Diario - anno I - n. 1 - giugno 1985

quelli sinceri e schietti nella volontà di realizzare veramente il bene, il nobile e il vero. « L'uomo» non desidera di far a meno del qene come quei primi pochi, ma non desidera neppure di realizzarlo come questi ultimi pochi. Qui trova il suo posto « il poeta », questo prediletto figliuolo del cuore dell'uomo. Il cuore dell'uomo ha infatti, tra le altre qualità, questa che, per sua propria natura, è nominata di rado: la sottile ipocrisia. E questo può appunto il poeta: egli può far l'ipocrita con l'uomo. Ciò che diverrebbe un dolore spaventoso, se introdotto nella realtà, è tramutato dal poeta nel godimento più sottile. La rinuncia reale alla vita non è un piacere. Invece è un fine, finissimo godimento quello di sognare col poeta la rinuncia alla vita in un'ora tranquilla, sicuri del possesso di questo mondo ... E con questa specie di culto divino noi siamo ora giunti al punto di esser tutti cristiani. E questo significa: tutto questo insieme di Cristianità, di Stati e di terre cristiane, di un mondo cristiano, di una Chiesa di stato, di una « chiesa popolare », tutto ciò è staccato dalla realtà, nel mondo della fantasia; è un'immaginazione e, cristianamente considerata, un'immaginazione cosl pericolosa che si può veramente dire: « La fantasia è peggio della peste ». Il Cristianesimo è rinuncia al mondo. Questo insegna il Professore e costruisce su quest'insegnamento la propria carriera, senza mai confessare che questo non è propriamente Cristianesimo. Che se ciò è il Cristianesimo, dove va a finire la rinuncia al mondo? No, questo non è Cristianesimo, è un atteggiamento poetico verso il Cristianesimo. Il pastore predica; egli « testimonia » (grazie, prego!) che il Cristianesimo è rinuncia e di tale predicazione fa il mezzo per guadagnare ed avanzare in carriera. Egli non confessa che ciò non è Cristianesimo. Ma dove va dunque a finire la rinuncia? Non è anche questo un atteggiamento poetico verso il Cristianesimo? Ma il poeta inganna l'uomo e il pastore è - come dicemmo - un poeta: il servizio divino ufficiale non è dunque nient'altro che inganno; e per questo bel frutto lo Stato spende senza ritegno. Il modo più semplice per toglier di mezzo quest'inganno è che 81 Biblioteca Gino Bianco

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