spalle. Lui e suo padre avevano .due lotti e mezzo di terreno, corrispondenti a due ettari e mezzo. Il grano non bastava nelle annate mediocri; del fieno, non parliamone neppure. Non solo, ma d'estate, per governare il bestiame, le vacche per il latte dei bambini, non si sapeva come fare. I maggesi erano brucati raso terra, e appena stava un po' senza piovere, il bestiame affamato muggiva chiedendo foraggio; mentre il mercante e la proprietaria limitrofa avevano tanto di f.ruttet>i,di boschi, di radure, di prati: vieni qua a giornata, cinquanta cÒpèche, a falciare! Tu glielo falci, e loro te lo venderanno: altrimenti, il bestiame ti urla per mancanza di foraggio, e i bambini per mancanza di latte ... Anche prima le cose andavano a questo modo, ma lui non se n'era accorto. Prima, c'era quel mondo delle superstizioni, che gli faceva velo; ora, invece, non soltanto vedeva la realtà, ma la sentiva con tutto l'essere. Ormai niente più gli teneva nascoste tutta la crudeltà e la irrazionalità d'un simile sistema di vita. Non c'era più nrulla a cui credesse per fede: tutto sottoponeva alla critica della ragione. Sottoponendo a questa la vita economica, vi scorgeva non solo un'ingiustizia spaventosa, ma un'ancor più spaventosa assurdità. E lo stesso scorgeva anche nella vita religiosa di quelli che gli stavano intorno; ma gli pareva che questo non fosse altrettanto importante; cosicché continuava a comportarsi come tutti quanti, andando in chiesa, e comunicandosi, e osservando i digiuni, e facendosi i segni di croce nel mettersi a tavola e nell'alzarsene, e pregando mattina e sera. IV. Venuto l'inverno, Jegòr era partito per Mosca, dove quei suoi compagni gli avevano promesso di trovargli lavoro in una fabbrica. Lui era andato là, e il posto s'era trovato: venti rubli al mese, con la prospettiva d'un aumento. Qui a Mosca, in mezzo agli operai, Jegòr, con la stessa chiarezza con cui aveva scorto in campagna rutta la crudeltà e l'ingiustizia della condizione del contadino, aveva I 48 Biblioteca Gino Bianco
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