donne chiesa mondo - n. 74 - dicembre 2018
DONNE CHIESA MONDO 16 DONNE CHIESA MONDO 17 U NA RICETTA TRAMANDATA DI PADRE IN FIGLIA Il timballo di Bonifacio VIII di M ARGHERITA P ELAJA P roprio di fronte al magnifico porticato del Palazzo municipale di Anagni un’insegna antica indica l’accesso a un ristorante. Stanno lì, insegna e ristorante, da 350 anni, custodi e testimoni di una storia lunga come quella della piccola città della Ciociaria. Le mura di una delle torri di guardia medievali erette per l’avvistamento dei nemici furono acquistate nella prima metà del Trecento da Thiers d’Hiricon, un cavaliere di ventura francese giunto ad Anagni per partecipare alla congiura contro Bonifacio VIII ; la “casa del Gallo” — così veniva chia- mato dai locali il proprietario che vi abitò fino alla morte — nel corso dei secoli successivi fu usata per mettere al riparo le donne del paese dalle violenza dei mercenari spagnoli del Duca d’Alba, che alla metà del Cinquecento saccheggiarono la città durante la “guerra del sale” tra Filippo II di Spagna a papa Paolo IV ; poi ospitò la principessa Giovanna d’Aragona madre di Marcantonio Colonna e un incontro segreto in cui furono sottoscritti i preliminari del Trattato di Cave che pose fine alla contesa con la Spagna. Infine la destinazione definitiva: la casa del Gallo diventò Stazione di posta, per alloggiare e sfamare viaggiatori e cavalli in transito ver- ta condizioni, è infinita, si riceve con gratitudine». Lui che sembrava perduto a causa della superficialità delle sue scelte di carriera, si ri- trova là dove era atteso dalla grazia dell’amore, quello di Filippa, a cui dichiarerà amore eterno. Anche per Babette, che prepara, compone, crea e serve, è il mo- mento dell’incontro con se stessa e con il suo genio culinario. Ha offerto quel banchetto per rendere felici quanti lo assaporano, «perché un grido che sgorga dal cuore dell’artista risuona nel mondo inte- ro» (diceva Achille Papin). Babette, come battezzata dal diluvio del giorno in cui è arrivata, va al di là, varca i confini delle convenienze, dona e si dona in questo banchetto e condivide tutto: il suo de- naro, la sua vita, il suo cuore, la sua dignità e la sua riconoscenza. Per tutto il pasto resterà in cucina, sen- za aspettarsi alcun ringraziamento. Non è per questo che lo ha fatto. E per terminare l’offerta del suo servi- zio, immerge le mani nell’acqua per lavarsi il viso. Quanto agli undici membri della comunità sono, senza saperlo, le “vittime” felici e graziate di quel banchetto. Quel momento diventa per loro sorrisi scambiati e fraternità ritrovata, ri- conciliazioni profonde e perdoni offerti. Concluderanno la serata danzando attorno al pozzo del villaggio. Il pranzo di Babette è un insegnamento sul gusto della vita e della salvezza di Dio perché, secondo il profeta Isaia, «ogni carne vedrà (e gusterà) la salvezza di Dio» (cfr. Isaia 40, 5 e Luca 3, 6). Quanti cre- devamo vicini alla salvezza si meravigliano perché viene proposta lo- ro una vicinanza ancora più bella e intensa, e quanti si trovavano lontani, anzi addirittura respinti, assaporano l’inedito e lo sconosciu- to della grazia e della verità. In effetti il pastore aveva ripetuto per due volte la frase: «Le vie del Signore attraversano i mari là dove l’occhio umano non vede la via». O voi tutti assetati venite all’acqua, chi non ha denaro venga ugualmente; comprate e mangiate […] Su, ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti ( Isaia 55, 1-2).
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