donne chiesa mondo - n. 74 - dicembre 2018

DONNE CHIESA MONDO 36 DONNE CHIESA MONDO 37 Del resto, quanto Paolo scrive in 1 Corinzi 14, 34-35, se preso in senso restrittivo, può avere notevoli paralleli nel mondo ambiente. Per esempio, in Eschilo si legge che «spettano all’uomo le cose fuori casa: non se ne curi la donna, ma stia in casa e non crei danno (…) A te tocca tacere e stare dentro casa» ( I sette contro Tebe 200-201 e 232); da parte sua Plutarco scrive: «Non solo il braccio, ma anche la parola della donna virtuosa non dev’essere per il pubblico, e deve avere pudore della voce come di un denudamento» ( Precetti coniugali 31). Ma le parole di Paolo possono valere come semplice e banale ammonizione alle donne corinzie a non parlottare durante l’assem- blea liturgica. Alternativamente, visto che poco prima a proposito di chiunque parla come glossolalo, cioè senza farsi capire, Paolo ha sta- bilito che abbia un interprete (14, 28: «Ma se non ha un interprete stia zitto nella chiesa»), si può pensare che l’apostolo proibisca alle donne di parlare soltanto come glossolale, dato che in 11, 5 egli dava per scontato che potessero parlare apertamente come profetesse, cioè in modo da farsi capire a edificazione della comunità. Varie responsabilità riconosciute. In altre lettere è ampiamente docu- mentata la partecipazione attiva di donne, addirittura menzionate singolarmente per nome, nell’esercizio di un impegno che riguarda sia la fondazione di chiese sia i ministeri al loro interno. Soprattutto l’ultimo capitolo della Lettera ai Romani , specie 16, 1-16, ci riserva una sorprendente documentazione in materia. Per sapere quante siano le persone qui lodate da Paolo per il loro impegno evangelico in rap- porto alla comunità, scorriamo la nutrita lista di nomi di persone a cui sono rivolti i saluti: abbiamo sette nomi di donne (Prisca, Maria, Giunia, Trifena, Trifosa, Perside, Giulia); si potrebbe aggiungere il nome di Febe qualificata nel versetto 1 come «sorella» e soprattutto diàkonos della Chiesa di Cencre, ma essendo portatrice della lettera Paolo non le rivolge alcun saluto (cfr. i contributi di Rosalba Manes e di Andrea Taschl-Erber), a cui se ne aggiungono due innominate (a 13 la madre di Rufo e a 15 la sorella di Nereo), e diciassette nomi di uomini (Aquila, Epeneto, Andronico, Ampliato, Urbano, Stachi, Apelle, Erodione, Rufo, Asincrito, Flegonte, Erme, Patroba, Erma, Filologo, Nereo, Olimpas). Ebbene, a livello di statistica dobbiamo constatare che le donne impegnate per l’Evangelo superano gli uomi- ni per sette (Prisca, Maria, Giunia, Trifena, Trifosa, Perside, la madre di Rufo) a cinque (Aquila, Andronico, Urbano, Apelle, Rufo). Oltre a Febe notiamo il nome di Prisca (persino anteposta al nome del ma- rito Aquila; cfr. l’articolo di Chantal Reynier), che ospita i cristiani nella propria casa, entrambi qualificati da Paolo come suoi «collabo- ratori»; poi vengono i nomi di Maria «che ha faticato molto per voi», di Giunia accomunata ad Andronico, essendo entrambi «insigni Catacombe di Domitilla (Roma)

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