Diario - anno I - n. 2 - dicembre 1985

non era casuale e ne estendeva il significato ben oltre l'ovvio riferimento alla cronaca nera, fino ad assolutizzarlo. Lo stesso sentimento di repulsione, appena diversamente graduato, colpiva il criminale e la vittima, il protagonista di uno scandalo cosl come l'uomo di successo, e tanto più chi il suo nome sul giornale ce lo metteva volontariamente: il giornalista. « Fama » conservava ancora l'accezione negativa che aveva in latino. Secondo la comune opinione, non si poteva essere « perbene » e al tempo stesso « famosi ». Il mestiere di giornalista era considerato poco meno disonorevole della prostituzione. La grettezza dei nostri vecchi era talvolta dotata di un fiuto infallibile. C'è un aneddoto di Stendhal (Diario, dicembre 1829) che s'attaglia benissimo a certi nostri progressisti illimitati, avanguardisti caute que caute, retori dell' « andare fino in fondo » e del « portare alle estreme conseguenze». Uno « sciocco », accortosi che l'equivalenza dei tre angoli d'un triangolo a due angoli retti è « un'idea che comincia ad attaccare», interviene: « Vi siete fermati a metà strada, siete arretrati: i tre angoli d'un triangolo sono uguali a tre retti. » Da un articolo di Renato Barilli su Garda Marquez ( « Il Mulino», n. 287, 1983): ... una ricerca tecnica sofisticata, in linea con le esigenze più avanzate della narrativa contemporanea ... . . . Purtroppo, ai nostri narratori e registi non riesce ciò che invece riesce magnificamente a G .M.: fare un passo avanti, sfuggire ai condizionamenti tecnico-formali del naturalismo, trattare quel materiale obbligato con modalità avanzate e sofisticate. I nostri autori restano dei post-verghiani, dei neorealisti ritardati. G.M., invece, è stato alla scuola del filone più robusto di tecnica narrativa che si sia avuto nel nostro secolo, quello anglosassone, da Joyce a Faulkner ... . . . tipico stereotipo meridionalistico, in sé frusto, insopportabile [che ·◄◄ BibliotecaGino Bianco

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