Due fidanzati sono morti a pochi mesi di distanza l'uno dall'altro. Le famiglie si scrivono. Da una parte si propone, secondo le consuetudini, la restituzione delle ·lettere che i due si sono scambiate alle famiglie di rispettiva appartenenza. Gli altri rispondono suggerendo la distruzione delle lettere: il loro amore apparteneva solo a loro, non abbiamo il diritto di violare la loro intimità eccetera. Pronta, piena, commossa adesione della prima famiglia a una soluzione tanto delicata. Le lettere verranno distrutte. Sono nauseato. Più che il diritto, mi sembra si abbia il dovere di conservare le loro parole, conoscere i loro sentimenti e pensieri (siano pure le banalità di cui in genere abbondano i carteggi amorosi). I morti devono appartenerci. Se rifiutiamo di continuare a conoscerli, di farli vivere per quanto è possibile con noi, li uccidiamo definitivamente. La discrezione che si astiene dal frugare nei loro segreti è solo la comoda scusa per non doversi soffermare sul pensiero della morte. La delicatezza maschera l'abbandono. Ma mentre crediamo di liberarci da un debito fastidioso, ci impoveriamo. E' un autoabbandono. Diventiamo ancora più soli, più effimeri, più casuali, più morti di quanto già siamo. Dimenticare. i morti è un lusso che non possiamo permetterci. E' convinto che non ci si ammala (pensa soprattutto alla malattia imprevedibile per eccellenza, il cancro, che colpisce a tradimento) se si tiene costantemente sotto controllo il corpo, se non si lascia passare un solo sintomo, anche il più insignificante, senza chiederne ragione. Bisogna che il corpo sappia sempre che nulla passa inosservato. Guai a distrarsi, mai sottovalutare. Alto là, cos'è quel foruncolo? Cosa credi di fare? Dove credi di andare? E questo doloretto? Me ne sono accorto, sai... A chi credi di darla a bere? Vorresti farti passare per una sciocchezza, ma io non ci casco... In questo modo, la malignità del corpo si scoraggia e rinuncia di volta in volta alle sue insidie, alle sue trappole. Per tornare alla carica con nuove trappole, nuovi tranelli mortali. Occorre una vigilanza indefessa, spietata. Come nell'apologo di Menenio Agrippa i vari organi s'erano ri21 Biblioteca Gino Bianco
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