Diario - anno II - n. 3 - giugno 1986

Diario 3 A. Berardinelli, Carne da progresso. P. G. Bellocchio, Un'eco è un'eco ... H. D. Thoreau, Difesa di John Brown. Biblioteca Gino Bianco

e JìO Rivista di Piergiorgio Bellocchio e Alfonso Berardinelli Anno II, n. 3, giugno 1986 Sommario Alfonso Berardinelli, Carne da progresso PiergiorgioBellocchio, Un'eco è un'eco è un'eco è un'eco ... Henry D. Thoreau, In difesa di John Brown 3 19 43 Redazione: c/o Piergiorgio Bellocchio, via Poggiali 41, 29100 Piacenza. Tel. 0523/23849. Alfonso Berardinelli, via Dall'Ongaro 83, 00152 Roma. Amministrazione: Editrice Vicolo del Pavone Soc. Coop. a r. l., via Romagnosi 80, 29100 Piacenza. Tel. 0523/22777. Questo numero: lire 5.000. Abbonamento a 4 numeri: ordinario lire 20.000; sostenitore lire 30.000; benemerito, da 50.000 a 100.000 lire. Per l'estero, lire 30.000. Versamenti sul c.c.p. n. 10697290 intestato a «Diario», via Poggiali 41. 29100 Piacenza. Chi si abbona precisi sempre da quale numero intende far decorrere l'abbonamento: se dall'ultimo o da quello di prossima uscita. Trimestrale. Autorizzazione del Tribunale di Piacenza n. 352 del 6/6/1985. Direttore responsabile: Piergiorgio Bellocchio. Stampa: Editr. Vicolo del Pavone. Non contiene pubblicità. BibliotecaGino Bianco

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CARNE DA PROGRESSO Finora i filosofi si sono preoccupati di trasformare il mondo, ma ora si tratta di capirlo. Il ,problema non è di accelerare il Progresso, ma di rallentare il Regresso a cui ci costringe il Progresso. Il futuro aliena il presente, come e più del passato. Il passato aliena il presente con Ja sua autorità, il suo splendore, il suo orrore, le sue colpe. Il futuro aliena il presente in cambio di promesse che non verranno mantenute. Leggo il giornale e ogni tanto alzo gli occhi al cielo credendo di poter scrutare la presenza e la consistenza della nube radioattiva. L'oncologo Veronesi ha detto che nei prossimi anni i casi di leucemia e di tumore osseo si raddoppieranno per effetto delle radiazioni. Mi guardo intorno con la paura e la vergogna che il mio sguardo incontr,i qualcuno di questi nuovi casi, e che il loro sguardo incontri me. Biblioteca Gino Bianco

La paura è un fondamentale modo di conoscenza. Ma le nostre paure sono diventate troppo piccole per aiutarci a capire quello che può succedere. Abbiamo paura di imbruttire, di non avere successo, di impover.ire, di non essere come tutti. Per il resto, vengano pure le catastrofi che vogliono. Credere alle catastrofi, ci hanno detto, è mitologia da catastrofisti... - Perché non vieni alla manifestazione antinucleare? - Perché penso che meritiamo di morire di ,radiazioni, e che il nostro modo di vivere ci rende maturi per questo ... La catilstrofe non è la radioattività raddoppiata o decuplicata. La catastrofe sarebbe rinunciare a produrla e comportarsi di conseguenza: abolire gli spot pubb1icitari e le insegne luminose, tenere la macchina in garage... (E ora aspetto che qualcuno mi venga a dire, battendomi la mano sulla spalla, che penso queste cose perché sono depresso, perché sto attraversando un periodo difficile ... Chiunque è pronto a riconoscerti una psiche, quasi nessuno tiene conto che hai un cervelilo.) La Direzione non risponde dei danni. Ci si meraviglia che Ja gente trovi ragioni di allarmarsi per le radiazioni senza aspettare l'ordine del ministero della Sanità e della Protezione Civile. Proposta di parola d'ordine: Cont,:-o l'accentramento delle de4 BibliotecaGino Bianco

cisioni di allarmarsi, libertà di allarmismo! Ci si allarmi liberamente, in modo autonomo e decentrato, ogni volta che si trovano ragioni sufficienti per allarmarsi. Allarmanti, in realtà, sono gli esperti e i burocrati governativi che ripetono in continuazione di non voler creare allarmismi nella popolazione. Che solerti psicologi! Che custodi della nostra tranquillità e della nostra ,pace interiore! Che protettori della distruzione! Le corporazioni degli scienziati, dei ricercatori, dei tecnici, degli operai occupati nel settore nucleare permetteranno mai che la loro produzione venga limitata? Che venga ridimensionato il loro settore? La difesa del posto di lavoro viene pr.ima di ogni altra considerazione. L'occupazione non si tocca. L'industria bellica è troppo sviluppata perché siano possibili la pace e il disarmo. Da tempo in occidente operai e capitale, a parte qualche lite, hanno in sostanza gli stessi interessi e gli stessi gusti. Che cosa significano espressioni come: « radioattività largamente inferiore al limite di rischio fissato dalle normative internazionali »? Significano questo: « Noi ce ne laviamo le mani. Voi potete anche morire, ma senza dubbio una cosa del genere non era prevista dal regolamento e quindi la Direzione non risponde dei danni subiti dal cliente. » Per confutare una teoria non dovrebbe essere necessario, come alcuni sostengono, costruire un'altra teoria concorrente e alternativa (ciò che riguarda i-1 potere sociale di una teoria, non la sua verità), ma semplicemente mostrare che ogni singola 'affermazione, per sé presa e al di fuori della coerenza logica interna alla teoria, risulta non vera, non attendibile, poco precisa se confrontata con la cosa da definire e descrivere. 5 BibliotecaGino Bianco

Ma poi - dice la mia amica - perché la gente dovrebbe credere a ciò che non si vede, perché dovrebbe allarmarsi di fronte a un pericolo invisibile, che non ti dà neppure la febbre, il vomito o il prurito? Perché dovrebbe mobilitarsi moralmente quando resta indifferente, ogni giorno, di fronte alle mille manifestazioni della stessa corsa « in avanti » e verso il « più » che porta poi alla contaminazione e alla distruzione? La novità è solo questa: è la sproporzione fra causa e effetti. Un tempo era necessarfa almeno una forte volontà di compiere il male per poterlo realmente compiere. Oggi si possono compiere omicidi di massa senza averlo neppure veramente voluto, e senza che gli assassinati se ne accorgano. Dovrebbe essere considerato intelligente chi arriva nel modo più semplke e più diretto a distinguere il vero dal falso, ciò che è reale da ciò che non lo è. Modernizzazione dell'intelligenza: sostenere il falso in modo competente. Cioè, avere tutti gli strumenti '(si dice così) per affermare il falso come se fosse vero, e fino al punto di scambiare realmente, senza alcuna malizia, .il reale con l'irreale. Che genio: è un anticipatore! Sì, ma che cosa anticipa? Hegel ha santificato e teologizzato la rivoluzione francese, la rivoluzione industriale e Napoleone. La Sinistra laica e anti-trascendente si è alimentata di una teologia immanentistica della Storia. La Sinistra non è che la versione ingenua, speranzosa, rozza e qualche volta (se va al potere) criminale dell'idolatria borghese dello Sviluppo e del Progresso industriale. Ma perché i rappresentanti della Destra spiritualistica, del cristianesimo tradizionale, i propugnatori del mito e dell'archetipo, i 6 Biblioteca Gino Bianco

sostenitori dell'essere contro il divenire non si decidono a chiedere, dalle colonne dei giornali su cui scrivono, la chiusura delle fabbriche e delle banche, lo smantellamento delle centrali nucleari e il decremento dei mezzi di trasporto, a favore di un ritorno ai genuini, autentici valori morali della società pre-moderna? Loro non si sono mai fatte illusioni sul progresso umano, non hanno mai creduto nelle rivoluzioni e nelle riforme: e allora perché non parlano male della Confindustria oltre che del Movimento operaio? Sono tormentato dai sensi di colpa ... Sì, ma sei sicuro di non avère davvero qualche colpa? Ah no, nessuna, di questo sono certo. Che cosa vorresti • • ;:> msmuare. Quale fisico atomico di valore e sinceramente appassionato al suo lavoro di ricerca rischierebbe di essere « tagliato fuor.i », di non avere più finanziamenti, di inimicarsi colleghi, coordinatori e finanziatori, e infine di rendersi « ridicolo » solo per esprimere i propr.i dubbi personali e non del tutto « scientifici » circa i rischi, l'uso e il futuro della sua amata scienza? Non sono gli scienziati ,peggiori, ma quelli migliori e più riusciti a destare i maggiori sospetti quando vengono interpellati come competenti della questione nucleare « in generale». Una studentessa della facoltà di lettere uscendo dalla mostra sui futuristi allestita dalla Fiat a Palazzo Grassi: « Ma sono sorpassati. Ce l'hanno con le donne ... E poi vogliono la guerra ... ! » Il futuro è sorpassato. La Fiat rende omaggio ai suoi benemeriti e superflui propagandisti. La studentessa di lettere, così incapace di « storicizzare » i fenomeni culturali, si esprime con la più viva e immediata consapevolezza storica. 7 Biblioteca Gino Bianco

« - Ci sono professionisti che mettono in pericolo il prossimo ... E che abbelliscono o minimizzano questo pericolo (anche questo fa parte della loro professione). Cosi ce ne devono essere altri che si incaricano di mettere in guardia il prossimo da questo pericolo. ( ... ) - C'è sempre un competente in ogni ramo. Questa è la cosa più terribile. - Che cosa? - Che lei consideri la distruzione eventuale del mondò come un ramo fra gli altri. .(...) E chi pensa, dice e ripete che dobbiamo fidarci dei " competenti ", mostra, oltre che di essere pigro, di essere assolutamente incompetente: nel ramo " fine del mondo ". » (da Gi.inther Anders, Essere o non essere, Einaudi 1961.) Declino della paura. Gli abitanti pulitissimi delle metropoli dei paesi sviluppati ·hanno più paura di una cacca di mucca che di una centrale atomica. E poi morire di radiazioni somiglia di più a un film televisivo, è più eccitante e moderno ... Meglio mor.ire in una esplosione di luce, che vivere al lume di candela! L'umanesimo dei padri della fisica moderna, il vecchio consolante umanesimo di un Albert Einstein è del tutto as·sente negli scienziati di oggi. Fa paura la loro intelligenza di ragazzini precoci mal cresciuti, che considerano l'universo un giocattolo e Ja carriera una gara scolastica .in cui avere sempre i voti più alti. Il loro sguardo vispo e sornione, quando li vediamo comparire nei dibattiti televisivi, non è affatto rassicurante, qualsiasi cosa dicano. Si vede troppo bene che per loro l'umanità è un concetto molto generale e molto vago, pensano troppo in grande e troppo in piccolo per riuscire a capire la miserabile ansia di chi rivolge loro delle domande. Per quasi tutta la vita hanno avuto a che fare solo con colleghi competitivi o con uomini politici che erano loro a decidere quanto stanziare per la ricerca e in quale settore. g Biblioteca Gino Bianco

I commentatori di sinistra sottolineano e valorizzano la « voglia di vivere» dei manifestanti contro le centrali nucleari. Ma quale vita hanno voglia di vivere? Riuscirebbero a fare a meno di una serata di televisione e del pieno di benzina di domani? La voglia di vivere di noi europei è da tempo diventata oscena. Perfino il nostro pacifismo di mangiatori di risorse lo è. « Lo sviluppo non si può fermare»: lo ha r.ipetuto, come un pappagallo, il nostro attuale presidente della repubblica, uomo devoto. Davvero non si può, non si potrà fermare mai? Si è mai vista, umanamente parlando, una cosa del genere, qualcosa che non si ferma e non si fermerà mai? Altro che materialismo gretto, questo è idealismo assoluto! Si sacrifica tutto (senza voler rinunciare a niente) in nome di un'Idea diventata Produzione per il Profitto, idea ormai del tutto priva di alternative su tutta 1a terra, dato che, se non ho capito male, siamo tutti antistalinisti e antipauperisti... È l'esistenza stessa dei cosiddetti paesi sviluppati (Usa, Giappone, Germania federale, Francia, Gran Bretagna, Canada, Italia ...) a rendere impossibile l'eliminazione del mito del Progresso. Il mito del Progresso sono questi paesi, con i loro governanti e i loro governati, con la loro industria e i loro livelli di vita, con le loro grandi città, i loro giornali, i loro programmi televisivi. Sono diversi decenni che questo mito del Progresso viene dichiarato superato: ma non si trova il modo di farne a meno, quando si tratta di vita pubblica, di retorica pubblica, di opinione pubblica. Tutti gli intellettuali si dichiarano immuni dal mito del Progresso e tutti hanno paura di passare per passatisti, sono cioè progressisti e anti-progressisti nello stesso tempo. Chi chiamerebbe, pubblicamente, Regresso qualcosa che è avvenuto oggi rispetto a qualcosa che è avvenuto ieri? 9 Biblioteca Gino Bianco

« Le parole " sviluppo ", " crescita ", " ripresa ", " produrre ", " guadagnare ", " -investire ", ricorrono con rassicurante frequenza. È certamente dagli anni lontani del " miracolo economico " che la assemblea nazionale degli industriali privati non ascoltava dal suo presidente un discorso cosi promettente per il futuro. » (dall'articolo intitolato Lucchini: « Lo sviluppo siamo noi» di Vittorfa Sivo, « La Repubblica», 23 maggio 1986.) Nessuna eco dei pensosi dibattiti sulle sorti del progresso, sull'uso della tecnologia, e sui rischi del pianeta terra nell'assemblea degli 1ndustriali italiani. Perché meravigliarsi, se anche il verduraJo in piazza e Ja trattoria all'angolo della strada hanno cercato di venderci le loro .insalate proibite dalla legge pur di non perdere qualche migliaio di lire? Pensate che la natura umana si modifichi per qualche radiazione in più? Ad alcuni l'ira ,per la vita che sono costretti a vivere gli va nell'addome e nel tessuto adiposo. Ad altri, ne1le ossa, nei tendini e nelle vene. In altri ancora l'ira si trasforma in fame di vJta, e escono a comprarsi qualcosa di superfluo, una matita o una pelliccia. In altri, infine, prende la forma di quella ben nota sete di conoscenza che sistematicamente distrugge ogni oggetto di conoscenza, facendo del conoscere qualcosa di troppo simile al divorare. L'intellettuale che scrive su un giornale che la stupidità ha invaso il mondo da molto tempo e poi, dopo una tale constatazione, procede oltre e afferma che si deve procedere oltre, non ha capito i perkoli che corre. La stupidità « che ha da tempo invaso il mondo » non è una cosa da poco, non è un tema o una tappa superabile in fretta, perché è essa stessa f.iglia della fretta e si esprime di preferenza nell'impulso a procedere oltre. 10 Biblioteca Gino Bianco

- Di fronte ai professori universitari mi sento sempre in difetto, impreparato. Quando penso a loro, sento che mi manca la tecnica... - Non ti preoccupare: ha la tecnica chi non ha di meglio. Episodico, frammentarJo: cioè scrivere solo se ne hai voglia. Sistematico, professionale: cioè scrivere anche quando non ne avresti voglia, nessuno te lo chiede e non hai niente in testa. È vero che non esiste l'interpretazione giusta, ma è altrettanto vero che esistono le interpretazioni sbagliate. Il fatto che non ci sia la Verità non ci ha liberato affatto dagli Errori. Si può andare fuori strada anche se si gi.ra in macchina senza meta. « Nella nostra città c'è una legge terribile (è stata fatta per errore, ma ormai c'è), secondo la quale chiunque voglia un congegno meccanico ha diritto di averlo, ma dopo av,erlo aviuto non può più smettere di usarlo. » Edith Nesbit, La città magica (1910) « Quando vedete qualcosa che è tecnicamente attraente, vi mettete all'opera, e cominciate a discutere il suo impiego soltanto dopo esser giunti al successo tecnico. È cosi che abbiamo fatto con la bomba atomica.» Robert Oppenheimer (citati da Freeman Dyson, Turbare l'universo, Boringhieri 1981.) Biblioteca Gino Bianco

Lutto per se stessi. Se il nostro modo di vivere richiede un consumo sempre maggiore di energia, allora, forse, la nostra voglia di vivere è ben lugubre, la voglia di vivere dei nostri figli vuole e merita la catastrofe nucleare. Non ho nessuna tenerezza e pietà per i nostri bambini divoratori di merci. Non sono innocenti. Abbiamo tolto loro l'innocenza, li abbiamo corrotti rendendoli responsabili di quello di cui noi stessi ci siamo lavati le mani. Abbiamo scaricato su di loro le nostre responsabilità. È 1per non reprimerli, è per farli crescere senza frustrazioni e senza conflitti che li abbiamo arruolati nell'esercito dei distruttori. Le centrali atomiche e i loro indubbi vantaggi. Come allevare in casa dei cuccioli di tigre nella speranza di tenere lontani i topi. Lei che stava per morire, che sarebbe morta dopo qualche giorno, che si sarebbe suicidata la settimana dopo, aveva, sotto il sole di maggio, lungo il viale, mentre aspettava l'autobus, un'espressione quasi frivola, timida e imbarazzata, come se avesse ancora molto a cuore la benevolenza degli altri. Gli italiani: popolo di fronte al quale, chissà perché, qualsiasi altro popolo del mondo ci fa la figura del moralista. 12 BibliotecaGino Bianco

Ottimisti professionali: I Soliti. .. Pessimisti ornamentali: Manganelli, Ceronetti, Bufalino, ecc. Pessimisti indecisi e incoerenti, con soprassalti di ottimismo: tutto il resto della ,popolazione, più o meno. - Ma come?, se· ti interessi di letteratura, perché ti metti a parlare di politica? - Ne parlo come ne parlano tutti, al bar, al telefono, in treno, facendo la fila all'ufficio postale, sfogliando il giornale. Non avrei i titoli per parlare di niente, proprio come tutti. Per questo mi viene voglia di ,parlare di tutto, quasi con tutti. Da un manuale di lingua itaHana per stranieri: « Sig. Miller: In questo paese non si può vivere! Sig. Rossi: Non esageriamo! La s,ituazione non è certo tranquilla, ma non è peggiore di quella di altri paesi. Sig. Miller: Come fa a dirlo? Basta aprire il giornale: attentati, scippi, rapine, omicidi, sequestri, atti di terrorismo ... Sig. Rossi: Intende dire che qui il sistema democratico non funziona? Sig. Miller: Appunto! In un paese dove ci sono più poveri che ricchi, non esiste una vera democrazia. Sig. Rossi: Ma qui abbiamo l'arma dello sciopero per protestare contro le ingiustizie sociali. Sig. Miller: Infatti quasi ogni giorno c'è uno sciopero, ma in effetti nulla cambia. (...) » Estremista o reazionario? Il bisogno d'amore è molto più diffuso, è molto più grande della capacità di soddisfarlo. Quando arriva l'appello disperato, chi dovrebbe accorrere senza indugiare un attimo è sempre in preda a 13 Biblioteca Gino Bianco

tutt'altri pensieri, e preferisce rimandare l'incontro a un momento migliore. Nel chiuso della propria coscienza e della propria vergogna, la soUta esclamazione f.inale: « Che cosa ho fatto! Ma io non volevo...! » Teoria della letteratura. Rimpianto per i tempi m cui letteratura significava soltanto questo: dire nel modo migliore qualcosa di interessante. - Perché scrivi aforismi? Non ti ,pare terror,istico e presuntuoso? - Non sono afor.ismi. Sono frasi, solo frasi, che non sanno dove mettersi. Nel caso di una diagnosi di tumore maligno, pensavo che non mi sarei rassegnato a inseguire la stupida iUusionedi guarire, costringendo gli altri a raccontarmi delle storie amene su quello che mi aspettava, passando da una degenza all'altra, da un intervento chirurgico all'altro. Avrei cercato invece di andare io stesso incontro alla morte, senza sottopormi alla trafila delle analisi e delle cure, ma progettando qualche impresa eccezionalmente rischiosa, straordinariamente esaltante o piacevole, di particolare valore pubblico o significato personale ... Scalare montagne, attraversare deserti, foreste e regioni impervie, sedurre Shirley MacLaine o Julie Christie, sfinirmi in lunghi viaggi e in tentativi insensati, o mettere a punto un piano per uccidere qualche boss del crimine organizzato, un politico, un'industriale o uno scienziato che si fosse reso responsabile dell'avvelenamento dell'aria, della terra e dell'acqua ... 14 BibliotecaGino Bianco

Ma quella diagnosi di morte non devo più aspettarmela come lontana e improbabile. È già stata fatta, la si legge sui g.iornali, riguarda moltissimi di noi. E quando mai si è disposti a credere vera la diagnosi della propria morte se, come è naturale, non si ha voglia di morire? (Ma quando diventa naturale avere voglia di morire?) Non sarò io a morire - si pensa - sarà il mio vicino di casa. Io avrò ancora tutto il tempo di commuovermi, di rifletterci, di meditare e deplorare le cause probabili e mai certe dell'accaduto. Cioè mi auguro di sopravvivere, rinunciando a compiere, per di ,più, qualsiasi impresa troppo esibizionistica e troppo impegnat,iva sia per il corpo che per lo spirito. Appena arrivato alla stazione di Venezia: gondole piene di tunstl sul Canal Grande, molte coppie di vecchi portate a passeggio sulle acque con accompagnamento delle solite canzoni. A qualcuno potrebbe venire in mente: « ,intrattenimento di moribondi» (è questo che mi viene in mente). Ma che cosa c'è di brutto e di deprecabile nell'intrattenere i moribondi? È una delle poche occupazioni nobili, pietose, umane e sensate. Tutta la cultura che non serve alla riproduzione materiale, non è altro che questo: intrattenimento di moribondi. E magari lo fosse! A volte i moribondi sono esigenti. Si sentiva finalmente libero di non avere né telefono, né televisore, né automobile: e neppure l'appartamento in cui viiveva, quasi ospite e in affitto, in una città {la sola al mondo) in cui non ci sono né ingorghi automobilistici né parchegg,i. Dimostrare raz,ionalmente qualcosa è, nella maggior parte dei casi, un'esibizione inutile. Con le cose che si ha voglia di dire e che vale la pena dire, la forma della dimostrazione e della teoria è poco meno che offensiva per un lettore di media intelligenza. Sarà questa 15 Biblioteca Gino Bianco

. ) la ragione per la quale la gente non arriva mai a convincersi di qualcosa per il solo fatto che è stata dimostrata razionalmente. La ragione ha i suoi professionisti, ,i suoi sofismi e la sua routine, cose di cui i non addetti ai lavori hanno imparato a diffidare. Produrre dimostrazioni è un lavoro come un altro, e si comperano dimostrazioni già belle e confezionate solo quando questa merce particolare diventa, per ragioni sociali e occasionali, strettamente necessaria. Ma le sole dimostrazioni che contano sono quelle fondate su un'esperienza fatta di persona, e non va sottovalutato il bisogno di solide ihlu:sioni,piuttosto che di certezze salde, bisogno che si manifesta nella maggior parte del tempo che si vive e nella maggior parte dei viventi. Quasi tutto il sapere utile basta mostrarlo, non c'è bisogno di dimostrarlo. Si tratta di aiutare la memoria e di attirare J'attenzione, più che di convincere. Per lo più, invece, dobbiamo produrci in dimostrazioni solo in presenza di colleghi ostili o di gente ottusa, a cui importa di più metterci alla prova, saggiare la nostra competenza avvocatesca che non constatare o rammentare qualcosa di vero. I nostri bambini sempre puliti, con le loro biciclettine, le loro stanze dei giochi ripiene di giocattoli, con le loro merendine in ceJlofan, con i loro televisori sempre accesi, sono i divoratori e i distruttori dei bambini dei paesJ.poveri. Siamo i primi antropofagi su vasta scala, su scala planetaria. Abbiamo divorato carne umana, interi popoli. I nostri mercati e supermercati sono ripugnanti, e noi ci aggiriamo in essi, il sabato sera, con un senso di conforto sentimentale. Ci sentiamo in famiglia, avvolti nelle musichette, facendo la fila alla cassa, con il carrello pieno. Che sapore di ,patr,iadavanti a una vetrina illuminata! Enormi macchJ.nesi levano in volo quotidianamente bruciando tonnellate di carburante e portando da una parte all'altra del pianeta uomini e donne che sarebbero più utili o meno nocivi se restasse,ro a casa. 16 Biblioteca Gino Bianco

Non sopporta di stare in aereo chi sogna ancora di poter volare, prima o poi, con le proprie ali. Quello strano cappottino di trapunta bianca che, nel sogno di poco fa, indossa mio figlio, solo, in quella lontana piazza cosl familiare, mentre io che finalmente l'ho ritrovato mi avvicino a lui offrendogli di tornare a casa, quel cappottino bianco è il lutto che io stesso porto per la sparizione di sua madre, mentre 1ui non è solo mio figlio, è anche mio padre bambino, in una vecchia foto, è mio padre sparito, è lui che finalmente ho ritrovato e che invito a tornare a casa, ed è anche per questo, per la sua lunga assenza, che io, in 1ui, porto il lutto. Cioè sono io stesso, figlio e padre, che porto il lutto per loro e per me, mentre siamo sul punto di sparire. Alla fine, Simone del deserto dovette subire l'ultima tentazione. Il demonio, in forma di moderna seduttrice, lo trascina con sé, naturalmente in aereo, in una sala da ballo, naturalmente a New York. E qui, seduto ad un tavolo con la sigaretta fra le dita, lo sguardo paziente e perso nella contemplazione del vuoto rumoroso che lo circonda, Simone lo stilita, con barbetta e maglione accollato, buttando uno sguardo alle coppie indemoniate che ballano, chiede alla diavolessa: « Come si chiama questo bal,lo? ». E lei, eccitata e trionfale, risponde: « Carne radioattiva! » 17 BibliotecaGino Bianco

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UN'ECO E' UN'ECO E' UN'ECO E' UN'ECO ... 1. Mysteria. Arbasino: « Cosl come adesso dicono certi scrittori americani allibiti per i,l successo del Nome della rosa di Umberto Eco. Dicono cioè: non è un libro ruffiano e corrivo, non è l'opera terza o quarta di un autore già notissimo, non ha sesso, manca di vittime interessanti nella trama poliziesca, manca di religiosità mistica nella situazione conventuale, non ha avuto una pubblicità madornale, raggiunge utenti anche là dove non arrivano -né mafie recensorie né culti di " campus "... Insomma: quale corda misteriosa tocca che noi non sappiamo? » Gli americani, va bene ... Però si vorrebbe anche sapere se ad .Arbasino il libro è piaciuto. Insomma: la « corda misteriosa», a lui, gliel'ha toccata? Placido: « Che cosa ha provocato il successo internazionale de Il nome della rosa di Umberto Eco? Le comunicazioni di massa, rispondono in coro i letterati invidiosi. Dimenticando che il romanzo di Eco è stato scritto contro tutte le regole di confezione dei bestseller; che ha avuto lo stesso imprevedibi1lesuccesso nei paesi più diversi e impensati; che non è stato assistito da nessuna campagna pubblicitaria particolare. » I letterati invidiosi, certamente ... Ma insomma: a Placido il romanzo è piaciuto o no? Venissimo a caiplche sò misteri! 19 Biblioteca Gino Bianco

2. Una zuppa è una zuppa è una zuppa è-una zuppa ... Cliente. Cameriere, questa zuppa è immangiabile, Cameriere. La nostra Zuppa Medievale! Ho capito bene? Cliente. Ha capito bene. Immangiabile. Cameriere. La famosa Zuppa Medievale! Sono sbalordito. Letteralmente allibito. Mi consenta di farle notare che da quando il nostro geniale chef Umberto d'Alessandria l'ha inventata, di Zuppe ne abbiamo servite decine, che dico: centinaia di migliaia, milioni forse ... Questo è il primo reclamo in sei anni ... Non sarà per caso un cuoco invidioso? Cliente. ? ! Cameriere. Mi sous·i. Può ben immaginare che di invidiosi (cuochi o non cuochi) ce n'è tanti; però mica gli conviene darlo a vedere e quindi o fanno finta di niente o riconoscono, almeno a parole, le qualità della Zuppa ... Ma lasciamo pe1.1derequeste miiserie... Si guardi intorno, nella sala. Non c'è tavolo dove non sia servita la Zuppa Medievale. Osservi iJ.'eccitazionegenerale, l'entusiasmo, la beatitudine, come brillano gli occhi, inquieti, ilari ... La Zuppa è gradita a tutti i palati, dal più sofisticato al più ingenuo ... Il .8uo successo non conosce barriere d'età, ceto, opinione: il professionista, l'insegnante, il terrorista pentito, la signora bene, la massaia, il piccolo-borghese e il prooetario ansiosi di migliorare il loro status, il pensionato, lo studente ... tutti ne sono sedotti, coinvolti, incantati. La nostra è una clientela assolutamente internazionale: americani, giapponesi, olandesi, croati, finlandesi, catalani, valacchi, turchi, brasiliani, rumeni, islandesi... La Zuppa è il sigillo culinario al successo mondiale del « made in Italy » e uno dei fenomeni ecumenici più significativi dei nostri tempi. Sono sei anni che dura il boom, il miracolo, e tutti sempre daccapo a chiedersi il segreto della ricetta, a scervellarsi sugli ingredienti, a discutere i dosaggi, i tempi di cottura ... Fanno ipotesi, confrontano, stabiliscono paralleli, collegano indizi, anailizzano, diagrammano, tabellizzano, litigano, scommettono, si divertono da matti, implorano daHo chef la rivelazione della formula ma20 BibliotecaGino Bianco

gica... C'è ormai una biblioteca sulla Zuppa ... E per venire incontro ai palati più inesperti, per facilitare un primo orientamento, è uscita di recente la Guida alla degustazione della Zuppa, una raccolta di saggi (una minima scelta tra tutti quelli pubblicati), conditi di presentazione, glosse, bibliografie ... insomma le essenziali istruzioni per J'.uso... Cliente. Mi spiace d'averla turbata. Senza offesa, questa zuppa non mi piace. Mi porti un'altra cosa, qualunque cosa... Cameriere. Non le piace, in che senso? Cliente. Ma cosa vuole che le dica ... Non mi piace perché è fondamentalmente insipida e quel poco di sapore che possiede è disgustoso. Cameriere. Che cosa mi tocca sentire: il. .. «sapore»! Mi meraviglio di lei. È mai possibile oggi affidarsi ancora a parametri cosl biecamente soggettivi, a-scientifici, inveriHcabili come, con decenza parlando, il « sapore »? Cliente. Veramente ... trattandosi di una cosa da mangiare, mi sembrava che il sapore fosse il requisito principale. Senza contare che anche l'odore, pur sca·rsissimo, è abbastanza ripugnante ... Cameriere. «Odore»! «Sapore»! Per cortesia, mi risparmi categorie così irrimediabilmente arretrate, così disperatamente banali. Il problema non è quale sapore abbia la Zuppa. ossia che cosa significhi, ma: come ha sapore, come significa. Teniamoci quindi, per favore, a paradigmi un po' più affidabili. Proceda atla ricognizione degli indizi, alla decifrazione dei segni, decodifichi gli ingredienti... Cliente. Ma cosa vuole che me ne importi? Cameriere. Lei non può essere cosl rozzo come vuol sembrare. La Zuppa è un piatto « aperto », che esige Ja sua collaborazione. Il piacere, il godimento sta tutto nel decostruire la Zuppa man mano che Ja si consuma ... Provi, si sforzi: un indizio, un dettaglio ... Coraggio, mi nomini un ingrediente. Cliente. Mah ... L'acqua. Molta acqua. Cameriere. E lo dice cosl, come se niente fosse! Lei è proprio strano. L'acqua! Si rende conto? L'acqua, l'elemento liquido ... Pensi a Eraclito: Panta rhéi. « Non possiamo bagnarci due volte nelle acque dello stesso fiume. » Ricorda il Principio d'Archi21 Biblioteca Gino Bianco

mede? Un corpo immerso in un filuido riceve dal basso verso l'alto una spinta pari a1 peso del liquido spostato ... Pensi all'acqua del Battesimo, pensi al Cristianesimo... pensi alle eresie, alle abbazie... a quell'abbazia, alla biblioteca dell'abbazia... Vede, quasi a caso, per gioco, abbiamo ottenuto una catena metonimica di prim'ordine: acqua-Eraclito-ArchimedeBattesimo-Cristianesimo-eresia-abbazia-biblioteca... Badi che non pretendo d'imporle nessuna griglia, nessuna pista particolare ... Le sto solo suggerendo un metodo, per entrare nel Gioco... Questa Zuppa, lei deve interrogarla, usarla come uno specchio, farsene coinvolgere, mi sono spiegato? Su, adesso mi nomini il colore della Zuppa. Cliente. La vuol capire che non m'interessa? Cameriere. Ma iperché rinunciare a un'opportunità cosl ghiotta e per di più gratuita? Se le regalassero un biglietto deHa Lotteria, lo rifiuterebbe? Una lotteria dove si vince sempre? Vorrebbe forse disinteressarsi di una Zuppa incessantemente interrogata dall'umanità per ottenere risposte ai problemi fondamentali dell'esistenza? Può anche, se vuole, batterci sopra col cucchiaio: la Zuppa è Il apposta, per produrre schizzi di senso, all'infinito: c'è senso per tutti. E lei sceglie di restarne fuori? Non sia assurdo. Suvvia, il colore, il nome d'un colore... Cliente. Uffa... Vedo qualcosa di bianco, di giallo... Cameriere. Buona mossa. Complimenti, un bel passo avanti per procedere nel Gioco. Bianco e giallo: dunque, la Zuppa è in relazione indiscutibile con tutte le cose bianche e le gialle. Con la bianchezza e la giallità. Una foresta di analogie, una miriade di associazioni, un mosaico di sincronie e discronie... Un baraccone di metafore. Ce n'è davvero per tutti. Bianco: castità, morte, spettri, Gordon Pym, Moby Dick, la vocale E (Rimbaud) ... che è poi, si rende conto?, l'iniziale di Eco... Da non crederci! La tonaca dei domenicani e dei cistercensi ... il Papa ... Cliente. La neve, gli orsi bianchi... Cameriere. Bravo. Vede quante spie, quante tracce! Quante catene! 22 Troppe, forse, per un esordiente come lei. Anche perché il bianco implica inevitabilmente, per opposizione dialettica, il nero: luce-tenebra, grazia~peccato,paradiso-inferno, AufklarungBibliotecaGino Bianco

oscuramento ... E, naturalmente, il grigio sintesi, compromesso, purgatorio - in una gamma di gradazioni pressoché illimitata ... È più pratico tenersi al giallo. La razza gialla. La maglia gialla. Bandiera gialla: la peste ... Cliente. L'itterizia, l'orina ... Cameriere. Certamente. Il giallo del semaforo: sospensione, attesa ... The Yellow Boole di Beardsley... Via, non mi dica che non le viene in mente ... gliel'ho praticamente detto ... è troppo facile... Cliente. La maionese. Cameriere. Ma no! Un piccolo sforzo... « Elementare, Watson »... Ma i libri gialli, che diamine! La tragedia del XX secolo! Sherlock Holmes, il rpadre della critica moderna! E Dupin, il nonno. E Padre Brown, lo zio... Cliente. Maigret ! Cameriere. Poirot! Cliente. Pinkerton! Il tenente Sheridan! Cameriere. Nero Wolfe! Sam Spade! Philip Ma'l'lowe! Cliente. Il commissario Zuzzurro! Cameriere. Bravo, continui ... Vedo che comincia a el'l.trarenello spirito del Gioco. Si apra all'avventura. Questa Zuppa è totale, cosmologica, inesauribile. Contiene tutte le wppe e rimanda a tutte ,le mppe. È l'Aleph delle zuppe. Per stanarne gli infiniti s-ignificatipuò ,praticare pressoché qualunque tipo di pista: semiotica, antropologica, bulgara ... inter-, para-, meta-, pre-, post-, sub-, infra-, cis-, trans-testuale... verticale, trasversale, convergente, parallela ... analogica, anagogica, allegorica, archetirpica, simbolica, apocalittica, integrata, labirintica, reaganiana, 1podermica... Può servirsi di Borges, Tommaso d'Aquino, Conan Doyle ... Vanno bene il pensiero gnostico e « La Settimana Enigmistica» ... Ottimi Peirce, Walt Disney, i Marx Brothers: Karl, Groucho, Harpo, Chico... la Patristica, la Scolastica, la Teologia della liberazione, il tressette, la termodinamica, il gioco dell'oca, la teoria delle catastrofi, la tombola ... La cosa migliore, per cominciare, sarebbe che si leggesse un po' la Guida alla degustazione della Zuppa di cui le ho già parlato: c'è fior di cuochi, medievisti, cuochi medievisti, gourmets, accademici dell'aria fritta, specialisti dell'acqua montata, affermati assag23 BibliotecaGino Bianco

giatori semici, promettenti sguatteri di concetto, passeggiatr1c1 inferenziali, scienziati orgasmici, Jacché spasmodici, teologi eretistici: il Pocazzi, il Nonligiova, il Burino, il Merdoke, il Merdonti, il Kemmay, la Crebe-Gmlla, la Ciucostovkh, il Granitina, il Ruillalatte, il Cazzaria... È vero che all'inizio bisogna vincere un certo disgusto. Ma è un disgusto con funzione iniziatica. Presto la Zuppa comincerà a piacerle, e via via sempre di più, fino a non poterne più fare a meno ... Solo apparentemente questa Zuppa è una zuppa ... Cliente. Volevo ben dire: non è una zuppa! Ecco perché non mi piace ... Cameriere. Ecco che torna a sbagliarmi le regole! Mi delude ... Una zuppa ... Ma una zuppa è una zuppa è una zuppa è una :ruppa... Coglie la citazione? Certo che non è una zuppa. Questa è la Zl]ppa. È una macchina per riflettere, per giocare, per produrre interpret~zioni. È un oggetto di culto su cui esercitare la preghiera deHa decifrazione. Giocare con la Zuppa è un rito. Questo è e non è un ristorante ... Cliente. Ah! Ora capisco... Cameriere. È anche un casino, una biblioteca. È un Tempio. Io non sono semplicemente un cameriere. Sono anche un esegeta, un prosseneta, un croupier, un medium, un sacerdote. La Zuppa, ormai l'avrà capito, è un'Agape, un'Eucaristia. Il confronto non sembri esagerato, o irriguardoso: si sta parlando dell'« Eucaristia dei nostri tempi». Tempi apocalittici, cioè anticristici. Post-moderni. Dunque, un'Eucaristia ironica, inevitabilmente. Una parodia. Come il Don Chisciotte è una parodia dei romanzi cavaJlereschi. Come l'Ulysses è una parodia dell'Odissea e insieme è « l'Odissea dei nostri tempi ». Come Il nome della rosa è la parodia della Bibbia e insieme è indubitabilmente « la Bibbia dei nostri tempi ». Cliente. Sapevo di vivere in tempi brutti. Ma non immaginavo fino a questo punto. 24 Biblioteca Gino Bianco

3. Chi può dirlo? Ma ha poi senso prendersela con un non-romanziere perché ha scritto un romanzo che m'ha annoiato a morte, e questo romanzo è diventato un best-seller? Non è mica il suo mestiere, quello di scrivere romanzi. Né il mio, quello di leggerli. E se si è montato la testa, biisogna capirlo, con tutto quel che hanno detto i critici. D'altra parte, come si fa a prendersela con l'idiozia dei critici? È il loro mestiere. Il punto però è che quando l'idiozia tocca punte abissali, l'idiozia passa in second'ordine e s'impone la legge dell'abissalità. La dimensione eclissa la qualità. Il fatto stesso che per misurare Il nome della rosa si ricorra a metri spropositati, si evochino valori supremi, basta a farmi cadere in stato confusionale. Al di sopra di una certa quota soffro di vertigini, le profondità eccessive mi schiacciano, e ogni mia sicurezza vien meno. For,se, per incredibile che sembri, Il nome della rosa vale davvero quanto Il corsaro nero ... Forse, chissà, perfino di più, mo1to di più: I tre moschettieri ... Ma perché fermarsi? I promessi sposi, Sterne, Rabelais, Cervantes ... Chi può divlo? Come escludere, in coscienza, che la farneticazione critica abbia ragione? Per limitarmi a un esempio, iilNon1igiova in una glossa al Rullalatte (la fonte è la già citata Guida alla degustazione della Zuppa) ci fa notare che nel Nome della rosa è assente il livello anagogico, che invece nella Divina Commedia è rappresentato dalla terza cantica. Sono colpi da k.o. per un letterato di mezz'età, media owtura e moralità come il sottoscritto. Masochisticamente resisto, mi sforzo di sopportare il confronto Eco-Dante sviluppato dal Gonnavio'la. A differenza di Dante (argomenta i.INinavoglio) Eco, dovendo fare i conti con la disperazione etica e Ja teologia negativa dei nostri tempi, si vieterà doverosamente il livello anagogico, e quindi non potrà che scrivere una tragedia (e che cosa sarebbe il poema di Dante, privato del Paradiso, è sempre il Nonvaligio che parla, se non precisamente una tragedia?). Dal momento poi che la forma tragica par excellence del XX secolo è il giallo, poiché (sempre seguendo il ragionamento del Vogliolina) non cessa di riproporre hl problema etico fondamentale, quello del Male, Eco scriverà, inevitabilmente, un romanzo 25 BibliotecaGino Bianco

giallo. Come, ,si suppone, farebbe Dante se vivesse ai nostri giorni. D'altra parte, se le formule critiche usate per Eco hanno valore generale, occorre essere preparati a tutto. Il riferimento a Peirce è obbligatorio o solitanto opportuno? L'opera d'arte va vista sempre come una metafora epistemologica? Sotto il ,profilo della semiosi illimitata, è ben possibile che, poniamo, Stendhal non regga il confronto con Dumas. La labirinticità è di rigore? Sarà abbastanza intertestuale Verga? E che ne sarà, che so, di Kafka e Proust se Il processo e Albertine disparue devono esser considerati per forza dei gialli? È evidente che risulteranno deficitari rispetto a Agatha Christie. Forse il Pàntheon letterario ha trovato ora in Eco hl Number One, dato che Il nome della rosa contiene e presuppone tutto quanto è stato pensato e scritto, dalla Genesi a Borges. Tutto, ma propdo tutto, in Eco è déjà lu: questo riconoscimento gli è francamente dovuto. Sono frastornato, dubbi atroci mi tormentano. In termini echiani: Nuova Frontiera Critica o Sputtanamento Globale? Tuttavia, dentro ogni artista, anche il più grande, sotto il costume del teorico, c'è sempre un uomo. Nel caso di Eco, quest'uomo è anche da un trentennio un critico di costume ipuntmcle e innegabilmente efficace (ahimé). Ogni due-tre anni raccoglie i suoi articoli in volume. Qui Eco commenta fatti di cronaca e di cultura, le esperienze di tutti, prende partito, giudica, boccia, promuove ... Qui tocco terra, non corro più il pericolo di perdermi nei labirinti o attraverso gli specchi, soffocare nell'atmosfera rarefatta del maxirebus, del superquiz, del cruciverba gigante... .Appartiene a questo genere Sette anni di desiderio, una raccolta di articoli usciti tra il '77 e 1'83 (prevalentemente sull' « Espresso »). Anni, a detta di tutti, difficili, « complessi ». Anni critici, che lasciano il segno anche sullo stile della prosa di Eco. Anni che non potevano non essere sette. Non mi sfugge la pregnanza del fatale numero Sette in rapporto all'opera di Dio, di Eco e alla storia universale: i sette giorni della Creazione, i sette giorni del Nome della rosa (sette capitoli, sette delitti ecc.), le sette Piaghe d'Egitto, i sette Sigilli dell'Apocalisse, i sette Peccati capitali, i sette Sacramenti, la Danza dei sette veli, I Sette a Tebe, le sette Meraviglie, i Sette Colli e i sette Re di Roma, i Sette Maestri del tempo Chien-an, i Sette Saggi del boschetto di bambù, 1 sette pilastri della saggezza, Bi oteca Gino Bianco

Seven up, Sette e mezzo, Scopa (primiera e ,settebello), le Sette Sorelle (Mobil, Texaco, Standard Oil ecc.), Sette anni di guai, Biancaneve e i sette nani, I sette samurai, Sette spose per sette fratelli ecc. ecc. Tuttavia mi si scuserà se preferisco rivolgere l'attenzione ad altri aspetti del libro. 4. La forza dei nervi distesi. Se fino a:d allora Eco poteva esser convenientemente definito « celui qui est trop gai», dopo i Sette anni di desiderio s'impone una modifica: « celui qui est trop hardi ». Infatti, senza che venga mai meno la gaieté per cui il Nostro è universalmente noto, che anzi non cessa di affliggerci a ogni pagina, il messaggio che costituisce la vera novità del libro è l'appello all'hardiesse. Impossibile non restar oo1piti dalla sistematica frequenza di espressioni quali « bisognaavere il coraggio », « nervi saldi» e simili, e sempre nei momenti strategicamente decisivi del discorso. Fin dal pezzo d'apertura (1980), che dovrebbe rappresentare una difesa dello « spirito del '68 » dall'accusa di esser stato pari pari la matrice del terrorismo, Eco proclama che « bisogna avere il coraggio e fa serenità di vedere quanto, in un'epoca di genera1e eccitazione, ci fosse di nuovo, di positivo, di razionale» (p. 12: corsivo mio, e cosl di seguito per tutte le citazioni dal libro). Ma subito prosegue: « e quanto fosse ingenua metafora; e quanto fosse ambiguità, e confusione ». E ancora: « Sono auspicabili tutti gli esami di coscienza». Nonché « tutte le più impietose analisi degli errori, delle il1usioni, delle leggerezze ». Donata altrui la gloria dell'autocritica, Eco elegge a sé il dovere sacrosanto di vendicarsi di quegli estremisti che nel '68 lo trattavano da « sporco borghese» solo perché non era disposto a adottare il dogma marxista-leninista e che ora sono diventati mistici: « sfacciati e impuniti». La difesa del '68, dopo aver rischiato di capovolgersi in una condanna quasi senza remissione, si riduce infine a questo: a) c'ero anch'io (dato che « c'eravamo tutti», anche la stampa borghese; e comunque io mi distinguevo fin d'ail27 Biblioteca Gino Bianco

lora per onestà intellettuale e impavida lucidità); b) non tutto era sbagliato. Un po' poco, per un uomo cosl coraggioso. Anche il secondo e il terzo pezzo riguardano gli « orfani del 68 », e Eco li invita coraggiosamente a superare la delusione: « Non tutti hanno i nervi saldi, sbattere la faccia contro la realtà è fatale per i nevrotici, ma la cura passa di lì, non c'è santi che tengano» (p. 15). Un po' brutale? Bisogna « avere la forza di condurre una critica scettica, lucida, dotata di sense of humour e di scarso ,rispetto per le autor1tà » (,p. 21). Non sarà un'impresa troppo dura per chi non possiere la tempra e l'allenamento di un Eco? Forse no, dal momento che la «cura» di Eco consiste dopotutto nel cambiar nome alle cose. « Riflusso» suona male? Chiamiamolo « riflessione », ovvero « critica progressista degli antichi entusiasmi». Rivoluzione mancata, terrorismo, invofozione cinese, ritorno al privato: « nulla di tutto questo è disperante: sono anzi altrettanti aspetti di un'interessante crisi di crescenza». Un « utile rivolgimento di carte ». Basta « ragionare con molta serenità», « smontare i miti e riconsiderarli criticamente », « analizzare ,storicamente »... Questa è « scienza politica», cari miei: altro che «riflusso» e « foga nel privato » ! « La saggezzanon sta nel distruggere gli idoli, sta nel non crearne mai» (p. 16). In altri tet:mini: come idoli e feticci, scegliete le formulette retoriche, i giocattoli ideologici di Eco. Non servono a niente, quindi non deludono mai. Funzionano sempre. « Orfani del 68 » vanno considerati anche i « nouveaux philosophes ». Un fenomeno imputabile ancora, oltre che a disinformazione storica ,(perché farla tanto tragica sul gulag quando si sapeva già tutto da decenni?), alla carenza di una robusta struttura nervosa. « Insomma Lévy ha scoperto che la scienza è fatta di astrazioni e concetti, ovvero che la Struttura è Assente, e i suoi nervi non hanno retto ». « A questo punto il nuovo filosofo, per forza, ha uno choc... » (p. 32). Conclude la prima sezione del libro un pezzo, Sette anni di rabbia, in cui Eco ci avverte che arrabbiarsi fa malissimo, ed è sempre stato così fin dai tempi di Caino. La rabbia è la passione dei frustrati e conduce fatalmente alla sconfitta. Chi vuole aver successo, lasci sempre la rabbia in anticamera. Guardate « i grandi condottieri, gli astuti politici, da Ulisse a Napoleone» (p. 55). Anche « i 28 Biblioteca Gino -Bianco

grandi rivoluzionari non erano degli iracondi, ma dei freddi calcolatori ... da Lenin a Mao». E ancora: « i grandi criminali, quelli che ammiriamo almeno per la perfezione del loro crimine, non sono mai degli iracondi». « Iracondi sono invece i Luddisti, i rivoluzionari da strapazzo che spaccano tutto per impreciso amore di giustizia, commettono ingiustizia e diventano vittime dell'ingiustizia altrui, e muoiono dopo aver fatto tporire. » Il punto è sempre quello: per non cader vittime della rabbia, questa « passione nevrotica quante altre mai », evitate di essere o sentirvi frustrati. E ,prendete esempio da chi è provvisto di un forte autocontrollo: Ulisse, Napoleone, Lenin, Mao, i grandi criminaili, Eco. Il viaggio nel coraggio continua. A proposito del libro Alice è il diavolo del Collettivo A/traverso (Bifo & Co.): « si dovrà avere il coraggio di analizzare la nuova ideologia del desiderio per individuare la natura dei fenomeni sociali che sublima, senza permettersi il lusso di ,liquidare questi fenomeni con facili slogan» (p. 63). Peraltro anche questo come altri appelli al cÒraggio non è posto all'inizio ma alla fine della chiacchierata, sicché il coraggio dovrà averlo qualcun altro. A Eco basta di mostrare come, pur appartenendo alla generazione precedente, con una formazione ·culturale affatto diversa, sia capace di prendere sul serio questi bravi ragazzi bolognesi (immagino allievi di Dams, dove Eco, alternandosi con la più prestigiosa Yale, profonde i tesori della scienza semiologica), li capisca, li spieghi a foro stessi, fornendoli di genitori (Deleuze-Guattari) e di nonni {Nietzsche, avanguardie storiche, Majakovskij). E li metta anche doverosamente in guardia dai « pericoli » e dalle « ambiguità » del loro peculiare rapporto col pubblico. Ma non per questo Eco fa l'errore di giudicare il fenomeno « con criteri nati per spiegare altri fenomeni » (come invece hanno il vizio di fare tutti quelli della sua generazione). Conclude arditamente Eco: « è una faccenda tutta da ristudiare ». È il turno dell'assemblearismo: « bisognerà avere il coraggio di dire che la proliferazione delle assemblee è stata ed è un fatto positivo» (p. 69). Non resta che attendere la consueta sfiilza di riserve, eccezioni, diversioni, correzioni, controdeduzioni che svuotino totalmente un'affermazione così temeraria. Ma Eco stavolta cambia gioco e riesce a sorprenderci con un tiro del tutto nuovo. « Ma, detto 29 BibliotecaGino Bianco

questo, bisogna avere uguale coraggio per affermare che la disseminazione assembleare produce le proprie nevrosi, e che bisogna esserne coscienti. » Anche se la seconda proposizione annulla la prima, producendo un risultato che in termini calcistici si esprimerebbe in un 1 a 1, il fatto di aver usato due volte di seguito un « uguale coraggio » sortisce magicamente l'effetto di far apparire il risultato piuttosto un 2 a O. Messo a segno un colpo cosl brillante, Eco può sfogare la sua miglior vena di umorismo cattedratico fornendo quattro pagine di « regole per giocare all'assemblea », per la delizia dei buongustai deH' « Espresso ». O.11maianche il lettore meglio intenzionato s'è fatto diffidente. Ma quando a p. 97 s'imbatte in un « Ebbene, bisogna avere il coraggio di ribadire ancora una volta ciò in cui si crede », non può impedirsi di riaprire il cuore a una pallida speranza, anche se quel1'« ancora una volta» dovrebbe ben metterlo sull'avviso. E « ancora una volta», puntualmente, l'attende la fregatura. H Credo di Eco consiste infatti in questo: « mai come oggi la stessa attualità politica è attraversata, motivata, abbondantemente nutrita dal simbolico. Capire i meccanismi del simbolico attraverso cui ci muoviamo, significa fare politica. Non capirli porta a fare una politica sbagliata». Tuttavia, benché del tutto sproporzionata al tono perentorio con cui è stata annunciata, la fede nel simbolico è ancora qualcosa. Fo.11se,sviluppando il concetto ... Senonché Eco passa subito a ridimensionare anche questo poco: « Certo, è un errore ridurre i fatti politici ed economici ai soli meccanismi simbolici; ma è altrettanto sbagliato ignorare uesta dimensione ». Il povero lettore passa dalla delusione alla disperazione. Prima gli si promette un bel regalo, poi gli si dà un'elemosina, infine gli vien tolta anche quella. Insomma, chi vuol convincere, il professore, e di che cosa? Fa sul serio o per finta? Dobbiamo crederci o non dobbiamo crederci? Ma Eco è già ripartito a tutto gas per spiegarci che l'esito catastrofico dell'intervento di Lama all'università di Roma va visto anche in termini di « opposizione tra due strutture teatrali o spaziali », di scontro « tra due concezioni della prospettiva, diciamo l'una brunelleschiana [sindacale] e l'altra cubista [studentesca] ». Naturalmente aveva già prudentemente premesso che l'incompatibilità di tipo teatrale-spaziale è solo una delle spiegazioni e ci sono molte altre e più gravi ragioni 30 BibliotecaGino Bianco

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