donne chiesa mondo - n. 74 - dicembre 2018
DONNE CHIESA MONDO 20 DONNE CHIESA MONDO 21 all’abolizione delle carni di molti animali e alla necessità di evitare commistioni di latte e carne. Il libro giuntoci da Theresienstadt, che non è però l’unico testo di cucina pervenutoci dai lager, è scritto da un’anziana ebrea ceca, consegnato a un altro deportato prima dell’av- vio dell’autrice ad Auschwitz, e con mille difficoltà e decenni di ritar- do pervenuto alla figlia sopravvissuta negli Stati Uniti. Questo libretto ci dice molte cose: la volontà di resistere, di lascia- re qualcosa di sé dopo la morte che incombe, la nostalgia della vita di prima, delle tavole apparecchiate, degli ingredienti amorosamente cucinati. Non sempre la casherut è osservata, a testimonianza della intensa integrazione degli ebrei boemi e cechi rinchiusi a Theresien- stadt. Mentre quelle ricette vengono messe per iscritto, clandestina- mente, il cibo non c’è, è solo memoria del passato. Ma è anche spe- ranza del futuro, di una liberazione che se anche chi scrive non pen- sa possibile per sé affida, in quelle ricette, a chi riuscirà a sopravvive- re. Attendendo di morire di fame, questa donna scrive le ricette che le sono famigliari. È il suo testamento, un testamento morale, non di beni materiali. E arriva, per qualche miracolo, a destinazione. A Theresienstadt, stipata di artisti, musicisti, poeti, scrivere e dise- gnare era una forma altissima di resistenza: l’affermazione che lo spi- rito poteva più della carne, che anche attendendo la morte si poteva proclamare alta la propria libertà. E così questo libro di cucina, che immaginava i sapori dei cibi nella fame più terribile, era un atto di libera creazio- ne. Come, nello stesso ghetto, la poesia di Ilse Weber, le musiche di Viktor Ullmann e i disegni straordinari dei bambini, che si possono oggi vedere nel Museo ebraico di Praga. Ad Auschwitz, nulla di tutto questo fu più pos- sibile, anche per chi non fu subito portato al gas. Ma, in assen- za di carta, di pen- na, di colori, c’era anche là la memo- ria. Come per Pri- mo Levi quando recita il canto di Ulisse ad Auschwitz. donne cattoliche di Indonesia nel documento finale del congresso di Giacarta, che ha visto la partecipazione di oltre 600 delegate, provenienti dalle 37 diocesi del paese. Fondata nel 1924, l’Associazione — che conta oggi 90.000 membri ed è stata premiata dal governo come «migliore organizzazione sociale del 2018» — ha condotto programmi interreligiosi per l’alfabetizzazione, l’emancipazione e il benessere economico femminile. Prima donna e prima laica a capo della facoltà di Teologia della Ucp Doppio record per la professoressa Ana Maria Jorge, nominata preside della facoltà di teologia dell’Università cattolica portoghese (Ucp): si tratta infatti della prima donna e della prima laica a ricoprire la carica. Laureata in storia presso la facoltà di lettere di Lisbona e dottorata in scienze storiche nella facoltà di filosofia e lettere dell’Università cattolica di Lovanio, Jorge insegna storia della Chiesa e storia del cristianesimo. >> 19 La cucina del sogno di A NNA F OA A nche nelle situazioni estreme, nei lager nazisti, quando si moriva let- teralmente di fame, il pensiero andava ai cibi della vita passata, ai lo- ro sapori perduti. Le donne condividevano ricette, discutevano del modo migliore di prepararle. Gli uomini ricordavano il profumo del cibo famigliare, i piatti portati a tavola nei giorni di festa. Là nel la- ger, dove prigionieri di ogni angolo dell’Europa occupata si mescola- vano, le tradizioni culinarie dei diversi paesi si confrontavano. E da Theresienstadt, il lager cosiddetto modello di Hitler, in realtà una via di mezzo tra un ghetto e un vero e proprio campo di transito per Auschwitz, ci è giunto perfino un libro di cucina, miracolosamente salvato ai divieti drastici dei carcerieri e sottratto alla distruzione de- gli uomini e del tempo. Quella dello scrivere libri di cucina destinati alle figlie o alle nipo- ti, di tramandare le ricette dei cibi preparati nelle feste, nella quoti- dianità della vita famigliare, è una tradizione comune all’Europa dell’Ottocento e particolarmente viva nel mondo ebraico, dove la cu- cina si lega in maniera più stretta che altrove alla pratica religiosa, dove le norme della casherut rendono molti piatti particolari, grazie N EL LAGER DI T HERESIENSTADT
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