Diario - anno II - n. 3 - giugno 1986

Ma quella diagnosi di morte non devo più aspettarmela come lontana e improbabile. È già stata fatta, la si legge sui g.iornali, riguarda moltissimi di noi. E quando mai si è disposti a credere vera la diagnosi della propria morte se, come è naturale, non si ha voglia di morire? (Ma quando diventa naturale avere voglia di morire?) Non sarò io a morire - si pensa - sarà il mio vicino di casa. Io avrò ancora tutto il tempo di commuovermi, di rifletterci, di meditare e deplorare le cause probabili e mai certe dell'accaduto. Cioè mi auguro di sopravvivere, rinunciando a compiere, per di ,più, qualsiasi impresa troppo esibizionistica e troppo impegnat,iva sia per il corpo che per lo spirito. Appena arrivato alla stazione di Venezia: gondole piene di tunstl sul Canal Grande, molte coppie di vecchi portate a passeggio sulle acque con accompagnamento delle solite canzoni. A qualcuno potrebbe venire in mente: « ,intrattenimento di moribondi» (è questo che mi viene in mente). Ma che cosa c'è di brutto e di deprecabile nell'intrattenere i moribondi? È una delle poche occupazioni nobili, pietose, umane e sensate. Tutta la cultura che non serve alla riproduzione materiale, non è altro che questo: intrattenimento di moribondi. E magari lo fosse! A volte i moribondi sono esigenti. Si sentiva finalmente libero di non avere né telefono, né televisore, né automobile: e neppure l'appartamento in cui viiveva, quasi ospite e in affitto, in una città {la sola al mondo) in cui non ci sono né ingorghi automobilistici né parchegg,i. Dimostrare raz,ionalmente qualcosa è, nella maggior parte dei casi, un'esibizione inutile. Con le cose che si ha voglia di dire e che vale la pena dire, la forma della dimostrazione e della teoria è poco meno che offensiva per un lettore di media intelligenza. Sarà questa 15 Biblioteca Gino Bianco

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