Diario - anno I - n. 2 - dicembre 1985

genere. Per disperazione, abbiamo lasciato di aspirare alla novità del titolo; e cominciando da un atto di umiltà, che non è la nostra virtù principale, ci siamo appigliati al nome di Spettatore, che fu nuovo un secolo e mezzo addietro, e ch'è stato usato poi da tanti, a proposito e fuor di proposito, insino a oggi. Se la natura del nostro Giornale è difficile a definire, non cosi lo scopo. In questo non v'è misteri. Noi non miriamo né all'aumento dell'industria, né al miglioramento degli ordini sociali, né al perfezionamento dell'uomo. Non intendiamo di essere né coronati né lapidati. Confessiamo schiettamente che il nostro Giornale non avrà nessuna utilità. E crediamo ragionevole che in un secolo in cui tutti i libri, tutti i pezzi di carta stampata, tutti i fogliolini di visita sono utili, venga fuori finalmente un Giornale che faccia professione d'essere inutile: perché l'uomo tende a farsi singolare dagli altri, e perché, quando tutto è utile, resta che uno prometta l'inutile per ispeculare. Il nostro scopo dunque non è giovare al mondo, ma dilettare quei pochi che leggeranno. Lasciamo stare che lo scopo finale d'ogni cosa utile essendo il piacere, il quale poi all'ultimo si ottiene rarissime volte, la nostra privata opinione è che il dilettevole sia più utile che l'utile. Noi abbiamo torto certamente, poiché il secolo crede il contrario. Ma in fine se nel gravissimo secolo decimonono, che fin qui non è il più felice di cui s'abbia memoria, v'è ancora di quelli che vogliono leggere per diletto, e per avere dalla lettura qualche piccola consolazione a grandi calamità, questi tali sottoscrivano alla nostra impresa. Sottoscrivano massimamente le donne; alle quali soprattutto cercheremo di soddisfare, non per galanteria, che niente ci par più ridicolo che la galanteria messa a stampa; ma perché è verisimile che le donne, come meno severe, usino più degnazione alla nostra inutilità. Benché proponghiamo di ridere molto, ci serbiamo però intera la facoltà di parlar sul serio: il che faremo forse altrettanto spesso, ma sempre ad oggetto e in maniera di dover dilettare, anco se si desse il caso di far piangere. Perché, per confessare il vero, l'inclinazione nostra sarebbe piuttosto di piangere che di ridere. Ma per non annoiare gli altri, ci attenghiamo a questo più che a quello, considerando che se il riso 66 BibliotecaGino Bianco

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