donne chiesa mondo - n. 74 - dicembre 2018

DONNE CHIESA MONDO 8 DONNE CHIESA MONDO 9 soprattutto attraverso quella della madre e della nonna, e abbiamo imparato a identificare i sapori, a giudicarli buoni o cattivi (ecco do- ve nasce anche il giudizio morale!). È così che abbiamo imparato a confrontare la cucina di casa con le altre, abbiamo dovuto discernere la misura del cibo e combattere bulimia o anoressia, patologie che si annidano nella nostra crescita e minacciano l’arte del gustare; e impa- rando i gusti elementari, abbiamo anche appreso il gusto di vivere, la capacità di gustare il mondo. I cibi, con i loro sapori, plasmano il nostro gusto; la vita poi ce li fa interpretare in modo personalissimo, la storia e i legami affettivi vissuti li caricano di significati infiniti. Per esempio, non è senza im- portanza l’aver mangiato un cibo in compagnia di qualcuno invece che di qualcun altro: un cibo possiamo sentirlo cattivo perché l’ab- biamo condiviso con chi preferiamo non ricordare… Il cibo, con il suo gusto, può riconciliare, favorire l’amore, ma può anche accendere antipatia o addirittura violenza. Ognuno di noi conosce, queste di- verse possibilità: è sufficiente fare un’anamnesi dei pasti vissuti in fa- miglia, o in comunità, per avere la conoscenza della grazia o della di- sgrazia del “gustare”! Strettamente legata all’esercizio del gusto è la parola: parola scam- biata a tavola, luogo in cui si gustano non solo i cibi ma anche gli altri, ogni altro che con noi condivide il pasto. Un pasto gustoso lo si costruisce con l’arte culinaria ma anche con la qualità degli invita- ti, e così diventa una celebrazione comune, una festa partecipata in cui il cibo riunisce, fa condividere, crea il compagno (da cum-panis , colui che condivide il pane: cfr. Salmi 41, 10). Se non c’è gusto, poco a poco finisce per prevalere e regnare il disgusto; se non c’è gusto, si mangia per necessità e non si arriva neanche a conoscere la gratuità fornita da una bevanda come «il vino, che rallegra il cuore umano» ( Salmi 104, 15). A mio avviso non si pone abbastanza l’attenzione su una verità elementare: tutta la nostra conoscenza si sviluppa a partire dai sensi, quella più elementare come quella più raffinata. Noi “sentiamo” at- traverso i sensi, ma un’enorme carica simbolica viene a innestarsi sull’esercizio dei sensi. Ne sono prova le parole che usiamo: anche quando sono astratte, lasciano trasparire un’origine collocata nello spazio della sensibilità. “Sapienza” — per citare solo uno dei casi più evidenti, attinente al senso che ci interessa – non deriva forse dal ver- bo sapere , cioè “gustare”? Sì, la sapienza è un esercizio del gusto… Ci è dato così di passare, senza dicotomie troppo schematiche, a considerare il gusto inteso come “senso spirituale”. La riflessione su questo tema potrebbe essere condotta dal punto di vista della sapien- Maurice Sendak illustrazione per «L’amica di orsetto» di Else Holmelund Minarik (Adelphi, Milano, 2018)

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