianchi? Non eravate cosl, appena quakhe tempo fa, quando eravate l'aiuto di L. ... Ricordo che eravate voi che lo assistevate nelle operazioni più gravi. Era proprio un uomo a cui piace tagliare, mozzare, rifiLare! E voi che gli passavate gli strumenti, i fili e le spugne. E appena finita l'operazione, diceva tutto fiero, guardando l'orologio: « Cinque minuti, signori! » Oh, io vado dappertutto. Conosco bene questi Signori. Qualche istante più tardi, dandomi del tu, ricominciava con la stessa solfa, e mi diceva: - Sei medico, non è vero, gattino mio? · Questo incomprensibile ritornello mi fece saltare in piedi. - No! - urlai furibondo. - Chirurgo allora? - No! No! A meno che non lo diventi per spaccarti la testa! Maledetto il santo ciborio della madre badessa! - Aspetta - disse - e vedrai. E tirò fuori dall'armadio un fascicolo di carte, che altro non era se non la collezione dei ritratti dei medici famosi di allora, litografie di Maurin che si sono viste esposte per parecchi anni sul quai Voltaire. - Guarda! Lo riconosci questo? - Sl! È X..., c'è scritto sotto, anche; ma lo conosco personalmente. - Eh, lo sapevo! Tieni, ecco Z...! quello che nel suo corso, parlando di X, diceva: « Quel mostro che porta sulla faccia :il nerume della sua anima! » E questo solo perché l'altro non la pensava come lui su una certa questione! Quanto se ne rideva a scuola, in quei tempi! Ti ricordi? Guarda ecco K., quello che denunciava al governo gli insorti che cura,va nel suo ospedale. Era l'epoca delle sommosse. Come è possibile che un cosl bell'uomo abbia cosl poco cuore? E ora guarda W., famoso medico inglese; l'ho acchiappato quando venne a Parigi. Sembra una signorina, non è vero? 11 Biblioteca Gino Bianco

E dato che avevo toccato iun pacchetto legato, che pure si trovava sul tavolinetto: - Aspetta un momento, - disse. - Questi sono i medici interni, e quel pacchetto sono gli esterni. E aprl come un ventaglio tutto un mucchio di fotografie, con delle facce molto più giovani. - Quando ci rivedremo, mi darai il tuo ritratto, è vero, caro? - Ma, - le dissi a mia volta, seguendo anch'io la mia idea fissa, - perché credi che io sia un medico? - È perché sei cosi gentile e cosi buono con le donne! Strana logica, dissi fra me. - Ah, io non mi sbaglio quasi mai; ne ho conosciuti tanti. Amo a tal punto questi signori che a volte vado da loro tanto per vederli, anche se non sono malata. Ce ne sono alcuni che mi dicono con freddezza: « Ma voi non siete affatto malata! » Ce ne sono però altri che mi capiscono, perché gli faccio un po' di moine. - E quando non ti capiscono ...? - Beh, dal momento che li ho disturbati inutilmente, lascio dieci franchi sul caminetto. È gente cosi buona e dolce, quella! Ho scoperto alla Pietà un "interno", piccolo di statura, bello come un angelo, e gentilissimo! E come lavora, povero ragazzo! I suoi compagni mi hanno detto che non ha un soldo, perché i suoi genitori sono poveri e non gli ,possono mandare niente. Questo mi ha incoraggiato. Dopotutto, sono piuttosto bella, anche se non giovanissima. Gli ho detto: « Vieni a trovarmi, vieni a trovarmi spesso. E con me non preoccuparti; non ho bisogno di danaro ». Ma capirai che gliel'ho fatto intendere con le dovute maniere; non gliel'ho detto cosi, brutalmente; avevo paura di umiliarlo, povero ragazzo! Ma lo sai? ho una voglia cosi pazza che non oso dirglielo. Vorrei che venisse ,a trovarmi con la borsa dei ferri e il camice bianco, magari un po' macchiato di sangue! Disse questo con l'espressione più candida, come un uomo sensibile direbbe a un'attrice che ama: « Vorrei vederti con indosso il costume che portavi quando interpretavi quella famosa parte! » Io, ostinato, ricominciai: - Riesci a ricordarti del periodo e della circostanza in cui è nata in te questa passione cosl speciale? Fu difficile farmi capire; alla fine ci riuscii. Ma lei mi rispose con un'aria molto triste e, per quel che posso ricordare, perfino 12 Biblioteca Gino Bianco

distogliendo lo sguardo: -, Non lo so ... Non me lo ricordo. Quali bizzarrie non si trovano in una grande città, se si sa andare in giro e guardare! La vita brulica di mostri innocenti. Signore, mio Dio! Voi Creatore, voi Padrone; da cui viene la Legge e la Libertà; voi, sovrano che lascia fare, voi, giudice che perdona; voi che siete pieno di motivi e di cause, e che forse avete messo nella mia mente il gusto dell'orrore per convertire il mio cuore, come la guarigione sulla punta di una lama. Signore, abbiate pietà, abbiate pietà dei pazzi e dei folli! O Creatore! Possono forse esistere dei mostri agli occhi di Colui che è il solo a sapere perché esistono, come si sono fatti e come avrebbero potuto non farsi? [9] AMMAZZIAMOI POVERI! Per quindici giorni mi ero segregato nella mia camera, e mi ero circondato di libri di moda in quel ,periodo (sedici o diciassette anni fa); voglio dire libri che trattano l'arte di rendere felici, saggi e ricchi i popoli in ventiquattr'ore. Avevo dunque digerito - ingoiato, voglio dire - tutte le elucubrazioni di tutti quegli impresari della felicità pubblica, di coloro che consigliano a tutti i poveri di farsi schiavi, e di coloro che li convincono di essere tutti dei re spodestati. Non sorprenderà il fatto che io mi trovassi allora in uno stato d'animo prossimo alla vertigine o alla stupidità. Mi era soltanto sembrato di sentire, relegato nel fondo del mio intelletto, l'oscuro germe di un'idea superiore a tutte le formule da brava massaia che avevo da poco incontrato scorrendone il dizionario. Ma non era che l'idea di un'idea, qualcosa di infinitamente vago. Uscii con una gran sete. Perché appassionarsi troppo alle cattive letture fa nascere un bisogno altrettanto forte di aria aperta e di bevande fresche. Stavo entrando in un locale, quando un mendicante mi tese il cappello con uno di quegli sguardi indimenticabili che farebbero cadere i re dai loro troni, se lo spirito potesse muovere la materia, e se l'occhio di un ,ipnotizzatore facesse maturare l'uva. 13 Biblioteca Gino Bianco

In quello stesso momento, sentii una voce che mi sussurrava all'orecchio, una voce che riconobbi immediatamente; era quella di un buon Angelo, o di un buon Dèmone, che mi accompagna dovunque. Se Socrate aveva il suo buon Dèmone, perché io non dovrei avere il mio buon Angelo? Perché non dovrei avere, come Socrate, l'onore di ottenere una patente di follia con la firma dell'acuto Lélut e dell'accorto Baillarger? È questa la differenza fra il Dèmone di Socrate e il mio; che quello di Socrate gli si manifestava soltanto per proibire, avvertire, impedire; mentre il mio si degna di dare consigli, di suggerire e di persuadere. Il povero Socrate aveva solo un Dèmone proibitore; il mio è un grande affermatore, il mio è un Dèmone d'azione, o Dèmone di lotta. Dunque la sua voce mi sussurrava questo: « È uguale a un altro soltanto colui che ne dà prova, e è degno di libertà solo colui che sa conquistarla ». Immediatamente saltai addosso al mendicante. Con un solo pugno gli tappai un occhio, che in un momento gli diventò grosso come una palla. Mi spezzai un'unghia per rompergli due denti, e dato che non mi sentivo forte abbastanza, essendo nato delicato ed essendomi esercitato poco nella boxe, per accoppare rapidamente il vecchio lo agguantai con una mano per il bavero, e con l'altra lo afferrai alla gola e mi mis,i a sbattergli energicamente la testa contro un muro. Devo confessare che avevo preliminarmente ispezionato i dintorni dando un'occhiata, e mi ero accertato che in quella periferia deserta mi sarei trovato abbastanza a lungo fuori della portata dei poliziotti. Avendo poi steso a terra l'infiacchito sessantenne con un calcio nella schiena tanto forte da rompergli le scapole, afferrai un grosso ramo che era Il per terra e lo picchiai con l'ostinata energia con cui i cuochi ammorbidiscono una bistecca. Ad un tratto - ecco il miracolo! e la gioia del filosofo che verifica l'eccellenza della sua teoria! - vidi quella vecchia carcassa girarsi, rialzarsi con un'energia che non avrei mai sospettato fo una macchina cosl singolarmente sconquassata e, con uno sguardo di odio che mi parve di buon augurio, quel decrepito brigante si gettò su di me, mi pestò tutti e due gli occhi, mi ruppe quattro 14 Biblioteca Gino Bianco

denti e, con lo stesso ramo, mi riempi di botte. Con la mia energica cura gli avevo dunque restituito l'orgoglio e 1a vita. Allora mi sforzai di fargli capire che considerav,o chiusa la discussione, e rialzandomi con la soddisfazione di un sofista del Portico, gli dissi: - Signore, siete mio eguale! fatemi l'onore di dividere con me il mio portafoglio; e ricordatevi, se siete un vero filantropo, che bisogna applicare a tutti i vostri colleghi, quando vi chiederanno l'elemosina, la teoria che ho avuto il dolore di sperimentare sulle vostre spalle. Mi ha giurato di aver capito molto bene la mia teoria, e che avrebbe messo in pratica i miei consigli. [10] I BUONI CANI Neppure davanti ai giovani scrittori del mio secolo sono mai arrossito della mia ammirazione per Buffon; ma oggi non è lo spirito di questo pittore della natura pomposa che chiamerò in aiuto. No. Molto più volentieri potrei rivolgermi a Sterne, dicendogli: « Scendi dal cielo o sali a me dai Campi Elisi, e ispirami, in favore dei buoni cani, dei ,poveri cani, un canto degno di te, sentimentale burlone, burlone incomparabile! Ritorna in groppa a quel famoso asino che sempre ti accompagna nella memoria dei posteri; e soprattutto fa' che questo asino non dimentichi di portare, delicatamente tenuto fra le labbra, il suo immortale amaretto! ». Vade retro, musa accademica! Non so che farmene di questa vecchia bigotta. Invoco la musa familiare, cittadina, vivente, perché mi aiuti a cantare i buoni cani, i poveri cani, i cani infangati, quelli che tutti scacciano come appestati e pidocchiosi, salvo il povero, a cui sono associati, e il poeta, che li guarda con occhio fraterno. Il cane elegante e signorile non lo sopporto, questo fatuo quadrupede, come il danese, lo spaniel, il king-charles o il pechinese, 15 Biblioteca Gino Bianco

cosl infatuato di sé da buttarsi senza discrezione fra le gambe o sulle ginocchia del visitatore, sicuro di piacere, turbolento come un bambino, sciocco e civettuolo, a volte ringhioso e insolente come un servo! Soprattutto non sopporto quei serpenti a quattro zampe, sfaccendati e svenevoli, che portano il nome di « levrierette » e che sul loro muso aguzzo non hanno neppure abbastanza fiuto per seguire la pista di un amico, né :abbastanza intelligenza nella loro testa piatta per giocare a domino. A cuccia, tutti questi noiosi parassiti! Che se ne tornino alla loro cuccia di seta imbottita! Io canto il cane infangato, il cane senza domicilio, il cane flaneur, il cane saltimbanco, il cane il cui istinto, come quello del povero, dello zingaro e dell'istr,ione è reso meravigliosamente acuto dalla necessità, da questa brava madre, da questa vera ,protettrice dell'intelligenza! Canto i cani sventurati; sia quelli che vagano solitari nei greti serpeggianti delle sconrfinate città, sia quelli che all'uomo abbandonato da tutti, con profondi sguardi d'intesa hanno detto: « Prendimi con te, e delle nostre due miserie faremo una specie di felicità! ». « Dove vanno i cani? », si chiedeva una volta Nestor Roqueplan in un immortale feuilleton di cui ha certo perso memoria, e di cui solo io, e forse Sainte-Beuve, ci ricordiamo ancora. Dove vanno i cani?, vi chiederete voi, uomini poco attenti. Vanno per i fatti loro. Appuntamenti d'affari, :appuntamenti d'amore. Attraverso la nebbia, attraverso la neve e il fango, sotto il morso della canicola, sotto la pioggia scrosciante, vanno, vengono, trotterellano, passano sotto le carrozze, stimolati dalle pulci, dalla passione, dal bisogno o dal dovere. Come noi, si sono alzati di buon mattino, e si procurano da vivere o corrono ai loro piaceri. Ce ne sono che vanno a dormire sotto qualche maceria della banlieue e che vengono, ogni giorno, a una certa ora, a reclamare l'elemosina alla porta di una cucina del Palais-Royal; altri accorrono a frotte, da più di cinque leghe, per dividere il pasto che ha preparato loro la carità di certe signorine sessantenni, il cui cuore disoccupato si è dato alle bestie, dal momento che quegli imbecilli 16 Biblioteca Gino Bianco

degli uomini non ne vogliono più sapere. Altri che, come schiavi negri in fuga, impazziti d'amore, lasciano, certi giorni particolari, le loro province per venire in città a sgambettare per un'ora intorno a una bella cagna, un po' negligée nella sua toilette, ma fiera e riconoscente. E sono puntualissimi, senza bisogno di agende, appunti e portafogli. Forse conoscete anche voi il pigro Belgio, e avete ammirato come me tutti quei cani vigorosi che tirano la carretta del macellaio, della lattaia o del fornaio, e che testimoniano con il loro trionfale abbaiare dell'orgoglioso piacere che provano nel rivaleggiare con i cavalli. Eccone due che appartengono a una categoria ancor più civilizzata. Permettetemi di introdurvi nella camera del saltimbanco assente. Un letto di legno dipinto, senza cortine, con le coperte che penzolano sul pavimento, infestate di cimici, due sedie impagliate, una stufa di ghisa, uno o due strumenti musicali sconquassati. Che triste mobilia! Ma guardate, vi prego, questi due personaggi, vestiti di abiti logori e sontuosi, acconciati come trovatori o come militari, che sorvegliano con un'attenzione da stregoni l'opera senza nome che cuoce a fuoco lento sulla stufa accesa, e al centro della quale si drizza un lungo cucchiaio piantato Il come una di quelle pertiche alzate in aria che ,annunciano il compimento dei lavori edilizi. Non è forse giusto che degli attori cosi pieni di zelo si mettano in cammino dopo aver ristorato ll loro stomaco con una buona zuppa sostanziosa? E non perdonerete un po' di sensualità a questi poveri diavoli che devono affrontare tutti i giorni l'indifferenza del pubblico e le angherie di un direttore che si mette in tasca quasi tutto e che si mangia, lui da solo, più minestra di quattro attori? Quante volte ho contemplato, sorridente e intenerito, tutti questi filosofi a quattro zampe, questi schiavi sottomessi, compiacenti e devoti, che il dizionario repubblicano potrebbe ben qualificare ufficiosi, se la repubblica, troppo preoccupata della felicità degli uomini, avesse il tempo di occuparsi dell'onore dei cani! E quante volte ho pensato che forse c'era da qualche parte (è possibile, in fondo) una ricompensa a tanto coraggio, a tanta pa17 Biblioteca Gino Bianco

zienza e fatica, uno speciale paradiso per i buoni cani, per i poveri cani, i cani sudici e desolati. Dopotutto Swedenborg afferma che ne esiste uno per i Turchi e uno per gli Olandesi. I pastori di Virgilio e di Teocrito si aspettavano, come premio per i loro canti alternati, un bel formaggio, un flauto fatto dal miglior artigiano o una capra con le mammelle gonfie. Il poeta che ha cantato i poveri cani ha ricevuto in ricompensa un bel gilè dal colore ricco e sbiadito, che fa pensare al sole d'autunno, alla bellezza delle donne mature e alle estati di San Martino. Nessuno di coloro che erano presenti nella taverna di via Villa-Hermosa dimenticherà con quale esuberante insistenza il pittore si è spogliato del suo gilè in favore del poeta; tanto bene aveva compreso la bontà e l'onestà di cantare i poveri cani. Cosl, un magnifico tiranno italiano del buon tempo andato offriva al divino Aretino sia una daga con l'elsa tempestata di pietre preziose, sia un mantello da cortigiano in cambio di un elegante sonetto o di uno stravagante poema satirico. E ogni volta che il poeta indossa il gilè del pittore, è costretto a pensare ai buoni cani, ai cani filosofi, alle estati di San Martino e alla bellezza delle donne più che mature. [11] Se un poeta domandasse allo Stato il diritto d'avere neUa sua scuderia alouni borghesi, grande sarebbe lo stupore; se invece un borghese domandasse un po' di poeta arrosto, la cosa sembrerebbe naturalissima. Ci sono epidermidi da crostaceo, con ·le quali il disprezzo non è più un piacere. Molti amici, molti guanti - per paura della scabbia. Coloro che mi hanno amato erano persone disprezzate, direi perfino spregevoli, se ci tenessi a lusingare la gente per bene. 18 Biblioteca Gino Bianco

Che cosa non è sacerdozio, oggi? La stessa giovinezza è un sacerdozio, - a quanto dicono i giovani. E che cosa non è preghiera? Cacare è una preghiera, a quanto dicono i democratici, quando cacano. Il mondo sta per finire. La sola ragione per la quale potrebbe durare, è che esiste. Come è debole questa ragione, paragonata a tutte quelle che annunziano il contrario, e specialmente a quest'altra: che ci sta a fare ormai il mondo sotto il cielo? - Perché, supponendo pure che continui a esistere materialmente, sarebbe poi un'esistenza degna di questo nome e del dizionario storico? Non dico che il mondo sarà ridotto agli espedienti e al disordine ridicolo delle repubbliche dell'America del Sud, - che forse anche noi ritorneremo allo stato selvaggio e che andremo a cercarci il cibo col fucile in mano, attraverso le rovine erbose del1a nostra civiltà. No; - queste avventure presupporrebbero ancora una certa energia vitale, eco delle età primitive. Nuovo esempio e nuove vittime delle inesorabiH leggi morali, periremo per colpa di ciò di cui abbiamo creduto vivere. La meccanica ci avrà talmente meccanicizzati, il progresso avrà cosl ben atrofizzato in noi tutta la parte spirituale, che nulla delle fantasie sanguinarie, sacrileghe o antinaturali degli utopisti potrà essere paragonato ai suoi risultati positivi. [ ... ] [. .. ] Ma la rovina universale, o il progresso universale (,poco m'importa il nome), non si manifesterà tanto per mezzo di istituzioni politiche: avverrà attraverso l'avvilimento dei cuor.i. Debbo dire che quel ·po' di politica che resterà si dibatterà penosamente fra le strette dell'animalità generale, e che i governi saranno obbligati, per reggersi e creare un fantasma d'ordine, a ricorrere a mezzi che farebbero fremere la nostra umanità presente, pur cosl indurita? - Allora, il figlio fuggirà la famiglia, non a diciotto anni, ma a dodici, emancipato dalla sua ingorda precocità; la fuggirà non per cercare avventure eroiche, non per liberare una bellezza prigioniera in una torre, non per immortalare una soffitta con sub1imi pensieri, ma per iniziare un commercio, per arricchirsi, e per 19 Biblioteca Gino Bianco

far concorrenza all'infame papà, - fondatore e azionista d'un giornale che diffonderà i lumi e il quale farà considerare « Le Siède » di allora come fautore della superstizione. [ ... ] [ ... ] Allora, quel che somiglierà alla virtù, - che dico mai? - tutto quel che non sarà più passione per Pluto, sarà considerato ridicolaggine immensa. La giustizia, se in quell'epoca fortunata potrà ancora esistere una giustizia, farà interdire i cittadini che non sappiano far fortuna. - La tua sposa, o Borghese, la tua casta metà, la legittimità della quale fa la tua poesia, introducendo orunai nella legalità un'infamia irreprensibile, custode vigile e amorosa della tua cassaforte, non sarà più che l'ideale perfetto della mantenuta. Tua figlia, nella sua nubilità infantile, sognerà, in culla, di essere venduta per un milione, e tu stesso, o Borghese, - meno poeta ancora di quanto oggi tu non sia, - nulla ci troverai a ridire; .non rimpiangerai nulla. Perché ci sono cose, nell'uomo, che si rafforzano e prosperano a seconda che altre s'attenuano e scemano; e, grazie al progresso di questi tempi, delle• viscere ti resteranno solo gli intestini! [ ... ] Credo d'essermi lasciato andare a quel che le persone del me~ stiere chiamano un hors-d'oevre. Tuttavia lascerò scritte queste pagine, a documento della mia collera. Igiene. Condotta. Morale. Jeanne 300, mia madre 200, io 300, - 800 franchi al mese. Lavorare dalle sei del mattino, a digiuno, sino a mezzogiorno. Lavorare alla cieca, senza scopo, come un matto. Vedremo il risultato. Suppongo di legare i,l mio destino a un lavoro ininterrotto di parecchie ore. A tutto si può rimediare. C'è ancora tempo. Chissà anzi, se piaceri nuovi. .. ? Gloria, pagamento dei miei debiti. -- Ricchezza di Jeanne e di mia madre. Non ho ancora conosciuto il piacere di un progetto attuato. Potenza dell'idea fissa, potenza della speranza. L'abitudine di compiere il dovere scaccia la paura. Bisogna voler sognare e saper sognare. Evocazione dell'Jspi20 Biblioteca Gino Bianco

razione. Arte magica. Mettersi subito a scrivere. Io ragiono troppo. ·· Lavoro immediato, anche cattivo, val· meglio del fantasticare. Una serie di piccole volontà dà un grosso risultato. Ogni regresso della volontà 'è una ,particella di sostanza perduta. Com'è prodiga, dunque l'esitazione! E si giudichi dall'immensità dello sforzo finale necessario a riparare a tante perdite! L'uomo che dica la sua preghiera, la sera, è un capitano che inette delle sentinelle. Può dormire. · Sogni sulla morte e avvertimenti. Finora dei miei ricordi· non ho goduto che da solo; bisogna goderne in due. Fare delle gioie del cuore una passione. Perché capisco un'esistenza gloriosa, mi credo capace di attuarla. O Jean-Jacques! Il lavoro genera: per forza i buoni costumi, sobrietà e castità, conseguentemente la salute, la ricchezza, il genio successivo e progressivo, e. la carità. Age quod agis. Pesce, bagni freddi, docce, lichene, pasticche, secondo i casi; d'altra parte, soppressione d'ogni eccitante. Lichene d'Islanda 125 grammi Zucchero bianco 250 grammi Tenere in infusione il lichene, per dodici o quindici ore, in una quantità sufficiente d'acqua fredda, poi buttar via l'acqua. Far bollire il lichene in due litri d'acqua a fuoco basso e lento, finché i due litri si siano ridotti a uno solo; schiumare una volta sola: aggiungere allora i 250 grammi di zucchero e lasciar condensare f.ino a raggiungere consistenza di sciroppo. Lasciar raffreddare. Prenderne tre grandissime cucchiaiate al giorno, la mattina, a mezzogiorno, la sera. Non aver paura di forzare le dosi se le crisi fossero troppo frequenti. [12] Politica. - Non ho convinzioni, come le intende la gente del mio secolo, perché non ho ambizione. 21 Biblioteca Gino Bianco

In me non c'è base per una convinzione. C'è una certa viltà, o piuttosto una certa fiacchezza, nelle persone per bene. Solo i briganti sono convinti: di che cosa? di dover riuscire. E cosl riescono. Perché dovrei riuscire, se non ho nemmeno il desiderio di tentare? Si ,possono fondare sul delitto imperi gloriosi, e nobili religioni sull'impostura. Ho tuttavia alcune convinzioni, in un senso più elevato che non può essere compreso dalla gente del mio tempo. Quasi tutta la nostra vita è spesa in curiosità sciocche. In cambio, ci son cose che dovrebbero eccitare al più alto grado la curiosità degli uomini, e che, a giudicare dal corso ordinario della loro vita, non gliene ispirano alcuna. Dove sono i nostri amici morti? Perché siamo qui? Veniamo da qualche parte? Che cos'è la libertà? Può accordarsi con la legge provvidenziale? Il numero delle anime è finito o infinito? E il numero delle terre abitabili? ecc., ecc... Quel che c'è di vile in una carica qualsiasi. Immensa nausea dei manifesti. Dell'amore, della predilezione dei francesi per le metafore militari. Da noi, ogni metafora ha i baffi. 22 Letteratura militante. Restare sulla brecda. Biblioteca Gino Bianco

Tener alta la bandiera. Tenere alta la bandiera e oon fermezza. Gettarsi nella mischia. Uno dei veterani. Tutte queste gloriose fraseologie si applicano in genere a .\• pedanti e a fannulloni da bettola. Da aggiungere alle metafore militari: I poeti di combattimento. I letterati d'avanguardia. Queste abitudini di metafore militari denotano spiriti non militanti, ma fatti per la disciplina, cioè per la conformità: menti nate serve, menti belghe, che possono pensare solo in società. Politica. - Insomma, davanti alla storia e davanti al popolo francese, la grande gloria di Napoleone III sarà stata quella di provare che il primo venuto può, impadronendosi del telegrafo e della stamperia nazionale, governare una grande nazione. Imbecilli coloro che credono che simili cose possano compiersi senza il permesso del popolo, - e coloro che credono che la gloria non possa fondarsi che sulla virtù. I dittatori sono i servitori del popolo, - niente di più, - una fottuta parte, d'altronde, - e la gloria risulta dall'adattamento d'un genio alla scempiaggine della nazione. PREGHIERA Non mi punite in mia madre e non punite mia madre per causa mia. - Vi raccomando le anime di mio padre e di Mariette. - Datemi la forza di fare immediatamente il mio dovere ogni giorno e di diventare cosl un eroe e un Santo. Avviso ai non-comunisti: Tutto è comune, perfino Dio. 2.3 Biblioteca Gino Bianco

Impossibile scorrere una gazzetta qualsiasi, di non. importa che giorno, mese o anno, senza -trovarvi, a-ogni riga, i segni della più spaventosa perversità umana e, in pari. tempo, le più stupefacenti vanterie di probità, di bontà, di carità, e le più sfrontate affermazioni riguardo al progresso ,e alla civiltà. Ogni giornale, dalla prima all'ultima riga, non è che un contesto d'orrori. Guerre, delitti, furti, 1mpudicizie, torture, delitti dei principi, crimini delle nazioni, delitti dei privati, un'ebrezza d'atrocità universale. E con questo disgust,ante aperitivo -l'uomo. civile accompagna il suo pasto d'ogni mattina. Tutto, in questo mondo, trasuda il delitto: il giornale, i muri e il volto dell'uomo. Non capisco come .una mano pura possa toccare un giornale senza una convulsione di disgusto. (13] ' Il commercio non è che un insieme di stratagemmi infami. I commercianti detti onesti lo sanno bene, e questo spiega la loro riservatezza e la loro gentilezza· sistematica. Si sentono colpevoli. Le repubbliche latine d'America, sempre irrequiete, ·sempre in stato d'insurrezione, sono forse le sole istituzioni verso le quali si possa ,provare un po' di simpatia. Questo, perché si son fatte una regola della bizzarri~ nella violenza. In fin dei conti, Ja gente vi si accoppa_. Questo nuovo culto del progresso, caro ai pigri e ai bricconi, caratterizzerà il secolo. Perché la stupidità rende omaggio a se stessa. La negazione di Dio per opera delle macchine a vapore. Della necessità delle superstizioni. , . . La superstizione più volgare, superstizione dell'acqua, del fuo24 Biblioteca Gino Bianco

co, della natura, dei tavolini spiritici, sarebbe preferibile a quella del progresso, basato soltanto sulla vanità. Il negro ha la superstizione della luna; il cavallo quella della frusta. L'uomo ha preso quale idolo se stesso. Presto si eleggerà Dio con il suffragio universale. Una conseguenza singolare dello sviluppo attuale della stampa è che i principi che prima erano enunciati dall'alto della cattedra, con l'autorità del sacerdozio, sono oggi proclamati e difesi dall'onorevole corporazione dei giornalisti di professione, al di sotto dei quali non s'incontrano più che le spie di polizia. Ho incontrato ieri un tale, abbastanza equivoco, strano, che m'ha fatto fantasticare. Personaggio molto occupato in diavolerie. « Una sola cosa porta veramente sfortuna », dice, « gli auguri di Capodanno. Nessuno lo sa, ecco perché l'umanità è cosl infelice... ». [14] [ ...] Il rischio maggiore della vostra iniziativa, è di diventare una fiera, un'esibizione di impotenza e di vanità, di mediocrità. Cinque o sei poeti per sera! Grand Dio! Ce ne sono forse dieci, nei secoli fecondi. Questo mi fa venire in mente la chiusa di un articolo di un giornale belga, a proposito del funerale (civile) di Armellini. Descrizione minuziosa del catafalco. E poi: « ... Dietro veniva L'INNUMEREVOLE MOLTITUDINE DEI LIBERI PF.NSATORI ». Ora, quanti ce ne sono mai stati in tutta la storia? [ ...] [ ...] A eccezione di Chateaubriand, di Balzac, di Stendhal, di Mérimée, di Vigny, di Flaubert, di Banville, di Gautier, di Leconte 25 Biblioteca Gino Bianco

de Lisle, tutta la gentaglia moderna mi fa orrore. I vostri accademici, orrore. I vostri liberali, orrore. La virtù, orrore. Il vizio, orrore. Lo stile scorrevole, orrore. Il progresso, orrore. Non raccontatemi mai più di questi parlatori di nu:lla. [ ...] 26 Biblioteca Gino Bianco

UOMINI SUPERIORI Da qualche tempo la nostra cultura già di sinistra si sente in dovere di onorare il pensiero reazionario, con l'inevitabile affanno, la goffaggine e l'eccesso di zelo degli ultimi arrivati. Davanti al buffet principesco stravedono, come chi è stato tenuto troppo lungamente a stecchetto: dallo champagne all'acqua minerale, dail caviale al pane imburrato e alle olive, trovano tutto « speciale ». Lungo sarebbe l'elenco delle patacche -scambiate per oro. Ma anche di autori che patacche non sono, come Jiinger e Schmitt, si prediligono invariabilmente gli aspetti più equivoci e scadenti. Più che un reale interesse, queste figure sembrano esercitare una sorta di fascinazione. ,,1 ·;;, ': Nel saggio posposto a Ex captivitate salus 1 Francesco Mercadante riporta un brano dell'interrogatorio di Schmitt, testimone al processo di Norimberga: Pubblica Accusa: Non ha forse detto che la legislazione e la giustizia tedesche dovevano essere pervase di spirito nazionalsocialista? Sì o no? Non ha forse detto questo tra il 1933 e il 1936? Carl Schmitt: Sì. Dal 1935 al 1936 ero alla guida dell'Associazione dei giuristi. Sentendomi superiore, intendevo dare un senso mio personale al termine nazionalsocialismo. P. A.: Hitler aveva un nazionalsocialismo e lei ne aveva un altro. C. S.: Mi sentivo superiore. P. A.: Si sentiva superiore a Adolf Hitler? C. S.: Infinitamente, dal punto di vista intellettuale. Il personaggio è così privo di interesse, che preferisco non parlarne. Riferendosi a questo scambio di battute, un recensore dichiara che ci troveremmo qui di fronte a qualcosa di « fatale » e di « abissale ». Il tono di Schmitt, non c'è dubbio, si fa notare. Ma non capisco che cosa c'entrino la « fatalità » e l' « abissalità ». A meno che si 1 CARL ScHMITT, Ex captivitate salus, Adelphi 1987. La prima edizione tedesca è del 1950. 27 Biblioteca Gino Bianco

voglia definire « abissale » la boria del signore che si sente infinitamente superiore non solo a Hitler, non solo al tribunale di Norimberga, ma a chiunque osi mettere in causa fa sua superiorità; e « fatale » 1a meschinità, che è l'altra faccia - inseparabile - della boria. Ma credo che il recensore non intendesse niente del genere e volesse piuttosto alludere alla distanza vertiginosa che separa il destino degli uomini comuni da quello di titani quali Carl Schmitt. Jiinger è venuto recentemente in Italia a ritirare non so quale premio. Interrogato circa i suoi trascorsi filo-nazisti, ha risposto di aver già detto a suo tempo quel che aveva da dire in proposito e di « non essere più interessato a questo ,problema ». A beneficio dell'intervistatore italiano ha comunque citato l'esempio di Giovanni Ansaldo, il giornalista che senza essere fascista collaborò col fascismo: « Non faccio differenze tra fascista e antifascista ma tra intelligente e non intelligente. » 2 Non discuto i1lsuo diritto di rifiutare oggi come troppo semplicistica l'antitesi fascismo-antifascismo, ma sostituirvi l'intelligenza contro la non intelligenza è una di quelle volgarità a cui sono « fatalmente » soggetti i cultori dello Spirito. L'esempio di Ansaldo è particolarmente mal scelto. Vero che Ansaldo era intelligente. Molto intelligente. Forse, con Missiroli, il miglior talento giornalistico della sua generazione. « Figura emblematica » secondo il giudizio di Zangrandi « di un certo tipo di "geniali" scrittori italiani, capaci di passare attraverso le vicende e le tragedie della storia, sempre immuni, sempre in attività di servizio, proprio in virtù di una professata o sottintesa persuasione che lo scrivere senza credere (o il contrario di ciò che si crede) non impegna né compromette chi sappia far.lo con sufficiente "spregiudicatezza". »3 Gli interventi giornalistici e radiofonici di Ansaldo, proprio perché colti e intelligenti, avevano un'efficacia propagandistica a favore della guerra fascista molto superiore a quella dei più smaccati apologeti e retori ufficiali del regime (riassumo a memoria la testimonianza di Franco Fortini in una pagina che non sono riuscito a ritrovare). Le effettive responsabilità e compromissioni di Ji.inger e Schmitt col nazismo mi sono meno odiose dell'ipocrisia che sta alla base del 2 « Corriere della sera», 2-10-1987. 3 RUGGERO ZANGRANDI, Il lungo viaggio attraverso il fascismo, Feltrinelli 1962, p. 389. 28 Biblioteca Gino Bianco

loro successivo a-nazismo. È ripugnante la r1pugnanza che i due grandi intellettuali dichiarano di aver sempre nutrito nei confronti di Hitler, l'ostentata presa di distanza dalla sottocultura e dalla criminalità del nazismo, quando è chiaro che proprio la sottocultura e la criminalità, la brutale determinazione e la mancanza di scrupoli, sono stati elementi decisivi per la sua affermazione, affermazione che entrambi volevano a tutti i costi e che hanno concretamente favorito e dalJa quale entrambi in varia misura e per un certo periodo hanno tratto vantaggio. « Turpe, pro beneficiis, gratiam non re/erre. » Per Schmitt su Hitler, bastano le battute già citate. Per Jiinger, si veda il Diario 4, dove il disprezw per il Fiihrer, prudentemente celato sotto lo pseudonimo di Kniébolo, si spreca. Ma ritengo che l'imposizione del sinistro nomignolo non ubbidisca tanto a ragioni di prudenza (dato che altri personaggi compromettenti conservano la loro vera identità) quanto di stile. Jiinger, come Schmitt, non può sporcarsi la bocca con un nome impronunciabile: la sua pagina non sopporta oscenità (per le stesse ragioni di decenza, sempre nel Diario, Céline viene più d'una volta ribattezzato Merline). In omaggio a questo « abissale » disgusto, non solo ci si vieta di nominare Hitler, ma anche di muovere un dito per esercitare un qualunque dpo di reale opposizione · Schmitt è una delle presenze più autorevoli nel Diario di Jiinger. I due si incontrano, si scrivono, si complimentano a vicenda, si pensano. Per Jiinger, tra tutte le persone di sua conoscenza, Schmitt possiede « la mente più atta alla definizione » ed è « uno dei rari spiriti capace di guardare la situazione senza pregiudizi». Analizzano i sintomi, diagnosticano il morbo, pronosticano la catastrofe. Mai però ohe risa,lgano alle cause, che si mettano in questione, che si pl'.opongano di fare qualcosa. Soffrono, ma sempre al di qua della situazione. Assistono. Assisteranno impassibiili anche al passaggio dell'ultimo autobus: la congiura del 20 luglio '44, ordita da aristocratici e militari, vale a dire la casta in cui Jiinger e Schmitt si riconoscono, vedrà i due ,su posizioni nobilmente astensioniste. 5 4 ERNSTJiiNGER, Diario 1941-1945, Longanesi 1979. 5 Vale la pena di citare la spietata reazione •di Brecht: « Quando è cominciato a trapelare qualcosa sui sanguinosi fatti svoltisi tra Hitler e i generali Junker, ho augurato in bocca al lupo a Hitler, per quel momento; infatti chi se non lui potrà Biblioteca Gino Bianco 29

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