casa Porchunov, e vi si era stabilito, insegnando ai bambini; ma ben presto era caduto in disgrazia d'Aleksàndra Nikolàjevna, sia per il fatto che era sudicio, e si portava il coltello alla bocca, sia perché, sopratrutto, due volte aveva preso la sbornia insieme coi contadini. Aleksàndra Nikolàjevna non aveva tralasciato di dirgli che, quando si vive in una casa fine, non ci si può permettere ... Ma prima che terminasse di parlare, egli la aveva interrotta: - Vi sono gratissimo, Aleksàndra Nikolàjevna, per l'indulgenza che m'avete dimostrata sopportando per tanto tempo la mia persona. Perdonatemi: da oggi in poi, non starò più qui a disonorare ... no, no, semplicemente, a importunare voialtri. E, trattenutosi ancora qualche settimana, fin tanto che non fosse arrivato il nuovo precettore Njeustròjev, s'era trasferito presso la scuola, con gran rimpianto dei bambini, dei più piccoli soprattutto: Tànja, d'otto anni, e il decenne, suo omonimo, Pètja. Da allora, era ormai più d'un anno che abitava al villaggio, senza più presentarsi in casa Porchunov. Aveva ricambiato, invece, l'amicizia che gli era stata dimostrata da Njeustròjev. Njeustròjev non era riuscito a capire né a catalogare Solovjòv in nessun modo. Non era affatto un conservatore, non un monarchico, anzi tutt'altro: ma non era neppure un rivoluzionario e nello stesso tempo, per le sue convinzioni, era un populista, e non si discostava in nulla dai socialisti. Eppure, a dispetto di questo, manteneva un certo strano attaccamento all'ortodossia, osservava i digiuni, le feste, andava in chiesa, si comunicava, e aveva un grande amore per il Vangelo, e spesso lo citava, e lo sapeva a memoria. Anche là al villaggio, però, era ,poco stimato per la sua stravaganza, e soprattutto per andar soggetto a quel vizio d'ubriacarsi. Stava a pensione, .per i pasti, presso l'Afanàsjevna; e intanto, fra lui e quella sana, allegra ragazza dal viso rotondo, ch'era Natàsa, s'erano stabiliti non so che strani rapporti: egli sentiva un piacere a stare con lei, e non tanto a discorrere con lei (giacché lei parlava poco, era brava piuttosto a ridere), quanto un piacere a discorrerle della vita buona, a raccontarle dei santi, e soprattutto di Cristo. Le insegnava, inoltre, a leggere e a scrivere. A lei, leggere e scrivere, riusciva un po' ostico, ma ci metteva tutto l'impegno, desiderosa di farlo contento; e con impegno, ugualmente, stava lì ad ascoltare quel che lui le veniva 62 Biblioteca Gino Bianco
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