restava abbastanza forza per essere incuriosito, attratto o respinto dalle nostre peculiarità e differenze, per coltivare simpatie e antipatie. Quando il male mordeva con particolare crudeltà, bastava una minima infrazione disciplinare, una parola sbagliata a fargli perdere il controllo. Esplodeva in urli quasi ferini, battendo furiosamente il bastone sulla cattedra, e in un paio d'occasioni fece anche il gesto di usarlo contro qualcuno di noi. Apparteneva alla razza di coloro che vogliono fare il proprio dovere a tutti i costi, ma per quanto s'impegnasse allo spasimo contro le difficoltà di articolazione delle parole, e nonostante la speciale attenzione che gli prestavamo, le sue lezioni non potevano essere un modello di perspicuità. Sicché, se quasi sempre sapevamo reprimere la richiesta di un supplemento di spiegazione, accadeva pure ogni tanto che uno studente dimentico pronunciasse il rituale « Professore, non ho capito ». « Capirà, capirà ... » era la risposta. La battuta produceva sempre un effetto d'ilarità nella classe, liberata dall'imbarazzo prodotto dall'inopportuna richiesta del compagno. Ma a pochi poteva sfuggire il senso allusivo di quell'esausto e ironico « capirà ». Capirà questo problema di algebra, lo capirà da sé, per poco che s'impegni, senza che io debba torturarmi a rispiegarglielo... di tempo ce n'ha ... E capirà altre cose, da sé, senza bisogno di spiegazioni... Capirà che scherzo feroce è la vita ... Ma non c'è fretta ... Perché dovrebbe capirlo subito? « ... E poi, chissà... se ha un po' di fortuna, potrebbe anche non capirlo mai... » Tra le cose che mi piacciono meno di Brecht, anzi che non mi piacciono affatto, c'è la retorica della dialettica piacere-dovere, homo naturalis-homo politicus. Mi dà assai più noia dello stalinismo, indigesto fin che si vuole ma strettamente connesso a un'esperienza di 12 Biblioteca Gino Bianco
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