Diario - anno I - n. 2 - dicembre 1985

ra liberale, massimo comfort e massimo disincanto, grandi ideali e profitti certi. Non è un caso se Eugenio Scalfari è stato incluso qualche anno fa in un'antologia di narratori, cioè nel settore dell'immaginario e della fiction (v. A. Guglielmi, Il piacere della letteratura, Feltrinelli 1981). Non si è trattato di una promozione indebita, né di una inutile piaggeria. In effetti, per Scalfari la politica italiana è un romanzo: il romanzo che il suo giornale ci racconta in proposito. La vita politica italiana, cosl poco comprensibile, è la sua grande passione. Là dove viene voglia di chiudere gli occhi per la noia, lui ce li tiene criticamente aperti. Là dove abbiamo l'impressione del sempre uguale, lui riaccende il nostro interesse per la « prossima puntata ». Il tono di Scalfari è il tono della recriminazione, dell'invettiva e di una sbrigativa esibizione di competenze specifiche che (se applicate) scioglierebbero facilmente molti « nodi politici ». Il suo stile mescola la denuncia ai buoni consigli. Gli intellettuali che ha chiamato a raccolta e mobilitato sulle pagine del suo giornale sono tipi analoghi, in analoga posizione: vorrebbero dirigere secondo le loro idee la « cosa pubblica », che sta purtroppo in mano a quei goffi incompetenti dei polititi-politici. In questo senso, il tono-Repubblica è ormai il tono dell'intellettuale, di ogni intellettuale, che cerchi di influenzare i politici. E' il tono del mezzo-potere « intelligente», o della mezza-intelligenza che vuole più potere. Anche quegli intellettuali che non sono entrati nel gioco di Repubblica, vi sono trascinati di fatto non appena si mettono a sognare di essere influenti. In questo modo e in compagnia di questo sogno, si trovano già nell'anticamera di Repubblica (che è a sua volta un'eterna e loquace anticamera del potere) anche solo perché sono un po' meglio di coloro che sono già entrati. Ma non sono altrove, sono solo in un'anticamera. Non si capisce più se non sono ancora entrati perché qualcuno li tiene fuori, o perché loro stessi riluttano ad entrare. La differenza fra la prima e la seconda possibilità (non essere stati ancora invitati o essere incerti se accettare l'invito) va scomparendo, non è più così chiara. Potrebbero entrare, sono ormai sostanzialmente pronti ad entrare: darebbero consigli economici e politici ancora più intelligenti, 9 Biblioteca Gino Bianco

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