VII. Njeustròjev, come aveva deciso, la mattina seguente a buonora mandò il guardiano a ritirare i suoi bagagli; e, quando glieli ebbero recapitati, noleggiò una telèga e parti per la stazione. Solovjòv, dal canto suo, dormiva, e non lo senti uscir di casa. Quando si svegliò, come faceva sempre, si pose ritto dinanzi alle icone, e recitò .tutte quelle preghiere che ripeteva fin da bambino: il « Padre nostro », il « Credo », la preghiera pei genitori (li aveva già perduti entrambi), la « Madre di Dio », e da ultimo il « Re del Cielo », che gli era particolarmente caro: « Vieni e dimora in noi e purificaci da ogni impurità e salva, benedetto, l'anima nostra». Cosi, a mezza voce, ripeté stamane con più calore del solito, ricordandosi del suo colloquio con Njeustròjev. Egli, nell'intimo, si sentiva un gran benessere. Dormire, non ne aveva più voglia. Era domenica, la scuola non c'era: decise, quindi, di portare lui stesso le lettere del villaggio alla posta. L'ufficio postale era a due miglia di Il. Mentre si lavava, gli venne in mente quanto tempo sarebbe durato ancora quel resto della saponetta che consumava i giorni di festa. « Se tirassi innanzi fino a Pasqua, andrebbe a gonfie vele! » pensò, senza star a definire che cosa sarebbe andato a gonfie vele. Poi calzò i grossi stivali; poi fu la volta del giaccone, che aveva molto bisogno d'esser riparato: la mano destra, infatti, andava a infilarsi ogni volta in un buco, anziché nella manica. « Bisognerà chiedere questo favore alla vedova Afanàsjevna », rifletté, e subito gli sovvenne di Natàlja, la figliuola dell'Afanàsjevna; e, ai pensieri che Natàlja gli suggeriva, scosse la testa, come rimproverandosi. La meravigliosa, candida neve, che ricopriva tutto, e l'aria pura, fredda, gli diedero un'animazione più gioiosa che mai. Là alla stazione, all'ufficio postale, consegnò una lettera sua {l'unica del villaggio), e ne ritirò un'altra, che non era davvero tale da rallegrarlo. Era una lettera del fratello più piccolo, disgraziato ragazzo di ventisei anni, che, lasciato a mezzo il seminario (Solovjòv era figlio d'un diacono), s'era impiegato nella bottega d'un mercante, dov'era stato colto a rubare; poi era passato a far lo scrivano in un ufficio di poBiblioteca Gino Bianco
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