Diario - anno I - n. 2 - dicembre 1985

qualcosa. Il settimanale illustrato è intrinsecamente festivo. Se il suo giorno di comparsa in edicola non coincide con la domenica o con il sabato, la sua cadenza settimanale evoca comunque una lieta atmosfera di festosità e di superfluo. Ci fa riflettere, ma soprattutto deve farci sognare. E che cosa stimola la nostra capacità di sognare ad occhi aperti come quel superconcentrato di onirismo, quel vero e proprio scrigno e catalogo delle fantasticherie che è il settimanale pieno zeppo di pagine pubblicitarie a colori? Ma qui la tendenza ultra-moderna dei giornalisti italiani a trasformare un fatto, una situazione, un fenomeno in un fascio di opinioni, di pareri, di voci diffuse, di indiscrezioni, di commenti, prende quota ancora più liberamente che nei quotidiani. I titoli diventano confidenziali, allusivi calembour, giochi di parole, battute di spirito, goliardie. Si ha l'impressione di restare in mezzo ad un gruppo di liceali d'altri tempi ormai passati al giornalismo. Davanti alle porte del Parlamento e delle sedi dei Partiti, come davanti alla sala dei professori con i battenti chiusi, questi eterni monelli, questi discoli dall'intelligenza non si sa più se precoce o senile, stanno ad ascoltare i discorsi dei grandi, le loro stupidaggini madornali, le loro volgari bestialità, i loro meschini intrallazzi. E spiano la loro ineleganza, la loro bruttezza fisica: i politici, proprio come i vecchi professori di liceo, sono sempre stati, socialmente, « un gradino più in basso » di questi giornalisti-liceali della borghesia medio-alta. E proprio come i loro padri, disprezzando queste « mezze tacche » dei politici, ammirano con una malcelata punta di invidia i grandi industriali e finanzieri, tutti coloro che sono sempre stati « molti gradini più in alto ». Ancora più di qualsiasi giornale, il settimanale è un universo inesauribile. Riaperto un paio di giorni dopo, si trovano sempre mille cose (articoli, foto, meravigliosi scenari) che all'inizio ci erano sfuggite. L'invito a gustare idee e a correre avventure seduti in poltrona è incessante. Ecco, per cominciare, una affascinante combinazione: dieci uomini politici e di cultura ci spiegano per chi voteranno, otto artisti e uomini di spettacolo ci parlano della loro villa in campagna, quindici fra manager e filosofi ci descrivono la loro famiglia, cinque opinion leaders ci confessano la parola che più spesso Biblio tea Gino Bianco

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