Diario - anno I - n. 1 - giugno 1985

sta, senza precise convinzioni o particolare entusiasmo (i fratelli di lei erano socialisti e comunisti), ma per fedeltà al fidanzato, un ragazzo che s'era intruppato con le Brigate Nere, per fame, per avventura, per ignoranza, e era finito ammazzato dai partigiani, da altri poveri diavoli come lui. (Si sposò vent'anni dopo, già finita come donna, con un questurino). Era abbastanza disillusa per sapere che la mia scelta non metteva in pericolo il mio status borghese, come invece fingevano di temere familiari, amici, conoscenti. La politica, la vedeva come un mezzo, per chi stentava, di migliorare la propria condizione e, per i ricchi, di soddisfare vanità e gusto del comando. I ricchi poi restavano ricchi e i poveri, poveri. La mia scelta era un tradimento personale. Lei era sempre stata orgogliosa di considerarmi « il padrone »: un « signore » cosl giovane, corretto e ancora immune dalle grettezze tipiche dei proprietari. Mettendomi coi comunisti, le toglievo il piacere di ubbidirmi, rispettarmi, sentirsi protetta, come un soldato di fronte al suo ufficiale che ha disertato. Sogno. « Capisco che ti diverta » dice mio padre con l'aria di chi non ha il minimo sospetto d'esser morto da tanti anni. « Distrarsi è una buona cosa. Ci vuole, di tanto in tanto. (Anche se forse potresti divertirti meglio: prendersela con Scalfari non è un po' troppo a buon mercato?) Però bisogna pensare anche alle cose serie. Lavorare ... » Ha lo stesso tono, anche se meno brusco, di quando interrompeva i nostri giochi di ragazzi, se gli pareva durassero da troppo tempo, invitandoci a finire i compiti, studiare, leggere un libro, fare qualcosa di utile. Dovrei dirgli che questi « giochi » sono il mio lavoro. E che non è mica tanto divertente. Ma non trovo il coraggio: ne sarebbe troppo sbalordito. « Perché la vita è breve» prosegue. « C'è poco tempo ... » Dovrei dirgli che il tempo è molto meno di quel che pensa lui, con la sua maschera da cinquantenne, in ansia per il figlio indietro con gli esami. Di tempo, dovrei dirgli, ne è rimasto talmente poco che non è neanche più il caso di preoccuparsene. « Bisogna fare la rivoluzione » dice. Mio padre, la rivoluzione! Cosl come avrebbe potuto dire: devi prendere la laurea, farti una posi26 Biblioteca Gino Bianco

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