Suonano alla porta. Chiedo chi è. « Sono una ragazza... » E' la Matta, una donna di mezz'età che abita nella zona e viene ogni tanto a mendicare nel nostro condominio ignorando orgogliosamente l'ostilità del portiere. Veste accozzando i pezzi più disparati, con una netta predilezione per i colori vistosi, e parla da sola senza interruzione a voce alta, concitata, ciò che le attira spesso scherni da parte di giovani, a cui lei reagisce con acutissime invettive. Per lei, come per gli psicotici in genere, il tempo non esiste. Non c'è la minima civetteria nel suo considerarsi una ragazza. Sa di non essere mai cresciuta. Anche il pizzicagnolo, che per non offenderla le fa pagare le sue spesucce, ma esigendo un prezzo poco più che simbolico, sembra confermarle che il tempo s'è fermato a trent'anni fa, quando lei erà davvero una ragazza e la mortadella costava realmente cento lire l'etto. (Una volta « ragazzo » e « ragazza » si usavano pure per chi non s'era sposato, ancorché d'età avanzata, come se la mancanza di questa esperienza equivalesse a un'interruzione dello sviluppo. « E' ragazza », « E' rimasto ragazzo ».) Il padrone della trattoria in collina, mentre al momento di congedarci gli facciamo i complimenti per l'ottimo pasto che ci ha servito, si schermisce sorridendo: « I signori sono molti gentili ... Si fa quel che si può ... », allargando le braccia a significare che le possibilità sono molto ristrette, e conclude: « Sono un ragazzo di campagna ... » L'uomo ha passato la cinquantina, guadagna piì1 di noi, ha l'auto, la televisione, il telefono, la lavatrice ecc., ma evidentemente per lui noi continuiamo a essere d'un altro pianeta. I « signori », gli « uomini » stanno in città. In campagna non si cresce. « Sono un ragazzo disgraziato »: cosl mi si era presentato un piccolo industriale, da poco dichiarato fallito. Come se tutta una vita da adulto fosse stata d'un colpo cancellata, ed egli si ritrovasse precipitato senza rimedio al punto di partenza. Se nei titoli della stampa comunista il « non » era da tempo la spia stilistica del disagio e dell'impotenza (vedi Diario 1, p. 33), la sconfitta elettorale (ampiamente meritata, temuta e prevista dal PCI, senza peraltro far nulla per impedirla) non poteva certo invertire la 27 Biblioteca Gino Bianco
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