preso in disparte dalla vecchia madre del Guerri, il guerrazziano di Vallombrosa, che nelle congiure aveva rischiato la vita e sciupato il patrimonio. La povera donna, con una mossa ingenua, ma profonda, di curiosità materna, gli chiese: " Lei che sa tante cose, mi dica, chi è questa Italia? " e subito aggiunse, accorata: " Ai miei tempi non c'era! " » Vittorio, il falegname pugliese emigrato a Milano. Il laboratorio è un angusto locale col banco, gli arnesi e quel paio di macchine indispensabili. In un angolo, suo fìglio, una decina d'anni, è immerso nella lettura di giornalini a fumetti. « Mio fìglio » dice Vittorio in tono deciso « sta qui con me o a casa con sua madre. Fuori, da solo, non ci va. Degli altri ragazzini non mi fìdo. A casa ha la televisione e può vedersi tutti i programmi che vuole. » Neppure si pone il problema dei danni fìsici e psichici indotti dall'abuso televisivo, dall'isolamento, dall'assenza di socializzazione. Parole e immagini non possono far male. Il male, per lui, è qualcosa di assolutamente concreto, materiale: omicidio, stupro, rapimento, droga. Ciò che viene dagli uomini. Dalla socializzazione. Vittorio vive per un unico scopo: ristabilirsi nel suo paese pugliese, dove per ora torna solo per le ferie estive. A Milano, dopo più di dieci anni che ci lavora, continua a sentirsi - vuole sentirsi - del tutto provvisorio. Fa tutto da solo, non ha apprendisti né garzoni. Qualche volta lo aiuta un cognato. Non possiede la minima scorta di legname, che non troverebbe posto nel pochissimo spazio del laboratorio. Non assume mai più d'un lavoro per volta, e ogni volta si procura il legname strettamente necessario per quel lavoro. Veste in modo miserabile, ha la barba d'una settimana. Lavoro e televisione. Sono sicuro che al suo paese si rade tutti i giorni. Com'è noto, durante il processo contro Zola, dove furono messi in atto tutti i trucchi legali e le trappole procedurali per coprire le 23 Biblioteca Gino Bianco
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