Le due impegnate colonne di presentazione nel risvolto di copertina rassicurano l'acquirente sull'estrema purezza del prodotto: stiamo per portarci a casa la più micidiale fiala di veleno. Si tratta di un veleno, però, che si può bere e fa bene. Libera da tutte le illusioni, scardina tutte le certezze, disintossica da ogni « tentazione di esistere ». Con una pioggia di qualificazioni superlative (il suo libro « più perfetto », « la più bella prosa francese che oggi si scrive » ecc.) questo autore ci viene presentato come il massimo in· fatto di: lucidità, eleganza, coerenza, leggerezza. Perciò, senza saperlo né volerlo, E. M. Cioran si trova ad essere con questa edizione italiana ciò che neppure in Francia poteva diventare:. l'autore più esemplarmente, più manualisticamente Adelphi che la casa editrice Adelphi abbia pubblicato. Da qualunque parte cominci (l'esaurimento della civiltà europea, il destino di certi popoli, i vantaggi dell'esilio, il carattere ebraico, lo stile, i mistici ecc.), Cioran non perde tempo in preamboli. I massimi problemi sono il suo passatempo quotidiano. Essi sono sempre ll, davanti al suo occhio acrimonioso e splenetico. Naturalmente non c'è nulla, per quanto grande, che egli prenda sul serio, perché questo sarebbe inelegante: cioè, dal suo punto di vista, imperdonabile. Infatti non c'è questione che non si presenti a Cioran come una questione di gusto e stile. Parlando di Kleist ·afferma: « Ineguagliato, perfetto, capolavoro di tatto e di gusto, il suo suicidio rende inutili tutti gli altri. » (p. 204). Dove non si sa se prevalga l'estetismo, la mancanza di immaginazione o la prepotenza morale (anche suicidarsi è proibito). Il suo modo di pensare si nutre appunto di infatuazioni, di piccoli dogmi personali e di quelle continue alzate di spalle con cui il parvenu dello Spirito deve sempre dimostrare di essere « il più fine ». Eccolo ancora in azione, con una delle sue armi più affilate: la pretesa di conoscenza e di giudizio finale, in uno dei tanti campi in cui tale pretesa è assurda: « " Sono un vile, non posso sopportare la sofferenza di essere felice ". Per penetrare in qualcuno, per conoscerlo veramente, mi basta vedere come reagisce a questa confessione di Keats. Se non capisce immediatamente, inutile continuare. » ( « Corriere della sera », 7.11.84). Chissà che cosa ha in 60 Biblioteca Gino Bianco
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