donne chiesa mondo - n. 75 - gennaio 2019
DONNE CHIESA MONDO 22 DONNE CHIESA MONDO 23 1° GENNAIO 2050 Una domenicana prende la parola di C ATHERINE A UBIN C are sorelle e cari fratelli, «Simone, quando sono venuto a casa tua, non mi hai lavato i pie- di, né baciato e neppure profumato. Simone, dove sei? Che cosa guardi? Che cosa senti? Che cosa vuoi sentire da me? Adulazioni e convenevoli? Conversazioni mondane e ragionamenti? Simone, alzati, solleva la testa e per una volta ascoltami: Chi ha offerto tutto ciò che aveva per vivere nel Tempio? Ti sei accorto di quella vedova? L’hai vista? Rispondimi, Simone. Dov’eri quando stavo dinanzi a Pilato? Qual era la tua parola (an- zi la tua predicazione) quando la folla gridava “libera Barabba”? Che cosa hai gridato tu? Simone, rispondimi. Chi ha asciugato il mio volto insanguinato sulla via della mia pas- sione? Chi è rimasto ai piedi della croce mente esalavo l’ultimo respi- ro? Dov’eri tu, Simone? Chi è venuto alle prime luci dell’alba a prendersi cura del mio cor- po sfigurato? Chi ha sfidato i soldati in pattugliamento all’aurora? Chi ha riconosciuto la mia voce quel mattino? Chi ha creduto che ero risorto dai morti e ha annunciato la buona novella? Chi? Chi? Chi? Simone! Rispondimi. A chi ho detto “beati coloro che ascoltano la parola e la osserva- no”, ricordati Simone, a chi ho parlato così? Chi ha ascoltato quelle parole e le ha messe subito in pratica? Chi è rimasto ai miei piedi per ascoltarmi e studiare la mia parola? Chi ha scelto la “parte mi- gliore”, quella dello studio e della riflessione? Rispondimi, Simone, chi? Chi mi ha dato da bere presso il pozzo quando ero stanco? Quel giorno, chi mi ha riconosciuto e creduto? Chi è andato ad annunciar- lo? C’è bisogno che cammini a lungo con te, come con i tuoi compa- gni sulla via di Emmaus, per spiegarti ciò che alcune hanno capito e creduto quasi all’istante? Simone, rispondimi, e dimmi: chi non ha creduto alla buona no- vella pensando che fosse vaneggiamento? Rispondimi. Chi è per me un fratello, una sorella e una madre? A chi si rivolge la mia parola? Verso chi si volgono il mio sguardo e il mio orecchio? Alza gli occhi, Simone, non temere, ma ritorna. Ritorna alle tue origini, alla tua fonte. Quella che ti ha generato e cullato. Quella che ti ha insegnato a parlare. Lascia che le sue risposte riaffiorino in te e ritrova nel tuo profondo ciò che hai dimenticato. Come Giuseppe, non temere di prendere con te Maria. Non temere di dare la parola a tutte le Marie. Care sorelle e cari fratelli, Cristo c’interroga e ci apre l’intelligenza. Riconosciamo i nostri gravi errori e le nostre mancanze. Per troppo tempo abbiamo indossato paraocchi, riducendo così la nostra visuale, il nostro ascolto e persino la nostra intelligenza. Abbiamo guardato e ascoltato solo ciò che volevamo udire e osservare. I nostri concili, i nostri decreti, le nostre lettere apostoliche, i nostri documenti ufficiali erano redatti da noi, uomini. Abbiamo persino avuto l’ardire di rego- lamentare la vita intima delle donne e degli uomini. Oggi, non indu- riamo il nostro cuore, ascoltiamo ciò che lo Spirito dice a noi, Chiesa del XXI secolo. Fermiamoci e facciamo una pausa per udire quel che ci viene detto al di là delle parole. I miei predecessori hanno riconosciuto il genio femminile, non ba- stava? Oserei dire che non siamo andati molto lontano in questa ri- flessione e dunque in certe innovazioni. Alcuni anni fa gli scandali di abusi di ogni sorta ci hanno ghermiti: è stato un cataclisma e un di- luvio paragonabile a quello di Noè che ha devastato e distrutto la barca-Chiesa, e che al tempo stesso ci ha riformati, liberati, anzi sal- «New York Times», infatti, Shannon Sims ha raccontato la battaglia (vinta) delle donne ruandesi, che rappresentano il 70 per cento della popolazione in un paese decimato dal genocidio, per poter accedere a un ambito finora ritenuto solo maschile. Quello della pesca. «Sono stanchissima dopo una notte al largo» ha raccontato la trentaduenne Zawadi Karikumutina. «Ma ora — le fa eco Bonifrida Mukabideri — una donna può dire: Posso costruirmi una casa. Posso occuparmi della mia famiglia. E anche se mio marito dovesse morire, saremmo in grado di vivere una vita migliore». Ovviamente difficoltà e pericoli non mancano; per questo le pescatrici si sono raggruppate in cooperative che le aiutano in tutto, dalla cura dei figli alla sicurezza durante i turni, fino alla vendita della merce. Il lago Kivu, del resto, non è solo uno dei grandi laghi africani. È diventato il drammatico simbolo del genocidio ruandese da quando le sue acque furono invase dai corpi delle vittime dell’odio. >> 20
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